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Fletcher, McMenox & Hunt, tre amici al bar | |||||||||
A bordo della USS Princess Finalmente era tutto finito, almeno per il momento. Approfittando del giorno di libertà che il capitano Weaver aveva concesso a tutto l'equipaggio, Maeve decise di fare un po' di shopping sulla base spaziale DS13. Per non dare troppo nell'occhio, indossò un paio di jeans e una camicetta rosa, e, dopo aver salutato Tabby, si preparò ad immergersi in un fiume di gente. Lungo il corridoio, diretta verso la sala teletrasporto, incontrò il dottor Hunt con indosso una floreale camicia hawaiana blu. "Dove sta andando di bello tenente? Posso accompagnarla?" chiese sorridendo l'ufficiale. "Beh dottore, sa com'è, il mio istinto di donna mi dice che devo andare a fare shopping. Certo si annoierebbe a morte." rispose la bajoriana. "Non importa, tanto non ho nulla di particolare da fare. Posso accompagnarla, Maeve?" domandò nuovamente il medico. "Posso darle del tu, vero?". Hunt annuì. "Ecco Ryo, se le ragazze della base ti vedessero che fai shopping assieme a me, perderesti la tua fama di dongiovanni. Quindi, anche se sei un vero gentiluomo, pensa prima alla tua reputazione!" suggerì Maeve facendogli l'occhiolino. "D'accordo, d'accordo. Non insisto. In ogni caso bastava dirmi che hai trovato questa camicia orrenda! È pur sempre un parere femminile, perciò è ben accetto." I due ufficiali ridendo giunsero alla sala teletrasporto, dove li attendeva un McMenox in abbigliamento molto casual. "Ehi Henry, dove vuoi andare vestito così?" lo apostrofò il dottore. Ryo ricevette una gomitata dalla ragazza. "Ehm, volevo dire, complimenti per questo abito grigio. Ti sta veramente d'incanto" si corresse massaggiandosi il torace. "Cavolo mi hai fatto male tesoro!". "Ben ti sta Ryo! Guardati bene prima di giudicare l'abbigliamento degli altri." A questo scambio di battute l'ufficiale della sicurezza non poté che sorridere. "Quei due sembrano proprio cane e gatto" pensò sospirando. Poi salirono sulla pedana. Qualche minuto dopo su DS13 "Bene. Ora ognuno può andare dove vuole! Ci rivediamo esattamente qui, più tardi, ragazzi. Spese, aspettatemi." Dichiarò entusiasta il primo ufficiale scientifico. I due uomini si guardarono, alzarono le spalle, e presero poi due direzioni opposte. Maeve guardava rapita le vetrine dei negozi: vivaci colori si alternavano ad oggetti poco appariscenti, ma sicuramente molto curiosi, e dopo alcune ore di sfrenato shopping, si recò nel luogo stabilito per l'appuntamento con il dottore e il vice-capo della sicurezza. Non erano ancora arrivati, così decise di sedersi e attendere. Dopo un paio di minuti eccoli arrivare gioiosi, continuando a chiacchierare fra di loro. "Myn, quanti pacchetti hai?" "Tre! Un libro "Onda d'urto", di un vecchio scrittore statunitense, che mi ha venduto un mercante Ferengi; un maglione rosa corallo e questo topo di peluche per Tabby. Perché questa domanda?". I due si guardarono e risero. "Va bene Nox, hai vinto la scommessa! Sai avevamo cercato di indovinare il numero di pacchi. Così ha vinto!" disse il dottore. "Ma siete proprio dei bambini" sottolineò la ragazza con tono materno. "Perché non andiamo a cena insieme?" suggerì Ryo, guardando Henry con sguardo truce. "Ehm, io ho un impegno, non posso proprio. Potete sempre andarci vi due." azzardò lo scozzese, strizzando l'occhio a Hunt. "Perfetto, direi" sorrise il newyorchese, poi si voltò verso la bajoriana "Maeve che hai?" "Nulla! Guardate che splendide creature! Sembrano farfalle. Con quale leggerezza camminano, e che vestiti. Trasmettono allo stesso tempo un'idea di immensa serenità e di profonda inquietudine." Gli altri due ufficiali non poterono che essere d'accordo con la loro collega, era esattamente lo stesso senso di smarrimento che avevano provato alla vista di quegli esseri. Poi ad un tratto sparirono e il discorso tornò alla cena lasciata in sospeso. "No, no, mi spiace Ryo, ma ho voglia di stare un po' da sola. La missione mi ha veramente stancata. E poi povero Tabby, tutto il giorno da solo!" " Ma va? Lo sapevo che avresti trovato una scusa. Beh allora sarà per un'altra volta. Comunque ci si può sempre trovare qualche volta al bar di prora." disse il dottore con aria sconsolata. "Certo, certo" annuirono gli altri. Poi Hunt sfiorò il suo comunicatore - "Teletrasporto per tre guardiamarina Seller." E il trio dell' away-team apparve dopo pochi secondi sulla Princess, dirigendosi verso i propri alloggi. Qualche ora più tardi nell'alloggio del tenente Fletcher Maeve si era buttata sul letto. Era stanca morta! Pensava alla nonna, morta pochi anni addietro con il sorriso sulle labbra, e che le sembrava di aver visto solo pochi giorni prima, ai suoi genitori, che non sentiva da alcuni mesi, a Tabby, che le donava sempre tanto affetto; a lei come ufficiale della flotta stellare, ai suoi amici, a quello che aveva combinato fino a quel giorno dal momento che era salita a bordo. Poi un brivido le percorse la schiena: l'immagine delle farfalle le apparve e meditò su quella strana aura di mistero che le avvolgeva. Decise che era inutile stare ad elucubrare su tutta una vita, perciò socchiuse gli occhi e attese di volare fra le braccia di Morfeo. Otto ore dopo L'ufficiale scientifico si svegliò di soprassalto. Era più stanca della sera precedente. Non riusciva a capire, sembrava tutto così reale! Ma fortunatamente era stato solo un sogno, anzi un incubo. - Forse dovrei parlarne con il consigliere Stonewall - pensò - no, non importa. Avrà un sacco di lavoro. E poi è stato solo un incubo, il peggiore.- La bajoriana si alzò, fece una bella doccia calda e indossò l'uniforme come se nulla fosse accaduto. Ma per i ponti e in plancia era calato il silenzio e si percepiva un'atmosfera glaciale. Nessuno capiva, ma nel profondo del loro cuore tutti sapevano ciò che era accaduto quella notte. L'unico che si mostrava apparentemente calmo era Sivaak, ma che ci si poteva aspettare da un vulcaniano? Finalmente il turno finì. Si stava dirigendo nel suo alloggio quando improvvisamente si arrestò e sfiorò con le dita il suo comunicatore. "Computer dove si trova in questo istante il tenente comandante Hunt?" La voce del computer rispose fredda come al solito: "Al momento si trova nel suo alloggio." =^=Maeve a Ryo =^= =^= Qui Ryo. Che succede?=^= =^=Spero di non averti disturbato. Ho bisogno di parlarti subito =^= =^=Tranquilla, nessun disturbo. Fammi rendere presentabile. Fra 5 minuti al bar di prora. Hunt chiudo =^= 5 minuti dopo al bar di prora Seduti ad un tavolino i due ufficiali stavano dialogando. "Ryo, in qualità di dottore, devi assolutamente dirmi che cavolo è successo." disse la ragazza. Hunt spalancò gli occhi, "cosa vuoi che ne sappia io!" ribatté, poi ad un tono di voce più bassa "Se ti riferisci a ciò che è successo stanotte a gran parte dell'equipaggio è veramente strano! Su, su, racconta che hai sognato, sono proprio curioso di sapere che cosa tormenta la nostra impavida Fletcher." "Se fai così non ti racconto proprio nulla." borbottò stizzita l'ufficiale scientifico. "Ma non fare così, stavo solo scherzando Maeve" continuò il dottore. "Va bene Ryo per stavolta ti racconto tutto." L'incubo di Maeve - Sono su Vulcano, nella città di Shi Khar, che accoglie la famosa Accademia delle Scienze. Sto camminando su di un ponte, è deserto. Ad un tratto appare un bambino, ma non un vulcaniano, un terrestre, sta giocando con una palla e la calcia correndo. "Fa attenzione" gli grido. Il bambino non mi sente, sta per cadere. "No, non deve." dico fra me e me. Mi lancio e lo afferro per il braccio. "Tranquillo non cadrai, ora ti tiro su io" - dico molto decisa. Ma il bambino, mi guarda, è un cardassiano e con disprezzo afferma - "Illusa, sarai tu quella che cadrai!" In quel momento i ruoli si scambiano, io mi trovo appesa al suo braccio. Lui mi lascia, ed io cado per qualche metro, mi afferro ad una roccia, alzo lo sguardo e il paesaggio è nuovamente cambiato. Sono in Arizona, nel Grand Canyon, lo ricordo ci ero andata da bambina, tutto è uguale. Ma io sono sulla formazione detta Alligator, da sola appigliata ad uno sperone di roccia. Ho paura, ho sempre avuto paura del vuoto sotto di me. Non devo, non voglio guardare giù. Ma una forza mi sta trascinando, è una forza misteriosa, vuole che mi affidi a lei. Cosa faccio? Grido aiuto con tutta la voce che ho. Dei passi. Qualcuno mi ha sentito. Si eccoli, sono Henry, Ryo e la nonna Catherine. Aiutatemi, vi prego ! Si mettono a ridere, cercano di dirmi qualcosa, ma non li sento, non riesco a capirli. Mi fanno cenno di guardare giù. Non c'è nulla! Ma la forza continua a tirarmi verso il basso. Non riesco più a tenermi, ogni sforzo è inutile e cado. Tutto intorno a me diventa nero, sono al centro di un enorme vortice e continuo a roteare cadendo. Ad un tratto il turbinio si ferma. - Maeve si interruppe vedendo il suo amico McMenox entrare nel bar e dirigersi al banco. Quando si girò aveva in mano un drink e sembrava cercare un tavolo libero. "Henry" lo chiamò "unisciti a noi" Lo scozzese si avvicinò al tavolo e vide una strana espressione inquieta negli occhi della Bajoriana. Hunt dal canto suo sembrava più che altro curioso. "E poi che è successo?" chiese il dottore "Poi mi sono svegliata, per fortuna" rispose l'ufficiale scientifico "Credo che come incubo sia stato sufficientemente spaventoso, no?" Quella frase ridestò l'interesse di McMenox "Hai fatto anche tu un brutto sogno Maeve?" "Sì" rispose lei riassumendo brevemente le sue vicissitudini oniriche "Hai detto 'anche tu' Henry? Non mi dire che anche tu hai avuto una spiacevole esperienza..." s'intromise Ryo "In effetti sì" "Racconta!" esclamarono all'unisono i suoi amici "Bhé, non so se? Ma sì, perché no? Ecco, è cominciato tutto..." Il racconto di Henry - Finalmente una licenza. Mentre la Princess orbitava intorno alla Terra, in attesa del raddobbo di cui aveva disperato bisogno dopo l'ultima missione, l'equipaggio si godeva le proprie meritate vacanze. Ero uno degli ultimi rimasti a bordo, e ora anch'io ero in partenza per la mia terra natale, la Scozia. "E' pronto signore?" mi chiese l'addetto al teletrasporto. "Sempre pronto, capo" sorrisi "Energia" L'ambiente familiare della nave si dissolse in uno sfarfallio di luci e venne sostituito... dalla più cruenta battaglia che avessi mai visto: il clangore delle spade si confondeva alle grida di battaglia e ai lamenti dei moribondi. Mi guardai intorno stupefatto: mi trovavo su una collina delimitata da una piana paludosa e, ai lati, da uno scosceso terreno boschivo. Schierato al limite della zona paludosa vi era un grande esercito, le cui riserve di cavalleria aspettavano pazientemente il momento di entrare in azione; sui loro stendardi campeggiavano tre leoni rampanti in campo rosso: lo stemma dei re d'Inghilterra. Strano, quel posto mi era contemporaneamente familiare ed estraneo, come se lo avessi già veduto, ma non nelle condizioni in cui era ora. Istintivamente la mia mano corse al petto dove avrebbe dovuto trovarsi il comunicatore, ma incontrò solamente un pettorale in cuoio: al posto dell'uniforme della flotta stellare ora indossavo la tenuta di un guerriero scozzese del tardo medioevo, identica a quella degli uomini che mi circondavano. "Ma com'è possibile?" mormorai abbassando gli occhi incredulo. Le distrazioni in battaglia si pagano, sapete, e quella per poco non mi costò la vita: una freccia sibilò a pochi millimetri dalla mia testa. Lo scampato pericolo rimise in funzione i miei arti: agendo d'istinto affrontai il soldato che mi stava caricando; dopo averlo sbilanciato con un'abile finta mi portai alle sue spalle, gli afferrai il collo e, con una rapida torsione del polso, lo ruppi. Raccogliendo la spada del soldato caduto mi volsi ad affrontare altri nemici che nel frattempo continuavano a riversarsi attraverso la barriera infranta degli schiltron, le lunghe picche disposte in fitte formazioni a falange che gli scozzesi usavano come lance. Parata, schivata, fendente, fendente, finta, dopo pochi minuti ero già stremato: non potevo certo definirmi un esperto di combattimento all'arma bianca e mi rendevo conto che solo la fortuna mi aveva tenuto in vita. Con la coda dell'occhio colsi un movimento alle mie spalle e mi girai, per trovarmi faccia a faccia con il soldato cui avevo spezzato il collo; per nulla ostacolato da quella che teoricamente avrebbe dovuto essere una ferita mortale, l'inglese mi si gettò contro facendomi cadere di mano la spada. Ne seguì una lotta disperata a mani nude, al termine della quale mi ritrovai disteso a terra mentre il mio avversario, recuperata la propria arma, si apprestava a finirmi. Incredibilmente furono gli arcieri inglesi a salvarmi: una freccia scagliata dai loro ranghi colpì a morte il mio aggressore. Il mio sollievo fu di breve durata: una freccia mi raggiunse alla spalla facendomi cadere in ginocchio. A molti altri highlanders andò peggio: furono trafitti a morte dagli strali che piovevano dai ranghi inglesi. Anche la fanteria inglese venne decimata, ma incredibilmente gli uomini colpiti si rialzavano strappandosi di dosso con facilità le frecce che avrebbero dovuto ucciderli e riprendevano la loro avanzata. Ero atterrito, e il mio sgomento aumentò quando mi ricordai perché quella scena mi era così familiare. Disperato mi volsi verso le retrovie scozzesi ed ebbi conferma dei miei peggiori timori: incalzati da contingenti di cavalleria inglese apparsi alle loro spalle, gli arcieri e i cavalieri scozzesi fuggivano disordinatamente. FALKIRK!!! Il grido esplose nella mia testa. Quello era il campo in cui gli inglesi avevano colto la loro vittoria più schiacciante, massacrando la quasi totalità delle forze scozzesi. Paralizzato osservai la cavalleria pesante inglese convergere sui pochi fanti che ancora resistevano, allargandosi a ventaglio per non farsi sfuggire nessuno. Li guardai caricare con le spade abbassate: è incredibile come nei momenti che precedono la morte i sensi si acuiscano, permettendoti di divenire consapevole di ogni dettaglio, dall'odore della terra al gracchiare di un corvo che evidentemente già pregusta il banchetto. Il grido di battaglia scozzese risuonò ancora come una coraggiosa sfida all'inevitabile, e io sentii la mia voce unirsi a quelle dei miei antenati: "ALBA GU BRTH!" "Per la Scozia!" Poi il primo cavaliere fu su di me e una luce accecante espose davanti ai miei occhi. Mi svegliai con un grido mentre il gracchiare del corvo continuava a risuonare nelle sue orecchie. Occorsero parecchi secondi prima che mi accorgessi che quello era il suono della sveglia del computer. Con un sospiro di sollievo mi alzai e iniziai a vestirmi; non riuscivo a togliermi dalla testa il volto del cavaliere che mi aveva caricato, ero certo di avere già visto quel viso dai lineamenti quasi angelici. Fu solo a metà del mio turno di servizio che mi ricordai a chi apparteneva: alle creature simili a farfalle che avevamo incrociato sulla passeggiata di DS13 il giorno prima. " "Fine" disse McMenox svuotando il suo bicchiere. Due paia di occhi lo stavano fissando in modo strano, ma furono quelli di Hunt che attirarono la sua attenzione "Dottore" disse lo scozzese "ho lo strano presentimento che anche lei abbia fatto un sogno, e credo anche che abbia capito cos'è successo. E' vero?" "In effetti..." iniziò Ryo "Allora credo che sia giunto il suo turno: avanti, ci apra il suo cuore" disse Henry sorridendo. Sensazione strana questa, per un uomo come Ryo. Avere un piccolo gruppo di amici con cui confrontarsi non era nei suoi programmi, ma ormai ci si trovava dentro. Come diceva sempre sua madre quand'era poco più di un ragazzino timido: "Quando sei in pista balla, ragazzo!" Il Dottore si grattò il naso calando lo sguardo timidamente, era inusuale per lui confidarsi. "Dai Ryo, non farti pregare!" insisté la Fletcher "Ok, ragazzi" disse con voce profonda "Credo sia meglio iniziare dal principio...da qualche ora fa, quando ci siamo separati dopo essere stati teletrasportati qui dalla Princess …. " - Il mio programma per quella mattina era semplice, come al solito. Non avevo nulla da fare, e desideravo godermi quella licenza. Vagai dunque per tutta la base alla disperata ricerca di qualche ragazza facile da "abbordare". Purtroppo, forse a causa della tremenda camicia che mi ero deciso ad indossare, non trovai nessuna disposta a "scambiare quattro chiacchiere con me". Il colmo fu quando, per uno strano scherzo del destino, due giovani ragazze mi giudicarono grezzo per il mio abbigliamento e mi assegnarono solo 40 punti su 100, secondo gli stessi parametri di giudizio che stavo utilizzando io per la mia scelta. Alquanto turbato nell'animo, decisi di recarmi al luogo del nostro appuntamento, confidando nel fatto che non tutto era perduto e che magari sarei riuscito a portarti a cena Maeve. E fu allora che incontrai per la prima volta quelle meravigliose fanciulle che tu sostenevi trasmettessero allo stesso tempo un'idea di immensa serenità e di profonda inquietudine. Io le giudicai in un modo alquanto diverso... pensai che mi sarebbe piaciuto "fare qualcosina" con loro, ma decisi di lasciar perdere. In fondo tu eri una preda più facile, in quel momento. "Meglio una ragazza a portata di mano, di una irraggiungibile" mi dissi. "Chi sarebbe quella a portata di mano?" borbottò la Fletcher interrompendolo. Henry la zittì sorridendo, desiderava ascoltare il resto. Davvero non credeva che quell'uomo potesse avere paura di qualcosa. "Stavo dicendo... nonostante i miei buoni propositi anche tu mi rifiutasti, così decisi di mettere fine a quella giornata, una bella dormita mi avrebbe fatto bene." Il sogno del Dottor Hunt - Tre donne bellissime si stanno concedendo a me completamente, facendomi provare sensazioni forse mai provate prima. Sto dormendo beato, stremato dalla mia ultima prestazione quando, disturbato da un leggero peso che mi si è poggiato sul torace, apro lentamente gli occhi. Immediatamente penso ad una delle splendide donne con cui sono appena stato, e faccio per accarezzarle i capelli. Immaginate il mio stupore quando mi rendo conto che è solo una bambina! Continuo a guardarmi attorno, incredulo, non riesco a rendermi conto di come una bambina sia finita nel mio letto! In quel mentre una porta si apre, e ne esce l'infermiera Natori avvolta in un asciugamano bianco. Mi saluta baciandomi, io voglio chiederle spiegazioni, ma mi ferma prima che possa aprire bocca, dicendo che altrimenti quel piccolo angelo di nostra figlia si sarebbe svegliata. Inizio a sudare freddo, quella situazione mi è del tutto aliena e mi ci sento buttato dentro contro la mia volontà. Ad uno scherzo, penso. Infilo in fretta e furia la divisa, deciso più che mai a trovare una spiegazione logica a quello che sta succedendo. Arrivo in poco tempo in infermeria, tutto sembra normale ed ordino al Dottor Camden ed all'infermiera Jennings di non disturbarmi per nessun motivo. Chiuso nel segreto del mio ufficio inizio a studiare le registrazioni di bordo, fin quando non trovo due filmati anomali: il primo riguarda il mio matrimonio con Kay, celebrato dal Capitano Weaver tra l'entusiasmo generale lo stesso giorno in cui credevo di averla allontanata da me, la Natori intendo. Il secondo filmato, più recente, mostra il mio impegno di medico nel far nascere mia figlia: la piccola Anna. Sconvolto da ciò che ho visto, di cui non ho memoria, faccio per uscire dal mio studio ma mi trovo circondato da decine di ragazze dall'aria non proprio rassicurante. Queste, appena mi vedono, iniziano ad imprecare in tutte le lingue conosciute e mi si riversano contro. Io inizio a correre, non solo la Jennings e Camden non mi aiutano, ma si uniscono alle inseguitrici dandogli man forte. Attraverso un numero indefinito di corridoi fino ad arrivare al turbolift, riesco a distanziare abbastanza l'orda di inseguitrici. Le porte scorrevoli scivolano lentamente su loro stesse ed io le attraverso, felice di esser riuscito a mettermi in salvo. Cado nel vuoto. Anzi, cadere non è il termine adatto perché sono ancora in piedi, poggiato su un piano invisibile. Meglio dire che venni avvolto nell'oscurità più totale. Mi giro immediatamente, cercando la porta da cui sono appena passato, ma questa è scomparsa. Mi giro di nuovo, senza ragione, e scorgo una flebile luce in lontananza. Disperato, decido di raggiungerla e corro di gran lena. Ad un certo punto l'oscurità sotto ai miei piedi scompare trasformandosi in un meraviglioso manto erboso: adesso mi trovo in un cimitero. Vago impaurito fra le tombe per un po', leggendo distrattamente i nomi incisi sulle lapidi. Finché, su una di esse, non leggo il mio nome! Sento gelarmi il sangue nelle vene, soprattutto quando mi accorgo che la fossa non è ancora stata riempita e che si sta silenziosamente avvicinando un corteo funebre. E' un corteo triste, ci sono solo due becchini che trasportano la bara, provo a chiamarli ma sembrano non accorgersi della mia presenza. "Presto, amico, scaraventiamo questa bara in fondo alla fossa e torniamocene a casa" dice uno dei due all'altro con la naturalezza di chi fa queste cose tutti i giorni. "Va bene" risponde l'altro "Ma cerchiamo di fare un buon lavoro" Il compagno ride di gusto. "Chi vuoi che venga a lamentarsi, se non facciamo un buon servizio? Non lo vedi? Quest'uomo è morto solo, senza amici, senza nessuno che versi una lacrima per lui. E' già tanto che qualcuno si sia preoccupato di fargli avere un posto qui..." All'udire queste parole, sento un fuoco di rabbia bruciarmi dentro, e mi scaravento con tutta la forza che ho contro l'uomo, desiderando metterlo a tacere. Non riesco a colpirlo e, siccome mi sono sbilanciato, cado rovinosamente a terra a pochi centimetri dalla buca che i due stanno iniziando a riempire col terreno. Quando mi rialzo trovo davanti a me tre donne vestite a lutto che piangono sulla mia tomba. Le riconosco: sono le "farfalle" incontrate su DS13, le stesse donne che credevo di essermi portato a letto. Una di loro alza lo sguardo dal suolo e mi fissa negli occhi, è la prima volta che una donna riesce a stregarmi semplicemente con uno sguardo. Non riesco ad aprire bocca, la donna mi spinge, facendomi precipitare nella fossa. Urlo, ma nessuno sembra riuscire a sentirmi. I becchini continuano a riempire il fosso col terreno, in poco tempo mi trovo di nuovo immerso in quell'oscurità senza fine dalla quale sono appena uscito - "E poi?" domandò Henry curioso. Ryo scosse il capo. "Eh... mi sono svegliato..." "Capisco" annuì la Fletcher "Sembra ci sia un inconscio meccanismo che ci fa svegliare quando un sogno diventa troppo spaventoso... pare che serva ad evitare danni al cervello..." Ryo stava passandosi una mano tra i capelli ridendo come uno stupido. La Fletcher se ne accorse e non gli fu difficile interpretare il perché di quel comportamento. "...Ma ho come l'impressione che tu non ci abbia detto tutta la verità... e che non ti sia svegliato per questo..." Il Dottore aveva appena smesso di ridere, quando una splendida ragazza di colore si avvicinò agli ufficiali, salutandoli con la stessa velocità in cui riuscì a scordarsi della loro presenza. "Ryo... stanotte è stato bellissimo, ma un brutto incubo ha rovinato tutto... senti come mi batte il cuore" Iniziò a sussurrargli in un orecchio non trascurando di prendere una mano del dottore e poggiarsela sul prosperoso seno. "Che ne dici di aiutarmi a dimenticare, stanotte? Alloggio 246, ponte 2" aggiunse con voce sensuale. Gli stampò un invitante bacio sulla guancia prima di allontanarsi dai tre che la guardavano a bocca aperta. Henry e Maeve si girarono contemporaneamente verso Ryo, dopo aver osservato per un paio di secondi le meravigliose natiche della donna allontanarsi lentamente. Il dottore stava continuando a sorridere come un idiota. "Fammi indovinare..." iniziò Maeve con un sorriso malizioso dipinto sul volto "Anche lei ha avuto un incubo, stanotte..." "E lei" continuò Nox "Si è ' gentilmente ' offerto di farglielo dimenticare, giusto? Credo di aver capito perché, o sarebbe meglio dire a causa di chi, si è svegliato..." Hunt si schiarì la voce, desiderando cambiare discorso. La "caccia" non era andata tanto male, alla fine. "Ascoltatemi. In questo bar ho avuto modo di ascoltare gli incubi della maggior parte degli ufficiali, e sapete qual è l'unico fattore che li accomuna tutti? Le farfalle. Tutti coloro che hanno avuto incubi stanotte le avevano incontrate su DS13..." |
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