=/\= Star Trek: Crocevia degli Universi =/\= =/\= U.S.S. Arcadia NCC0999 =/\= =/\= Episodio 03 =/\= =/\= ??? =/\= "...la nave si presentava priva di equipaggio, sia civile sia militare. Nonostante la nostra approfondita ispezione non rilevavamo alcuna forma di vita, intelligente e non, a bordo della U.S.S. Atlantis. Il computer di bordo della nave, interrogato, non sapeva fornire alcun dato sulla scomparsa dell'equipaggio, ne' della sua attuale posizione..." - Dal rapporto del comandante Schrodinger della U.S.S. Harrford, data astrale 50441.9 Harlock entro' nel turboascensore e lo diresse sul ponte otto. Voleva andare a trovare Lana per sincerarsi delle sue condizioni dopo il trauma del giorno predecente e per... vederla. Malgrado il suo cambiamento di umore ed atteggiamento dalla notizia della quasi morte di lei, l'uomo provava innegabilmente il desiderio di vederla, di sapere come stesse e di starle vicino. Prima di arrivare sul ponte dove si trovava il suo alloggio, l'ascensore si fermo' per far entrare un fischiettante dottor Tofu, rosa camaleonte in mano. Non appena vide l'austero capitano all'interno dell'ascensore, Yota smise di fischiettare e nascose la mano con il fiore dietro la schiena. «Buongiorno, signore.» «Buongiorno a lei.» rispose Harlock. «Va a far visita al consigliere Roden?» riprese il capitano. «Huh... si'... sto andando a vedere come proceda la sua convalescenza. Lei?» chiese Yota. «No- menti' senza capirne il motivo -mi sto recando nel mio alloggio per... prendere un costume prima di andare sul ponte ologrammi con McRey. La simulazione dei pirati, forse si ricorda...» «Non proprio ma buon divertimento allora...» replico' l'ufficiale medico all'aprirsi delle porte del turboascensore. Uscirono entrambi, ed Harlock cerco' di tenere un passo piu' lento di quello di Yota, in modo da rimanergli dietro e vedere cosa facesse. Non si spiegava il proprio comportamento sospettoso, ne' il motivo per cui gli avesse mentito nel turboascensore e non gli avesse detto che stava andando anche lui da Lana. Indubbiamente un medico in visita ad un paziente andrebbe in giro con un tricorder medico e non con una rosa camaleonte, e di questo sicuramente Harlock ne era conscio. Con il suo sesto senso che, come avrebbe detto un suo vecchio amico ai tempi dell'accademia, squillava come un ‘senso di ragno', Harlock colse al volo l'occasione di un ufficiale che proveniva in senso opposto per urtargli contro e guadagnare la possibilita' di fermarsi mentre con la coda dell'occhio osservava il dottor Tofu. «Mi scusi capitano!- disse il boliano urtato un po' mortificato -Non l'avevo vista!» «Non si preoccupi.» rispose Harlock chinandosi a terra come a raccogliere qualcosa ma tenendo lo sguardo puntato sulla porta dell'alloggio del consigliere, porta che si stava aprendo. «Mio principe!» senti' dire da Lana a Yota che le porgeva la rosa sorridendo, prima di vederla saltargli addosso in un bacio caloroso e trascinarlo all'interno dell'alloggio. Harlock si senti' strano, per un momento gli venne la pelle d'oca in una scarica di quella che credeva fosse adrenalina, dopodiche' si diresse nuovamente con il suo consueto passo deciso verso l'ascensore, e poi in plancia. --- La porta si apri' con un sibilo. Il capitano stava seduto alla sua scrivania, scrivendo qualcosa sul computer, forse il rapporto sull'accaduto, penso' Motoko. «Tenente, entri pure.» la voce calma ed allo stesso tempo seria e rilassata del giovane la invitava ad entrare. Dopo che fece un paio di passi la porta si richiuse alle sue spalle. «Vedo che si sta riprendendo in fretta.- disse prima che la trill potesse aprire bocca -Come vanno le ferite?» «Bene capitano- rispose seccamente -disturbo?» «Ma, no...» replico' con una voce tranquilla. «Posso parlarle tranquillamente?- chiese il tenente, con una voce quasi tremulante -Se ha da fare posso tornare dopo...» «Tenente- la voce dell'umano si era fatta piu' seria, come per esortarla ad uscire da una malcelata ed insolita incertezza -mi deve dire qualcosa?» «Beh, sa...- tentenno' la trill -... forse lei non e' l'ufficiale adatto; dovrei parlarne col consigliere ma attualmente e' impossibilitata a farlo... sa, la convalescenza... gli ufficiali medici sono impegnatissimi con tutti i feriti che ci sono stati... ed il primo ufficiale... capira'... parlare di certe cose con un vulcaniano...» Il capitano abbasso' lo schermo del suo terminale, mettendolo in pausa, e si alzo', dirigendosi verso il divanetto, facendole segno di sedersi, e disse, con la voce piu' calma e rilassante che potesse avere: «Di cosa mi vuole parlare, tenente?» «Beh... non so da dove cominciare...- Motoko stava cercando le parole giuste; poi quasi di scatto proruppe con un tono deciso -Cosa sa lei della simbiosi trill?» «Le cose che ti insegnano all'accademia- rispose cercando di ricordarsi i vecchi insegnamenti, chiedendosi dove volesse andare a parare -Un simbionte viene inserito nell'apposita tasca di un ospite scelto dopo una lunga selezione...» «E di quello che avviene dopo?» «Sicuramente ne so meno di quanto potrebbe saperne lei- rispose -so solo che i due poi diventano uno solo, assolutamente non indipendenti, con le conoscenze acquisite dal simbionte...» «Ecco, non e' proprio cosi'... cioe' una buona approssimazione, ma non e' cosi'...» lo interruppe Motoko. Il suo sguardo perso nel vuoto, a fissare il modellino della strana nave che aveva di fronte. Prima che potesse risponderle, la trill ricomincio' a parlare «Il simbionte A, inserito nel corpo ospite B, da origine ad un individuo C completamente distinto da entrambi, e completamente nuovo...» «Intendo dire: ha il corpo fisico dell'ospite e le conoscenze di entrambi, ospite e simbionte, sia pure quelle del simbionte siano solo ‘reminescenze' della vita passata. Ma in quanto a carattere, modus operandi, ed anche gusti personali ed altro, e' un individuo completamente diverso. Puo', e' vero, sviluppare, caratteristiche analoghe a quelle di simbiosi precedenti, ma non e' detto... in alcuni casi addirittura si odiano certe cose che si adoravano prima e viceversa...» prosegui logorroicamente Motoko, come se fosse combattuta dal girare intorno al problema senza affrontarlo direttamente. «Vada avanti, tenente.» il capitano si era reso conto di un inesplicabile coinvolgimento emotivo della trill, e la stava spronando a parlare. «Pero' non sempre e' cosi'- riprese Motoko -se il simbionte viene impiantato in ospiti molto simili, cosa possibile visto che spesso e' il trill stesso a decidere il suo prossimo ospite, il simbionte sviluppa una sorta di ‘personailita' recondita'; se viene inserito in ospiti con personalita' sempre molto simile, o molto miti, la personalita' del simbionte si afferma...» «E questo...» interruppe il capitano, ma non fece in tempo a finire la frase. «... questo accadde quando venne impiantato il simbionte in Dholer... lei, cioe' io... era troppo di carattere mite... e troppo desiderosa di entrare in simbiosi da opporre resistenza alla dura personalita' del simbionte, maturata dopo secoli e secoli...» «Un momento- non la fece finire -dove vuole andare a parare, tenente?» «Beh, ecco... non sono sicura che sia un effetto duraturo...» «Tenente, non tergiversi...- con voce ferma e sicura -concluda...» «Ecco, il fatto e' che pare che il mutaforme abbia leso alcune delle terminazioni nervose che collegano il simbionte all'ospite; niente di troppo grave, pero' il dottore ha dovuto mettere in stasi il simbionte e mettermi a dormire; o qualche cosa del genere...» «Ho letto i rapporti, tenente... e sono molto piu' precisi di lei- qualcosa di molto simile ad un sorriso apparve nel volto del capitano, come per mettere piu' a suo agio Motoko -Comunque continui.» «E, insomma, quando mi ha risvegliato e' come se la simbiosi si fosse ricreata... ex novo, intendo... ma questa volta ha trovato una Dholer a cavallo tra la vita e la morte, determinata a sopravvivere... insomma, ben piu' combattiva e meno propensa a soccombere alla volonta' del simbionte... non so se riesco a spiegarmi... so che e' difficile...» «Intende dire forse che adesso lei non e' piu' la stessa Motoko di prima? Che la sua personalita' potrebbe essere cambiata?» Motoko annui', poi riprese. «Ho tolto la collezione di armi ad asta dalla parete della mia camera e vi ho appeso una riproduzione dei famosi ‘cinque tramonti di Vulcano', ho tolto la riproduzione della macchina da torture klingon e messo una ninfea verde e rossa del mio pianeta natale...» «Lo prendo come un ‘si''...» Harlock fece nuovamente un piccolo sorriso. «Ma non so nemmeno se questa situazione sia duratura... cioe', il dottore aveva detto che ci sarebbero potuti essere dei piccoli scompensi durante la convalescenza... e forse, tra qualche mese potreste avere di nuovo la vecchia Motoko...- la trill si era voltata verso il capitano, che aveva cosi' potuto vedere come le fossero venuti gli occhi lucidi -E forse la nuova Motoko potrebbe non essere apprezzata... cioe', almeno dal punto di vista professionale...» «Ad ogni modo tutte le sue conoscenze sono rimaste invariate, no? Sarebbe comunque in grado di svolgere il suo compito in maniera perfettamente analoga a prima, no?» «Beh, si. Al massimo potrei essere meno fredda ed impulsiva, pero'...» «Visti i precedenti, questo non sarebbe che un giovamento...- nuovamente la sua bocca accenno' ad un sorriso rassicurante -Comunque adesso vada a riposarsi; e' ancora convalescente, e non deve sforzarsi troppo. Si riposi, si rilassi, ed impari a conoscere la nuova ‘se stessa'. Noi faremo lo stesso.» «Grazie mille capitano- Motoko assunse un espressione piu' ferma e decisa, un po' piu' alla tenente Kusanagi, mentre si alzava dal divano -Mi ha fatto molto piacere parlare con lei. Ora, se vuole scusarmi...» «Vada pure, tenente. Comunque, ho fatto solo il mio dovere...» Il capitano segui' con gli occhi la donna che si dirigeva verso la porta, ed attraverso essa usciva dalla stanza, poi si alzo' e si rimise alla scrivania. Concluse quel che stava facendo, dopodiche' si diresse verso il ponte ologrammi. --- Harlock accuso' il colpo rotolando a terra in maniera leggera e naturale, evitando cosi' di farsi male. «Hai visto? O meglio, non hai visto? Il movimento non si vede, arriva, colpisce e torna da dove era venuto in un attimo: lo senti ma non lo vedi. Bastano pochi centimetri e puff... sei a terra. Niente leve, niente proiezioni, ma sei a terra.» L'ufficiale comandante della nave si rialzo' e si massaggio' la nuca con la mano sinistra mentre ascoltava il cinese davanti a lui. «Concentrare tutta la tua forza in un unico momento non basta, e' inutile: devi utilizzare il tuo tan-tien, e' con esso che colpisci.» Detto questo, il cinese si mise in una posizione naturale di riposo e fece cenno a Derek di attaccarlo. Quando gli fu a due metri di distanza, il cinese gli salto' addosso con la mano destra chiusa a pugno e la sinistra aperta, ma tutte e due puntate in avanti, bloccando l'attacco dell'americano e, una volta fermi ed a contatto, con un rapido e piccolo movimento lo lancio' nuovamente al tappeto. «Puff...» commento' con un sorriso la sua leggerezza. «Credevo- disse Harlock rialzandosi ed avvicinandoglisi -che mi avresti parlato della via nell'assenza di via e dello stile nell'assenza di stile. Il tan-tien lo conosco gia' e... lo so sfruttare!» Derek appoggio' il proprio palmo destro sul petto del cinese, il sinistro sul proprio bacino e chiuse gli occhi. «Il movimento nasce nel tan-tien...» quindi con un movimento fluido e repentino lo fece arretrare di un paio di metri. «Bravo, si e' sentito il colpo. Adesso interrompiamo questo allenamento e dedichiamoci alle para...» «Computer, interrompere programma.» lo interruppe il capitano. Il cinese rimase immobile nel movimento incompiuto di una parata di braccio, ed Harlock si slaccio' il primo alamaro della giubba nera che indossava. "Bah, sapevo che un computer non avrebbe mai potuto replicare Bruce Lee... si sente che e' falso... ma un po' di allenamento non fa mai male e soprattutto a quest'ora dovrei poter andare a far visita a Lana senza incontrare ospiti indesiderati" penso' l'uomo. Da quando aveva incontrato Yota nell'ascensore diretto nell'alloggio del consigliere in quella che non era una visita professionale e dopo aver visto l'accoglienza riservatagli dalla stessa betazoide, Harlock aveva ripensato piu' volte agli avvenimenti degli ultimi tempi. Piano piano aveva cominciato a provare attrazione nei confronti della donna, un'attrazione particolare che non aveva piu' provato dopo la morte di Nova. Non era il desiderio di avere una amante, ma il desiderio di proteggere una persona che si riteneva importante, senza capire il motivo dell'importanza. Lo sentiva dentro di se' ma non trovava un modo di spiegarlo. Non gli interessava nemmeno spiegarlo, perche' era ben conscio, di questo era conscio, che la razionalita' ha dei limiti oltre i quali e' inutile spingerla, non si troverebbero risposte che non siano forzate. Si era anche accorto di essere in un certo senso ricambiato dal consigliere Roden e per questo non riusciva a comprendere quel che aveva visto. Il suo sesto senso lo aveva portato ad agire come una spia nei confronti del dottor Tofu, ma si era rivelata una premonizione piu' che una illusione autoindotta. Certo, Lana era stata assassinata e, stando ai referti medici, era rimasta clinicamente morta per qualche minuto prima che lo staff medico la rianimasse. Aveva sicuramente subito un grande trauma anche a livello psichico nel suo entrare in contatto con la mente del mutaforma, evento di cui Harlock non aveva il benche' minimo dubbio nonostante avesse proibito a Lana di farlo, ma non riusciva a capire come questo potesse risultare negli atteggiamenti rivolti nei confronti del secondo ufficiale medico. Lana era si' una betazoide, ma questo aspetto era bilanciato dalla sua parte vulcaniana. Non era mai andata in giro per la nave come una vecchia zitella in cerca di marito, saltando addosso a chiunque capitasse, si era sempre comportata in modo professionale e "da ufficiale della flotta stellare", penso' Harlock. E poi... la scena nel corridoio. Non riusciva a capire e mentre continuava a pensare si era cambiato, rimettendosi l'uniforme della flotta, ed era uscito dal ponte ologrammi, dirigendosi verso il ponte otto, nell'alloggio dove Lana si trovava in convalescenza. --- Non si sentiva cosi' da quando... da quando... non riusciva a ricordarsi da quanto tempo non provasse piu' queste sensazioni, e forse non le aveva mai provate. Nella sua vita si era sempre trovata a condividere una personalita' betazoide, passionale, allegra, vivace e vitale con una personalita' vulcaniana fredda, logica e riflessiva. Aveva imparato da suo padre a far si' che la logica e la razionalita' dominassero gli impulsi ereditati dalla madre, ed aveva accettato le lezioni di suo padre. All'inizio era stato difficile, ma col tempo era riuscita a dominare la passionalita' con la razionalita' e la logica con il sentimento. Non era una betazoide e non era una vulcaniana, era riuscita a prendere i pregi dell'una e l'altra razza e manifestarli, e i difetti di entrambe e nasconderli. Ora si sentiva libera, si sentiva... aperta... come se fosse stata rinchiusa in una scatola e ora questa fosse stata rimossa, permettendole di uscire e di vedere il mondo esterno, di sentirsi parte di esso. Sentiva le sensazioni di tutti i membri dell'equipaggio della nave come mai aveva fatto prima e tra esse sentiva avvicinarsene di diverse, racchiuse all'interno della stessa persona. Si dirigeva verso di lei, la stava venendo a trovare. Era il suo... «Imzadi!» disse Lana aprendo la porta a Derek. «Co...?» Harlock rimase sorpreso nel vedersi aprire la porta prima ancora di suonare il campanello, e ancor piu' sorpreso di trovarsi Lana cosi' sorridente di fronte a lui. «Imzadi sei venuto a trovarmi!» Harlock entro' nell'alloggio del consigliere pensando al significato della parola che Lana aveva utilizzato. ‘Imzadi' era una parola betazoide che non aveva traduzione nelle altre lingue e che indicava una persona molto... speciale. «Sono contento di vederla in piedi e vitale, consigliere, ma forse farebbe...» non fece in tempo a finire la frase che Lana gli si avvicino' con un sorriso divertito. «Beh, che fai, non rispondi?» strizzo' un occhio con innocente malizia, come giocando. «Cosa intende, consigliere?» «Ma quanto sei formale! Uff... che noia...» la donna con le orecchie a punta si scosto' dal capitano come seccata e sbuffando, ma non era difficile capire che si trattasse di una recita. «Come stai, Lana? So che le tue condizioni sono migliorate di punto in bianco e dopo qualche controllo sei stata dimessa...» Lei si volto' sorridendo. «Si', ma adesso sono qui sola soletta!- disse imitando la vocina di un bambino, per poi riprendere il suo tono normale -Ce ne hai messo per venirmi a trovare! Tanto lo so benissimo perche' sei qui... imzadi...» Il capitano ebbe la netta impressione che il suo cervello fosse stato sottoposto ad un accurata scansione da parte dei poteri di Lana e questo non gli piacque affatto. La Lana che aveva imparato a conoscere in questo periodo passato a bordo dell'Arcadia non l'avrebbe mai fatto senza una esplicita richiesta ed un esplicito permesso, che lui non le avrebbe mai concesso. Ci teneva alla sua intimita' e alla sua provacy, ed i suoi sentimenti voleva dirli di persona, non voleva che fossero letti in qualsiasi momento. Lei gli si avvicino' e gli mise le braccia attorno al collo, in un dolce abbraccio e nella mente di Derek, gia' indisposto per la violazione dei suoi pensieri, apparve la stessa scena in cui lui ora si trovava, ma con Yota al suo posto. «Mi sei mancato, Imzadi...» Lana si mosse sensualmente, unendo i loro due corpi e avvicinandosi lentamente con le sue labbra a quelle dell'umano, che pero' la fermo'. «Che succede?- chiese lei aprendo la sua mente -Perche'...?» «Fuori dalla mia testa.- le rispose seccamente lui -Sai che non voglio tu lo faccia.» «Scusa non volevo offenderti ma perche'...» disse lei con tristezza, percependo il suo cambio di umore ed amplificandolo dentro di lei. «C'e' qualcosa che non va, Lana, e' eviden...» Harlock non fece in tempo a finire la frase che una voce allarmata lo interruppe. «Capitano! Qui sottotenente Baker, emergenza in infermeria!» «Che succede, Baker, e perche' chiama me? Non c'e' la Lupescu?» «E' di lei che si tratta signore, e' qui e sta delirando... corra!» Lana, un po' di suo e un po' di riflesso a Derek, quasi si mise a piangere travolta dalle emozioni ed incapace di controllarle, mentre l'uomo la teneva tra le braccia e le diceva di rimanere li' che sarebbe tornato presto. Dopodiche' usci' e corse al turboascensore. --- Paul Lupescu, i capelli un po' piu' spettinati del solito, guardava preoccupato il sottotenente Baker mentre iniettava qualche sostanza nel corpo di sua madre tramite un ipospray. Si accorse dell'arrivo del capitano quando quest'ultimo gli appoggio' amichevolmente la mano sulla spalla. «Che cosa e' successo?» chiese con una voce calda. «Non lo so, Derek...» rispose il figlio della Lupescu. La donna aveva tre figli e Paul era il maggiore. Abituato a viaggiare a bordo di una nave della flotta stellare aveva finito con l'ottenere il posto di insegnante elementare a bordo dell'Arcadia e cosi' la madre, Igor e Nina si erano trasferiti con lui a bordo della nave comandata da Harlock. Suo coetaneo, Paul era uno dei pochi con cui Derek avesse stretto una sorta di amicizia prima che gli eventi degli ultimi giorni lo turbassero nuovamente. «Sono stato svegliato stamattina da Igor che bussava alla mia porta: era spaventato e preoccupato e ho pensato fosse successo qualcosa a mamma o a Nina. Sono corso al loro alloggio e ho trovato mia sorella che piangeva mentre mia madre delirava. Frasi senza senso, senza una connessione logica tra di loro, anche se all'apparenza sembravano strani ragionamenti. Hai presente Aristotele ed i sillogismi? Ecco: prendi un Aristotele impazzito che te ne spari a decine... l'abbiamo portata subito in infermeria e Baker si e' preso cura di lei.» «Un'ottima esposizioner, Paul...» sorrise l'infermiere. Quasi imbarazzato, l'uomo replico' «Beh, mia madre mi ha sempre insegnato ad essere il piu' preciso possibile quando si tratta di descrivere i sintomi di una malattia o di un problema... per un medico e' di fondamentale aiuto la precisione del paziente... e ho preso questa abitudine...» «Che e' successo?» Yota entro' di corsa in infermeria e si diresse verso un armadietto per prendere i suoi strumenti. «Xiloxilina al 290%, tenente...» «Cosa?» quasi urlo' l'altro infermiere. «Duecentonovanta per cento...- rispose Baker vedendolo sgranare gli occhi -ho avuto anche io la stessa reazione.» «Che significa?- chiese il capitano iniziando a preoccuparsi -Duecentonovanta significa il triplo del normale o sbaglio?» «Giustissimo,- rispose Yota -ma non e' tanto quello... e' che in un essere umano la xiloxilina non viene prodotta in una simile quantita', e l'effetto che ha sul cervello umano non e' lineare... non le fa un ‘triplo' effetto, insomma...» «Questa sostanza viene generalmente sviluppata dalle razze empatiche o telepatiche come i betazoidi, i vulcaniani e i je'sara e ha lo scopo di ammortizzare gli sforzi sinaptici... normalmente viene rilasciata dopo un eccessivo sforzo mentale...» concluse Baker. «Ma mia madre e' umana, non e' una je'sara!» «E' questo che mi preoccupa...» rispose Tofu abbassando leggermente la voce mentre concentrava la sua attenzione sul tricorder medico che passava attorno alla testa di Ransie. «Paul, ieri sera e' forse successo qualcosa a tua madre? Qualcosa che possa averla scossa?» chiese il capitano. «No, non mi sembra. Era tutto normale... abbiamo cenato tutti insieme e poi sono tornato al mio alloggio per dormire... nulla di strano...» «Beh... ci sarebbe quella storia del consigliere Roden...» aggiunse pensieroso Baker. «Quale storia.» la voce di Harlock si era improvvisamente irrigidita. La sua non suono' come una domanda, quanto come un ordine. Era senza ‘punto interrogativo'. «L'altro giorno sono arrivato in infermeria e c'era il dottor Tofu alle prese con il consigliere... e Ransie sembrava un po', intontita...» «Credo avesse avuto un contatto empatico con Lana...» aggiunse Yota. «E.» con lo stesso tono di voce, Harlock ordino' di proseguire nell'esposizione dei fatti, mentre nella sua mente ritornava la voce di Lana che lo chiamava ‘Imzadi' o che si avvicinava a lui per baciarlo... e per baciare Yota. Quello strano sesto senso comincio' a pizzicare piu' forte di prima. «Non lo so cosa sia successo- rispose Tofu -ho sentito suonare l'allarme e sono corso in infermeria: la dottoressa era china su Lana che sembrava starla strangolando. Ho creduto fosse il mutaforme, ma poi Lana e' svenuta e insieme a Baker abbiamo prestato soccorso ad entrambe.» «Lana stava... strangolando Ransie?» «Questo e' quello che ho visto...» «Io sono arrivato quando ormai era gia' svenuta.» disse Baker un po' a discolparsi. Paul interruppe il silenzio che si era formato dopo la frase di Baker. «Fusione mentale vulcaniana... ne ho parlato una settimana fa ai bambini...» «Beh, si'... e' possibile...» concordarono i due medici. Harlock non ci vedeva piu'. «Volete dirmi- disse incollerito -che il consigliere Roden ha effettuato una fusione mentale con la dottoressa Lupescu due giorni fa e voi avete ignorato la cosa?» stava quasi urlando. Ransie. Aveva dato alla donna il ruolo di secondo ufficiale nella catena di comando, tanto riponeva fiducia in lei e nella sua capacita' di giudizio. Dopo Sasuk, legittimo primo ufficiale, aveva scelto la donna e non, ad esempio, Bato. Lana, il consigliere per il quale, anche se non ne era conscio, avrebbe dato la vita. Queste due donne si trovavano in una situazione a dir poco incomprensibile e... e non sapeva che altro pensare. «Ma abbiamo fatto delle analisi! La dottoressa stava bene, aveva solamente dei valori un po' fuori dalla norma, ma nulla che preoccupasse!» «Lei stessa ha detto di sentirsi bene!» «Inoltre- aggiunse Yota -Lana sta bene adesso...» «Non sta affatto bene!» tuono' Harlock eccedendo nella sua impetuosita'. Per quanto capace e riflessivo nel momento del bisogno, era pur sempre uno dei capitani piu' giovani della flotta stellare, forse il capitano piu' giovane al comando di una nave di classe Galaxy, e come ogni bravo ventinovenne... non aveva ancora imparato a rimanere impassibile di fronte a tutto, come avrebbe invece fatto ogni bravo ventinovenne vulcaniano... ma Harlock era umano. «Intendevo dire che Lana e' viva!- replico' Yota con la voce alta quanto quella del capitano -Sembra quasi l'effetto di una fusione mentale vulcaniana per il passaggio del katra, ma avviene solamente quando un vulcaniano sta per morire e vuole che le sue memorie e la sua ‘anima' sopravvivano a lui e raggiungano i suoi cari su Vulcano.» «Sceglie un veicolo per la propria anima e gliel'affida...» concluse Paul. «Appunto- annui' Yota voltandosi verso di lui e abbassando la voce ad un tono normale -Se fosse andata cosi', adesso Lana si troverebbe priva della sua anima, e non mi sembra che sia cosi'!» Tutti rimasero in silenzio mentre Yota guardava Harlock che, lentamente, stava calmandosi mentre cercava di ricordare quanto avesse studiato della fusione mentale vulcaniana ai tempi dell'accademia. Purtroppo per la situazione, aveva prediletto altre materie. «Ed allora che significano i sillogismi di mia madre?» chiese Paul riportando l'attenzione sul motivo per il quale erano riuniti in infermeria. "Sillogismi!" la parola riecheggio' nella mente del capitano mentre il suo occhio si spalanco' come vedendo finalmente la luce della verita'. «Lana non e' priva della sua anima... e' priva dell'auriga!» «Cosa?» domandarono tutti stupefatti. «Paul, spieghi loro la storia del cavallo bianco e del cavallo nero. Sasuk- urlo' Derek toccandosi il comunicatore -nell'alloggio del consigliere Roden, ora!» quindi si volto' verso l'uscita e si diresse al ponte otto. «Che e' questa storia del cocchiere e dei cavalli?» chiese Baker non capendoci piu' nulla. «Lo so io che significa...» replico' Yota per poi dirigrsi anche lui verso il turbo ascensore. Baker rimase ammutolito mentre Paul si avvicinava al corpo dormiente della madre, quindi gli si avvicino' e gli chiese informazioni a riguardo. «Secondo Platone, un filosofo antecedente Aristotele, la nostra anima e' divisa in tre parti: un auriga e due cavalli. Il primo governa la biga trainata dagli altri due: uno e' bianco, obbediente, perfetto e razionale, l'altro e' nero, impetuoso, imperfetto ed irrazionale. Il primo cavallo ci porta verso l'ammirazione distaccata della perfezione, il secondo ci trasporta col desiderio e l'irruenza, e non obbedisce all'auriga, che deve fare forza sulle briglie e appoggiarsi al cavallo ubbidiente.» «... e quindi...?» «Se uno dei due cavalli viene a mancare, l'auriga non puo' piu' bilanciare la spinta dell'altro...» --- La plancia era tranquilla sotto il comando di Sasuk; l'allarme di Baker era stato indirizzato unicamente al capitano, ed il primo ufficiale della nave sedeva sulla poltrona centrale della nave in assoluto silenzio mentre gli altri ufficiali di plancia si occupavano delle loro mansioni, in silenzio anche loro intimiditi dalla freddezza del vulcaniano. Controllando il loro operato dalla sua postazione, ogni tanto Sasuk faceva notare errori o imprecisioni che venivano subito corretti con un "Sissignore!" e questi erano gli unici momenti in cui il silenzio venisse rotto. Le mani sui braccioli, Sasuk ogni tanto spostava la sua attenzione dalla strumentazione di bordo al ricordo ed elaborazione degli eventi dei giorni scorsi: il mutaforma assassino a bordo della nave, i membri dell'equipaggio morti e quelli in infermeria, il brusco cambio di umore del capitano Harlock. Pur senza manifestare alcunche', il vulcaniano aveva notato il repentino cambiamento nell'uomo e si era posto dei dubbi sulla sua capacita' di mantenersi freddo di fronte agli avvenimenti. Era umano, e quindi era naturale che fosse "imperfetto e incapace di sostenere il peso delle emozioni", ma dal suo curriculum vitae si evinceva che avesse passato delle esperienze tali da indurirlo. "Forse- pensava Sasuk -e' stato il clima tranquillo di bordo a intaccare la sua freddezza, che ora tenta di manifestare tramite austerita'. Eppure l'austerita' non e' altri che falsa freddezza, e' una maschera, un filtro, e non la soluzione logica al controllo delle emozioni". Derek Wildstar Harlock era il capitano piu' giovane i cui ordini il vulcaniano avesse obbedito, ma non era certo il fatto di per se ad impensierirlo, nutriva infatti fiducia nei confronti dell'uomo e di chi lo avesse messo in quella posizione, bensi' proprio il suo repentino cambio di umore, la sua austerita' dietro la quale pero' si celava un turbine di pulsioni. Avrebbe voluto parlarne con Lana, ma la donna era ancora convalescente e preferiva non disturbarla ne' sottoporre a stress le sue abilita' empatiche; la Lupescu, di contro, era indaffarata in infermeria, e sicuramente l'umore del capitano poteva attendere il ritorno alla normalita' della nave. "A proposto di normalita',- pensava -forse sarebbe il caso di nominare un consigliere ed un capo sicurezza temporanei finche' le due donne non si siano riprese del tutto dagli ultimi traumi. Sarebbe logico, ma forse non sara' necessario: poco fa Motoko e' uscita dalla sala tattica con il suo abituale passo fermo, e Lana...". Il pensiero del consigliere mezzo betazoide mezzo vulcaniano fece dirigere il flusso di pensieri di Sasuk verso le tradizioni della sua gente. "A proposito di Lana- pensava -probabilmente se fossi arrivato prima nel turboascensore avrebbe potuto effettuare una fusione mentale per il passaggio del katra prima di morire. Fortunatamente il dottor Tofu e' stato in grado di rianimarla, altrimenti i suoi ricordi sarebbero andati persi. Certo... chissa' quale effetto avrebbe avuto la sua eredita' betazoide nel passaggio del katra..." I pensieri di Sasuk vennero interrotti dalla voce tuonante di Harlock che gli ordinava seccamente di recarsi di urgenza all'alloggio del consigliere. Il tono duro non passo' inosservato in plancia, e tutti si fermarono attoniti e allo stesso tempo stupiti. Sasuk si alzo' dalla sua poltrona con il sopracciglio sinistro inarcato e controllando il sentimento di offesa tramite la sua logica. «Grind, a lei la plancia.» disse senza scomporsi, come se avesse ricevuto una normale richiesta, quindi si allontano' verso il turboascensore pensando che forse il cambio di umore del capitano non andasse sottovalutato poi troppo e che forse i suoi dubbi sulla natura betazoide di Lana stessero per ricevere risposta. --- Lana osservo' Derek uscire dal suo alloggio. Si sentiva confusa e spaventata, scoppio' a piangere in un disperato tentativo di sfogare il turbinio di emozioni che le si agitava dentro. Non comprendeva cosa la facesse sentire cosi' sconvolta; ripenso' a quello che pochi minuti prima aveva detto a Derek: «Imzadi». Lei e Derek erano Imzadi! Ma perche' nella sua mente non riusciva a trovare i ricordi di loro due? Quando si erano appartenuti? Quando lei aveva toccato la sua anima? Per quanto si sforzasse non riusciva a trovare nessuna risposta. Inizio' a camminare nel suo alloggio, lentamente, osservo' che era molto accogliente, in particolare spiccava un magnifico dipinto sulla parete accanto all'ingresso. L'artista, betazoide, aveva rappresentato attraverso una sorta di vortice dai colori confusi diversi stati d'animo; nella cultura betazoide contemplare questo genere di quadro equivaleva ad una precisa disciplina mentale, disciplina a cui lei continuava ad applicarsi. Lana sposto' lo sguardo sul divanetto accanto all'oblo' dove era solita accoccolarsi per bere il the iridiano, bevanda che adorava; sul tavolino posto di fronte vi era un grazioso vaso, finemente lavorato, regalo di sua madre; in esso faceva bella mostra di se' una rosa camaleonte. Nella stanza noto' tuttavia qualcosa che sembrava fuori luogo: un'arpa vulcaniana. Non rammentava di saperla suonare, veramente non capiva nemmeno perche' si trovasse li'; si sentiva come se dovesse comporre un mosaico, ma le mancassero dei pezzi, pezzi che lei non sapeva dove trovare. Si avvicino' allo specchio e osservo' la sua immagine riflessa, noto' che aveva i capelli scarmigliati e gli occhi arrossati dal pianto, ma trasali' quando vide le orecchie a punta. Lei era betazoide! Senti' un brivido freddo correrle lungo la schiena, la sua agitazione aumento'. Un suono proveniente dalla porta l'avverti' che aveva visite; era talmente immersa nelle sue riflessioni che non percepi' l'arrivo del primo ufficiale. «Avanti.» Sasuk entro'. Non era necessario essere empatici per capire quale fosse lo stato d'animo del consigliere, era piu' che evidente. Lana aveva davvero perduto la sua anima vulcaniana, lo sconvolgimento emotivo che manifestava ne era la prova. «Consigliere si sente bene?» «Io, credo di si'. Grazie. Sono solo un po' stanca.» «Capisco.» In effetti nessuno a bordo avrebbe potuto comprendere in quel momento Lana meglio del primo ufficiale. Conosceva bene cio' che comportava una fusione mentale compiuta prima di morire. I vulcaniani in secoli di evoluzione teologica e filosofica avevano studiato e appreso i segreti della mente, sviluppando straordinarie capacita' telepatiche, sino a giungere a veri e propri riti mistici. Sasuk si senti' solidale verso Lana ed i lineamenti del suo volto si distesero in quella che avrebbe potuto con un po' di immaginazione sembrare un'espressione di conforto: dopottutto era un vulcaniano, non un' androide! Lana stava per chiedergli perche' si fosse recato li', ma un particolare attiro' la sua attenzione: il comandante Sasuk era un vulcaniano e aveva le orecchie a punta come ogni vulcaniano, ma le aveva anche lei! Si senti' mancare, il suo volto impallidi' violentemente, cosa che non sfuggi' a Sasuk. «Consigliere si appoggi...» fu quello che lei riusci' a udire prima di cadere nel buio. Immersi ognuno nei propri pensieri Harlock e Yota raggiunsero in silenzio il turboascensore. «Ponte otto.» Detto questo Harlock si volto' verso l'ufficiale medico e chiese: «Crede che il consigliere e la dottoressa Lupescu siano in pericolo di vita?» Yota riflette' un attimo e rispose: «Non posso esserne certo, ma credo che la situazione sia molto seria.» Le porte si aprirono e a entrambi il corridoio sembro' interminabile. «Avanti.» La voce di Sasuk li accolse nell'alloggio del consigliere. Lana era distesa sul letto, priva di conoscenza. Yota le si precipito' accanto e inizio' un'analisi con il tricorder medico che non aveva tralasciato di portare con se'. Rivoltosi verso Sasuk, Harlock chiese: «Cosa e' accaduto?» «Quando sono arrivato il consigliere sembrava molto stanca e confusa, all'improvviso ha perso i sensi. Ritengo che il consigliere abbia compiuto una fusione mentale dopo essere stata aggredita dal mutaforma e che ora essendo venuta meno la sua natura vulcaniana sia sopraffatta dalle sue straordinarie capacita' empatiche. Credo che la prima cosa da fare sia scoprire a chi abbia trasmesso il suo katra.» «Su questo non abbiamo dubbi: la dottoressa Lupescu e' in infermeria, priva di sensi, e manifesta elevati livelli di xiloxilina.» «La xiloxilina e' un neurotrasmettitore legato alla telepatia tipica delle razze empatiche.» approvo' Sasuk. Yota intervenne, aveva finito il suo esame su Lana e la sua espressione era alquanto cupa. «Anche Lana manifesta livelli di xiloxilina decisamente elevati, ha perduto conoscenza in seguito a quello che definirei uno shock neurale.» Harlock si volto' a guardare Lana; gli sembro' cosi' indifesa, il pallore del viso le conferiva un'aria quasi eterea. Capi' che avrebbe fatto qualunque cosa per lei, e non solo perche' come capitano fosse responsabile del benessere dei suoi ufficiali, ma perche' l'amava. «Comandante Sasuk.» «Si' capitano?» «Come possiamo aiutarle?» «Per restituire al consigliere il suo katra e' necessario che si sottoponga al rito del Fal-tor-pan, la Rifusione, rito che puo' essere compiuto solo su Vulcano, nel tempio sacro sul Monte Seleya. E' un rito antichissimo e in secoli di storia e' stato compiuto pochissime volte, sara' necessario informare della cosa la dottoressa Lupescu: lei dovra' essere d'accordo, poiche' il rito non e' privo di rischi. E' tuttavia il solo modo per salvarle entrambe.» Senza alcuna esitazione, Harlock si porto' la mano al comunicatore. «Capitano a plancia.» «Qui Grind, capitano.» «Inserire le coordinate per Vulcano e calcolare il tempo di arrivo a massima velocita' curvatura.» «Per Vulcano?» «Ha sentito gli ordini!» «Si' capitano!» «Io e il comandante Sasuk stiamo tornando in plancia, Harlock chiudo.- poi si rivolse a Yota -Abbia cura della dottoressa Lupescu e del consigliere Roden.» «Faro' tutto il possibile, capitano.» Harlock senti' qualcosa ribollirgli dentro e mentre lasciava l'alloggio del consigliere si chiese se fosse la rabbia per gli ultimi avvenimenti accaduti sull'Arcadia, o non piuttosto qualcosa di piu' personale legata alla donna e al secondo ufficiale medico. --- I dati scorrevano veloci sul pad, ma non abbastanza da non permetterne un'analisi superficiale. Bato blocco' il flusso di dati e guardo' poco convinto il suo sottoposto. «Queste letture sono... come dire... poco consistenti. E' meglio che ripetiate l'ultimo ciclo di esperimenti.» Il guardiamarina in tutta blu accolse l'ordine con un ubbidiente cenno di capo e con un repentino dietro-front rientro' nel laboratorio 2, lasciando cosi' Bato solo sul corridoio. «Comandante...- quasi gli venne un colpo! Sasuk gli era giunto dalle spalle senza il minimo rumore. -...la cercavo.» «Ah, si? A che proposito?» rispose ricomponendosi il bajoriano. «Dobbiamo dirigerci il piu' rapidamente possibile verso Vulcano. Dovrebbe sospendere gli esperimenti del settore scientifico. Abbiamo bisogno della massima potenza in sala macchine.» «Gia'. Sono stato informato di cio' che e' accaduto alla Lupescu. Faro' in modo che McRey possa accendere tutte le sue lucine. Gli esperimenti non sono prioritari e comunque conto di riprenderli appena rientrati nello spazio federale: li' potremo anche fare a meno degli scudi.» «Bene. Ci riaggiorneremo piu' tardi, allora.» «Va verso il turboascensore?» Il vulcaniano impettito e con le mani dietro la schiena annui' impercettibilmente. «Allora l'accompagno.» I due ufficiali presero la via del turboascensore, il silenzio improvvisamente calato. Bato si sentiva a disagio con i vulcaniani: il loro atteggiamento lo spiazzava. Allo stesso tempo, pero', lo incuriosiva parecchio. «Che dice, la Lupescu ce la fara'?» «Non e' in pericolo di vita.» «Intendevo se riuscira' a tornare quella di prima.» «Essenzialmente la dottoressa Lupescu e' quella di prima. Possiede solo delle memorie e delle sensazioni di un'altro essere.» «Ok, va bene, forse non mi sono spiegato bene.- fece Bato con un po' d'irritazione. -Non ha controidicazioni questa cerimonia, no? Dico, non e' che poi uno si trova con la propria memoria sottosopra e...» Sasuk si fermo' e lo guardo' inarcando un sopracciglio. «E' una procedura rischiosa che richiede il consenso dell'individuo la cui mente ospiti il katra, ma nonostante si sia tenuta in rare occasioni, ha sempre dato i suoi risultati senza conseguenze.» «Bene, ho capito.- disse Bato decidendo di rinunciare all'argomento -Almeno sara' contento: si va su Vulcano, il suo pianeta natale.» «La contentezza non e' logica.» «Ah. Pero' potra' rivedere i propri parenti, immagino che un po' le mancheranno.» «Un altro sentimento non logico. La mia operativita' e' slegata dalla presenza delle persone che mi hanno allevato.» «Ah.» «La sua rezione e' normale. Voi bajoriani avete per retaggio razziale un forte senso della famiglia.» «Ah... e senta,- disse cercando di dare un tono meno rigido alla conversazione -e' vero che ogni sette anni accade qualche fattaccio? Non so, un terremoto, una rivoluzione, una invasione da parte dei romulani...» «Sciocca credenza popolare. Il fatto che ogni sette anni accada qualcosa non ha nessuna valenza logica o scientifica.» Bato fece un sospiro di rassegnazione, proprio mentre entravano nel turboascensore. «Vabbene, mi rendo conto. Per curiosita'... quanto tempo fa e' successo l'ultimo fattaccio?» «Sette anni fa, mese piu' mese meno.» e la porta si chiuse sull'inespressivita' di Sasuk e l'incredulita' di Bato. --- «Modello 47-b» Il ronzio del replicatore accennava ad un placido consenso, mentre al suo interno dei lampi di luce lasciavano il posto ad un fagotto di tessuto. Motoko lo prese nervosamente e lo spiego', mentre si avvicinava allo specchio tenendo appoggiato a se il lungo nero vestito di raso, scollato, con tanto di gonna e spacco. Si osservo' per lunghi secondi, girandosi leggermente di profilo. "No, troppo scollato dietro- penso' tra se' e se' -si vedrebbe la fasciatura." Sbuffando getto' l'abito sul letto, sopra una pila di altri vestiti. Indossava solo quello che apparentemente sembrava una specie di costume intero, grigiastro, che copriva tutto l'addome, sembrando quasi una corazza o un robusto esoscheletro. La trill si accarezzo' la rigida superficie dell'indumento "maledetto mutaforme- penso' -e maledetta fasciatura". «Devi tenertela ancora per qualche giorno- nella sua mente riecheggiava la voce del dottore -mi raccomando, se si riapre la ferita devo tenerti in convalescenza qui in infermeria.» e il solo pensiero di una reclusione forzata in infermeria le faceva accettare la rigida fasciatura polisintetica. Si riprese, e comincio' ad ispezionare gli abiti che aveva sul letto, scartandone alcuni e gettandoli a terra. Ne afferro' uno nero, senza maniche; se lo strinse addosso e si rimiro' allo specchio. "Troppo sexy- penso' -e poi senza maniche, potrei avere freddo.- si guardo' la punta dei piedi che uscivano fuori dal vestito -e poi che mi sembra troppo inadatto...» lo getto' verso il letto, ma lo manco'. Passo' poi ad osservare il vestito rosso "Troppo acceso; e poi e' troppo corto..." di colpo si fermo', si sedette sul letto, mettendosi la testa tra le mani. «Ancora non ho il responso- riecheggiarono nuovamente le parole del dottore -non posso sapere se ha sviluppato ulteriori allergie ai farmaci, ne' se le intolleranze che aveva si siano ripresentate.» poso' lo sguardo al mobiletto, ora vuoto, dove una volta conservava dei vecchi cimeli. Sopra vi erano posate una serie di bottigliette, ed un iniettore ipodermico; poco sopra, attaccato alla parete, un opera del terzo periodo astrattista klingon, raffigurante una serie di schizzi di liquidi fosforescenti contornati da una profonda linea violacea. Motoko si alzo' barcollante verso il mobiletto, sempre pensando al dottore «E finche' non conosco le sue possibili reazioni allergiche...- la trill afferro' l'iniettore, ed infilo' una boccetta alla sua base -...non posso usare i farmaci convenzionali...- appoggio' l'iniettore alla spalla -...quindi faccia la brava e si inietti uno di questi una volta al giorno...- un sibilo dall'iniettore -...e mi raccomando, nessuno sforzo, nessuno stress, niente che possa affaticarla, d'accordo?» poso' l'iniettore sul mobiletto. «Ja, mein führer.» disse mentre si voltava di nuovo verso il letto. Prese di nuovo il vestito rosso «Se c'e' una cosa che sopporto meno di questa senzazione di nausea- disse tra se' e se' -e' proprio la mancanza di indipendenza completa... e questi farmaci preistorici...» Si stiro' il vestito sull'addome. «Computer, mostrami sul terminale la tavola 12, modelli di moda Parigina della fine del 21esimo secolo.» Una serie di immagini apparvero sul terminale, dall'altra parte della stanza. Motoko si avvicino', scrutandole, poi, andando verso il replicatore. «Modello 15-a, colore blu notte, lungo». Il ronzio del replicatore ed il passaggio della luce azzurrina indicava che la replicazione era stata eseguita. "Perfetto" penso' mentre lo indossava. Era un vestito lungo fino alla caviglia, che saliva fin sotto le spalle, fasciando il corpo della trill senza far intravedere la fasciatura, pur lasciando scoperti collo e spalle. "Devo solo replicare quel soprabito li', quella specie di coprispalle..." Il fischio alla porta indicava visite, ma la trill scatto' di colpo. Si diede una sistemata al volo ai capelli ed ando' ad aprire la porta. La faccia del bajoriano mostrava visibili segni di sorpresa. Motoko lo guardo' con un leggero stupore, e gli fece segno di entrare. «Non ti sei ancora preparato?» indicando la divisa color blu della sezione scientifica. «Preparato?» la faccia di stupore del comandante non diminui' affatto quando alzo' lo sguardo verso la parete di sfondo ed anziche' le solite armi ad asta vi erano appesi cinque quadri. «Non avevi detto che avevi trovato una riproduzione di quel ristorante parigino?- Nervosamente si diresse verso l'altra parte del suo alloggio, quello riservato alla sala da letto, scomparendo dalla vista del bajoriano -Quello distrutto nel 2190...» «Ah, si', si', ma non credevo ti interessasse...» il bajoriano scettico avvicino' lo sguardo incredulo al terminale, che continuava a mostrare tavole informative sulla moda femminile di quel periodo, prese dall'archivio storico. «Beh, sai, mi sono detta, perche' no?- raccolse una scarpa nera, lucida, ai piedi del letto; scosto' una pila di vestiti poco dissimili tra loro accatastati a fianco al letto -...allora mi sono preparata ed entrare nell'atmosfera giusta...- si chino' a guardare sotto al letto, contraendo la faccia in una leggerissima smorfia di dolore, ed infilo' una mano sotto al letto -...comunque possiamo passare al tuo alloggio, prima, se devi cambiarti.» «Si', si', e' meglio...» rispose quasi senza pensare Bato, mentre spegneva il terminale. «Bene, andiamo, allora, ho fame!- con un sorriso la trill si presento' al comandante -Te no?» Bato non riusci' a trattenere un'espressione incredula "Riesce sempre a stupirmi!", penso'. «Bene, andiamo.» --- Una volta data energia alla sala macchine, la U.S.S. Arcadia era partita in direzione di Vulcano a velocita' curvatura otto punto sette. Superiore alla normale velocita' di crociera, curvatura sei, inferiore alla velocita' massima di crociera, nove punto due, non avrebbe posto sotto stress eccessivo i motori della nave pur raggiungendo Vulcano in tempi rapidi. In plancia, nelle loro poltrone, erano seduti Harlock e Sasuk. Entrambi in silenzio, il secondo aveva la sua solita flemma ed aria impassibile, il primo invece manteneva una espressione austera e corrugata, controllando contemporaneamente i suoi terminali ed il visore principale come se si trovasse ai comandi di uno shuttle in corsa attraverso una cintura di asteroidi in movimento casuale e si attendesse da un momento all'altro un ostacolo da evitare apparire davanti al proprio percorso. Dietro di loro c'era K'Berh, alla sua postazione. Anche lui in silenzio, il klingon non sembrava mostrare insofferenza alla situazione e teneva d'occhio il proprio terminale mentre lanciava cicli di diagnostica per controllare che ogni sistema necessario funzionasse a dovere o fosse pronto ad intervenire. Fresco di manuale, ne approfittava anche per prendere dimestichezza con la tecnologia federale ed i comandi di una nave di classe galaxy. La rapidita' con cui sapeva utilizzare le sue console klingon gli avrebbe fatto comodo in una situazione di emergenza, ed era meglio allenarsi per tempo. Quando comunicarono al capitano che c'era una chiamata per lui da parte del comando della flotta stellare e che l'avrebbe dovuta ricevere nel suo studio, Harlock si alzo' e si diresse verso la sala tattica lasciando la plancia a Sasuk e domandandosi per quale motivo lo stessero contattando. Una volta deciso di dirigere la nave verso Vulcano per curare Lana e la dottoressa Lupescu, l'uomo aveva fatto rapporto alla flotta stellare comunicando tutto il necessario, non gli sembrava di avere dimenticato nulla. Sedutosi alla sua scrivania, accese il terminale e vide il volto di una donna mai vista prima. «Buonasera capitano, sono Michelle LeCrux, del dipartimento relazioni diplomatiche.» disse con una voce piatta. "Relazioni diplomatiche?" penso'. «Buonasera, cosa posso fare per lei?» «Il tenente Anna Monteiro, membro del suo equipaggio, si trova attualmente a bordo della nave klingon Chal Kamei, in uno scambio culturale con... il sergente di vascello K'Berh, giusto?» «Giusto, le e' forse successo qualcosa?» «No,- rispose con la stessa voce piatta di prima -il consiglio dell'Impero ha ordinato alle proprie navi di rientrare nello spazio klingon.» «Siamo in guerra con i klingon?» domando' Harlock augurandosi di venire smentito. «No, ma i progetti di scambio culturale sono stati annullati.» L'uomo si chiese se la donna avrebbe mantenuto la stessa voce piatta anche nel caso ci fosse stata davvero una guerra con i klingon. Neanche fosse stata vulcaniana! «E quindi?» «Mi risulta che lei si stia dirigendo su Vulcano e non possa cambiare rotta. Lo ho comunicato alla mia controparte klingon, presumo ricevera' una comunicazione da parte della sua controparte klingon per mettervi d'accordo sulle modalita' di rientro degli ufficiali. Mi raccomando- aggiunse con la solita voce -eviti di gettare l'equipaggio nel panico: come le ho detto non siamo in guerra con i klingon.» «Ho capito, non si preoccupi...» rispose quasi ironicamente. La preoccupazione avrebbe potuto gettare scompiglio nel suo bel visino piatto come la sua voce. «La saluto.» concluse lei con l'aria di chi stesse per intraprendere una nuova comunicazione su di un'altra nave. Harlock si alzo', si diresse al replicatore e si preparo' qualcosa da bere. Si avvicino' alla finestra che dava sulle stelle e chiamo' l'ufficiale tattico tramite intercom. Quando K'Berh fu entrato, l'uomo si volto' e gli chiese da quanto non avesse notizie di casa. «Sono in contatto regolare con la mia famiglia, capitano.» rispose il klingon. «Come vanno le cose su Qo'Nos?» «In che senso, signore?» «Beh, che aria tira... chi ha vinto l'ultimo derby... che sport fate voi klingon?» «Con tutto rispetto signore... non la seguo.» rispose K'Berh. Appoggiata la tazza sulla scrivania, Harlock si fece piu' chiaro. «Ho appena ricevuto una comunicazione secondo la quale l'Impero ha ordinato a tutte le navi di rientrare nello spazio klingon.» K'Berh rimase in silenzio irrigidendosi. «Mi hanno tuttavia anche detto che non siamo in guerra... ancora.» K'Berh si rilasso' visibilmente. Probabilmente, pensava Harlock, l'idea di una guerra, di scontri, combattimenti tra flotte eccitava i klingon, ma K'Berh si trovava sulla nave sbagliata: su una nave federale. Che fosse stato un sentimento di dispiacere a farlo rilassare o piuttosto una contentezza per il fatto che non avrebbero dovuto scontrarsi l'uno contro l'altro li', dove si trovavano... chi avrebbe potuto dirlo? «Per questo le ho domandato come andassero le cose su Qo'Nos, abbiamo la fortuna di avere notizie di prima mano: cosa pensa succedera' nell'immediato futuro?» «Se l'Alto Consiglio avesse voluto la guerra, a quest'ora staremmo combattendo per la vita, signore. Sono contento che non sia cosi'.» Harlock lascio' andare un po' di austerita' in un tenue sorriso, dopodiche' riprese la discussione. «So che da dopo la guerra con il Dominio si sono formati dei movimenti estremisti all'interno del consiglio. Come li giudica lei?» «Penso sia del tutto normale che si siano formati dopo la guerra, ma non penso abbiano il potere di creare una minaccia alla pace raggiunta.» «Ad ogni modo, e' stato ordinato alle vostre navi di rientrare nel vostro spazio. Mi mettero' in contatto col capitano K'Mel per chiedergli di raggiungerci su Vulcano, li' si riunira' al suo equipaggio.» «Mi dispiace dovermene andare di gia'...» «Beh, torni in plancia a fare allenamento con le nostre consolle, allora... tra poche ore arriveremo a Vulcano, sfrutti il tempo rimasto per carpire piu' segreti possibile alla nostra nave! Potrebbe servirle in futuro.» disse scherzosamente, ma non troppo, l'umano. Dopo un attimo di esitazione, K'Berh rispose a tono: «Chissa' se Goth lascera' fare lo stesso al tenente Monteiro...» «Ne dubito...- sorrise Harlock ripensando al primo ufficiale della Chal'Kamei -ne dubito...» --- Sasuk osservo' il capitano dirigersi verso il suo studio e per un attimo penso' a quale potesse essere il motivo di quella chiamata; non certo per curiosita', anzi da buon vulcaniano non aveva avuto alcuna reazione, il suo viso rimase inespressivo nel suo atteggiamento rilassato, del resto non era un evento straordinario essere contattati dalla flotta, era semplicemente logico che talvolta accadesse. I suoi pensieri erano comunque rivolti ad un'altra questione: l'idea di partecipare al rito del Far-lot-pan lo affascinava, l'aspetto piu' interessante della vicenda era la natura in parte betazoide e in parte vulcaniana del consigliere. Si chiese come avrebbe reagito Lana alla Rifusione, sarebbe riuscita a trovare nuovamente l'equilibrio tra sentimento e ragione? La sua ritrovata logica vulcaniana non sarebbe entrata in conflitto con la sua sensibilita' di empatica? Quanto tempo ci sarebbe voluto perche' lei ritrovasse tutta la sua conoscenza vulcaniana, il suo passato, le sue radici, l'altra sua meta' perduta? Tutto questo era estremamente interessante, un turbinio di pensieri scivolava nella sua mente come un fiume placido e possente, proprio come l'Arcadia scivolava tra le stelle nella sua corsa verso Vulcano. Yota guardava Lana ancora priva di conoscenza, il viso aveva assunto un colorito piu' roseo; i livelli di xiloxilina erano diminuiti, anche se ci sarebbe voluta qualche ora perche' tornassero nella norma. In infermeria la situazione era sotto controllo, se le condizioni della dottoressa Lupescu fossero cambiate lo avrebbero avvertito immediatamente, decise pertanto di aspettare che Lana si riprendesse. Mentre la osservava ne ammiro' i lunghi capelli morbidi e, sebbene quello non fosse il momento adatto, non pote' fare a meno di desiderarla ed essere compiaciuto del fatto che Lana avesse dimostrato lo stesso desiderio. Ora Lana, tuttavia, aveva bisogno di lui come medico e non come amante, i suoi pensieri presero quindi una linea diversa. Non conosceva a fondo i riti vulcaniani, e questo lo turbava un po', era indubbiamente un'esperienza interessante dal punto di vista scientifico, partecipare ad una rifusione vulcaniana non capitava certo tutti i giorni! Stavano vivendo un'esperienza unica, che gli offriva l'occasione di approfondire alcuni aspetti della medicina vulcaniana, per certi versi ancora molto misteriosa, e lui non era insensibile al fascino dell'attuale situazione. Lana si sentiva leggera, le sembrava di volare, il cielo era cosi' azzuro, l'aria fresca e il sole caldo, si sentivano gli uccelli cinguettare e il rumore dell'acqua di una magnifica cascata. Il posto le era familiare, era certa di trovarsi su Betazed. Si sdraio' sull'erba, chiuse gli occhi e respiro' a pieni polmoni, l'aria era cosi' pulita, cosi' profumata, si sentiva felice, in armonia con la natura. Si era quasi addormentata quando senti' qualcuno che la chiamava, apri' gli occhi e cerco' di capire da dove provenisse la voce. «Lana sono qui. Sono vicino a te, Imzadi.» Il sole l'accecava e non riusciva a mettere a fuoco l'ombra che le si avvicinava. Si alzo' in piedi e il cuore prese a batterle forte, allungo' una mano e disse: «Imzadi!». Si senti' come portata dal vento, e si ritrovo' tra le braccia di Derek, cui sussuro': «Imzadi... Derek.» «Apri gli occhi Lana, sono Yota, sono qui con te...» Lana apri' gli occhi, il prato, il cielo, le cascate sfumarono in un attimo. «Cosa e' successo?» «Hai perso i sensi ma ora stai bene, cerca di rilassarti» la voce di Yota era dolce e gentile. Lana si sentiva confusa, aveva la sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante, senti' come un vuoto, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in quella situazione. Yota si porto' la mano al comunicatore. «Yota a capitano.» «Dica pure dottore.» «Il consigliere Roden ha ripreso conoscenza.» «Saro' li' tra qualche minuto. Harlock chiudo.» Yota si avvicino' a Lana e con efficienza e professionalita' prese il tricorder medico per fare un'analisi prima dell'arrivo del capitano. Lana percepi' un senso di disagio, Yota sembrava turbato, preferi' pero' non dire nulla, chiuse gli occhi e cerco' di rilassarsi. I pensieri di Yota erano pero' lontani dai dati rilevati dal tricorder, pensava a quello che aveva detto Lana "Imzadi... Derek". Il capitano Harlock! Una sorta di malessere sottile lo assali', chiuse un istante gli occhi e cerco' di concentrarsi su quello che stava facendo. Si chiese a cosa fosse dovuta la sua reazione. Orgoglio maschile ferito? Gelosia? Sorrise a se' stesso per quei pensieri, Lana gli piaceva molto, ma il suo era un interesse decisamente fisico. Come medico era preoccupato sia per Lana che per Ransie, ma come uomo non poteva fare a meno di desiderare di trovarsi nel letto di Lana. Con disappunto penso' che forse non fosse il solo. Lasciata la plancia a Grind, Sasuk ed Harlock si diressero verso l'alloggio del consigliere. Le porte del turboascensore si aprirono e i due ufficiali si ritrovarono sul ponte otto. «Come intende procedere capitano?» chiese Sasuk. «Credo che la cosa migliore da fare sia di informare sia il consigliere che la dottoressa di quanto sta accadendo e di prepararle al nostro arrivo su Vulcano.» «Una decisione logica, se vuole posso occuparmene io.» Cosi' dicendo arrivarono all'alloggio del consigliere. «Avanti.» Lana era ancora distesa sul letto, apri' gli occhi al suono del campanello. «Consigliere si sente bene?» «Si' capitano.» «I livelli di xiloxilina sono diminuiti e tra breve torneranno normali, le condizioni generali del consigliere sono buone.» «Molto bene dottore, vorremmo spiegare a Lana quello che sta accadendo, torni in infermeria e mi avverta quando potremo parlare con la dottoressa Lupescu.» «Come vuole capitano!» Suo malgrado Yota si rivolse ad Harlock con tono gelido, cosa che non sfuggi all'uomo, che pero' si chiese se non fosse solo una sua impressione. Yota sorrise a Lana, e rivolto ad Harlock disse: «Ritengo che anche la dottoressa Lupescu si riprendera' tra breve, la terro' informato.» Il suo tono risulto' calmo come al solito e Derek penso' che aveva sicuramente immaginato il suo tono gelido di poco prima. «Molto bene dottor Tofu.» Yota usci' dalla stanza, lasciando Harlock e Sasuk al difficile compito di parlare con Lana. --- La sala macchina fremeva di attivita' sotto la direzione di Peter McRey. Dopo l'incidente con il mutaforma ed i suoi carcerieri robotici, il capo ingegnere aveva sottoposto la sala motori ad una accurata analisi per rilevare eventuali malfunzionamenti; da quando poi gli era stato ordinato di dirigersi a Vulcano alla massima velocita' che la nave potesse reggere senza mettere sotto eccessivo sforzo i motori, aveva intensificato i turni di lavoro di tutto il suo staff e fatto qualche altra analisi. Non credeva ci fosse bisogno di tutti quei controlli, ma del resto non aveva altro da fare: il capitano aveva declinato l'appuntamento sul ponte ologrammi e si era chiuso in se stesso, la bella Motoko era a letto convalescente, e qualora non fosse stata a letto sarebbe comunque stata convalescente... e con i malati non ci si prova, era una delle regole che McRey si era dato nei riguardi della "caccia". Piu' inconsciamente, forse, il fare analisi e stare a contatto con la sala macchine lo aiutava a ribadire che fosse casa sua, e non "l'ostello della gioventu' di qualche androide maleducato." «Oh no, ancora?» mugugno' spazientito un ufficiale in divisa senape quando McRey ordino' a voce alta un nuovo ciclo diagnostico sui condotti ausiliari nel flusso del plasma di alimentazione del reattore. «Prego?- McRey, dall'udito fino, si volto' verso l'uomo e gli si avvicino', scrutandolo dai suoi quasi due metri di altezza -Ha detto qualcosa?» «Beh... si' signore!- rispose l'uomo guardandolo negli occhi -Non per mettere in dubbio i suoi ordini, non mi permetterei mai, ma abbiamo gia' fatto questo controllo ben... sedici volte.» concluse con un'espressione indicativa del fatto che ritenesse un po' esagerato il continuo fare analisi su analisi. «Sedici ha detto? Ah pero'... allora facciamo anche la diciassettesima e la diciottesima, cosi' ci leviamo di torno pure un numero che porta sfortuna. Al lavoro, e muoversi!» fece Peter alzando la voce in modo che lo sentissero tutti e si mettessero subito al lavoro: "quando il gatto non c'e', i topi ballano, ma quando il gatto c'e', i topi devono lavorare!" pensava scherzosamente del suo reparto. --- Le note scorrevano dolcemente nell'aria, tenui e soffuse, coprendo in parte sommessi bisbiglii provenienti dai vari tavoli. Il locale era pieno solo per meta', la luce soffusa delle candele ai tavoli e sul candelabro ed i drappi colorati alle pareti fornivano un particolare gioco di luci ed ombre sulle pareti, allo stesso tempo facendo sembrare sconfinato ma limitato il locale. Dalla finestra si vedevano Les Champs Elysees, l'Arc de Trionfe ed in lontananza la Tour Eiffel, dietro alla quale si stagliava la piena faccia bianca della luna. Una sottile brezza carezzava delicatamente il tavolo ed i capelli di Motoko e faceva ondeggiare la candela, come se danzasse sulle note della canzone. Bato, impeccabile in un abito blu scuro, stava pasteggiando il vino, mentre faceva ondeggiare il bicchiere mezzo pieno davanti a se. Motoko rimirava il paesaggio dalla balconata, col gomito sinistro posato sul tavolo ed il mento adagiato sopra, mostrando solo il profilo al suo commensale. «Allora, Comandante, piaciuta la cena?» dise la trill alzando la testa e voltandosi verso il bajoriano. «Si', devo dire che non mi aspettavo di mangiare escargot; mi hanno colpito.» «Ma come- replico' abbassando leggermente lo sguardo, mentre colla forchetta spostava alcuni resti nel piatto -non mi dire che non sapevi fossero lumache...» «Si, certo, lo sapevo- con fare saccente Bato bevve l'ultimo sorso di vino, poi poso' il bicchiere -pero' so anche che dal 2075 e' diventato illegale mangiarle per motivi ambientalistici.» «Va beh- rispose lievemente rattristita la trill -una piccola imprecisione...» «Si', certo- disse quasi a mezza bocca -molto piu' piccola... molto piccola.» «‘Piu'' piccola? Di cosa?» «Ma no, niente di particolare.» il bajoriano cercava di coprire il suo lapsus. «No, no...- la trill rialzo' lo sguardo con fare tra l'accusatorio e lo scherzoso -ora mi dici quali altre imprecisioni ci ritrovi.» «Va bene, l'hai voluta te... Innanzitutto la musica, molto da olomovie di qualche secolo fa; l'illuminazione delle candele e' troppo alta in certi punti e bassa in altri, troppe luci ed ombre, sono innaturali. Poi c'e' la visione della citta'; la Tour Eiffel non dovrebbe stare li davanti, ma spostata sulla destra, mentre da li' si dovrebbe vedere l'obelisco e dietro la piramide del Louvre. E la luna e' troppo grande, sara' almeno il 150-200%. Se fosse stata davvero cosi' grande...» si interruppe, forse notando l'aria leggermente incupita della trill, mentre colla forchetta raschiava il piatto come per spostare i resti della cena. «Insomma, poco realistico...- riprese il bajoriano -ma tutto cio'gli conferisce un aspetto... particolare...- la trill rialzo' lo sguardo nascondendo a stento degli occhi da cerbiatta -diciamo, piu' romantico...» «E cio' e' male, comandante?» «Non intendo dire questo. Solo che e' strano... e' strano considerando che l'hai programmata te, questa cena e questa sala...» «Cosa intendi dire?» Con fare quasi inquisitorio, posando entrambi i gomiti sul tavolo, e la testa sopra le dita delle mani incrociate tra loro. «Beh, io mi sarei aspettato una qualche bettola Klingon- il bajoriano sorrise leggermente -o uno di quei locali di San Francisco di bell'aspetto ma poco per turisti; o al massimo un qualche bar di Kessell o di Bregadar III...» «‘Bettola klingon‘? Do' forse quest'impressione?» replico' quasi fingendo di essere indispettita, mentre alzava la testa dal trono di mani dove si trovava, posando le stesse sul tavolo, mentre colla coda dell'occhio osservava il cameriere avvicinarsi per togliere i piatti. «Beh... hai sempre mostrato un certo 'interesse' verso la cultura klingon...- continuando a sorridere -ed anche un certo modo... diciamo... 'impulsivo'... di comportarti.» «Non piu' ora- rispose seccamente la trill -non piu'...» «Si', stavo notando...» «Ti dispiace?» aggiunse seccamente Motoko, non senza acido nella frase. «Mai detto questo, anzi...- pacatamente replico' Bato -tuttavia mi stupisce; mi colpisce... positivamente, intendo...» Motoko aveva incosciamente allungato il braccio sul tavolo, portando la mano quasi verso Bato, che con un movimento felpato vi stava posando sopra la sua mano. Lei lo fissava intensamente negli occhi, come rapita dalle sue parole, come se qualcosa di strano, di magico, stesse accadendo... di colpo alzo' la testa, si porto' quasi di scatto la mano sulla fronte, strabuzzando gli occhi, e poi strizzandoli nervosamente, mentre con l'altra andava a cercare qualcosa, lungo la sedia. «Va tutto bene?» chiese Bato con fare preoccupato. «Si', si'...- cercando nervosamente qualcosa lungo la sedia -il dottore mi ha imposto alcuni tipi di medicine non propriamente 'moderne'; ma va tutto bene, ho l'ipospray nella borsetta... ma dov'e' andata a finire?» «Quale borsetta?» «Quella che avevo con me...» come accorgendosi di qualcosa di strano. «Non avevi nessuna borsetta con te...» Motoko sgrano' gli occhi «Ne sei sicuro?» «Certo. Se vuoi, ti riaccompagno al tuo alloggio, cosi' la andiamo a prendere...» «Non si preoccupi... vado da sola; so tornare a casa, sai?- con un luminoso ma forzato sorriso -intanto perche' non risistemi le cose qui, in modo che possiamo andare a farci una passeggiata appena torno? Magari lungo la Senna...» e cosi' facendo si alzo' velocemente dalla sedia, e poi per contraccolpo quasi si accascio' a terra, appoggiandosi di scatto al tavolo che per poco non si ribalto'. «Non se ne parla nemmeno!- rispose impetuoso Bato -ti riaccompagno, non riesci nemmeno a stare in piedi!» «Sto bene!- scatto' irosa la trill; poi si riprese un attimo e, con voce calma disse: -Forse e' meglio se mi riaccompagni... comandante...» Bato le si avvicino', portandole un braccio attorno alle spalle; la trill dapprima si ritiro' in piedi, poi gentilmente tolse il braccio, «Mi gira solo un po' la testa, non sono mica sbronza...» sorrise debolmente, mentre prese sotto braccio il bajoriano. «Bene, si appoggi a me cosi', allora, e non si faccia problemi, la sorreggero'...» questo le parve che disse il comandante, ma Motoko non ne era sicura; il giramento di testa stava lentamente aumentando, e la sua mente era piena di frasi del tipo "idiota", "proprio adesso doveva succedere", "Yota ti uccidero', prima o poi" e "maledette complicazioni mediche trill... sempre nei momenti meno opportuni". Cosi', mentre malediceva se stessa e le cure 'preistoriche', come amava definirle, a cui si stava sottoponendo, Motoko usci' dalla sala ologrammi, appoggiata al braccio del tenente comandante Bato Ronek. --- Lana non sapeva come avrebbe dovuto sentirsi. Non aveva dubbi che quanto le avevano appena detto il capitano e il primo ufficiale fosse la verita': lei era in parte vulcaniana, ma cio' che di lei era vulcaniano lo aveva perduto dopo aver compiuto una fusione mentale credendo di essere prossima alla morte. Le sembrava comunque tutto cosi' incredibile. Non avendo alcun ricordo vulcaniano le era molto difficile comprendere concetti come Katra o Rifusione. Si sentiva comunque molto meglio e soprattutto piu' tranquilla, la dottoressa Lupescu aveva ripreso conoscenza e il capitano aveva lasciato il suo alloggio per andare, con Sasuk, in infermeria. Derek era stato molto gentile, prima di lasciarla le disse di riposare e di avere fiducia, presto tutto si sarebbe risolto. Non aveva pero' alcuna voglia di starsene nel suo alloggio, decise pertanto di andare in infermeria anche lei per assicurarsi che Ransie stesse bene, poi sarebbe andata in plancia, poteva anche aver perso il suo lato vulcaniano, ma era e rimaneva un ufficiale della flotta e un membro dell'equipaggio, il suo posto era in plancia; mentre lasciava il suo alloggio per recarsi in infermeria si chiese se Derek sarebbe stato d'accordo, sperava che lui comprendesse che lei aveva bisogno di sentirsi utile, sperava che lui avesse fiducia nella sua capacita' di affrontare l'insolita situazione che stavano vivendo. --- A volte le sembrava quasi che il comandante le stesse dicendo delle frasi, ma il suo giramento di testa stava oramai raggiungendo livelli inauditi, e non riusciva nemmeno tanto bene a camminare. Cosi', intorpiditia ed intontita, immersa nei suoi pensieri, raggiunse il turbo ascensore, dove, poggiandosi alla parete comincio' ad affievolirsi. Dopo qualche secondo che sembro' durare un eternita' il turboascensore si blocco'; Motoko aveva cominciato a riprendere almeno le funzioni basilari del movimento e, senza dire una parola, si stiro' leggermente il vestito ed afferro' il braccio di Bato, continuando a camminare verso il suo alloggio. «Nonostante tutto, sono stata bene; tu no?» riusci' finalmente a dire qualcosa, sebbene nella sua testa vagassero una miriade di pensieri e di recriminazioni su cio' che avrebbe dovuto dire e quando e cosa avrebbe dovuto fare, ma non aveva fatto. «Si'- rispose con fare rassicurante -e non preoccuparti, sei ancora debole...» «Tenente, come sta?» la voce di McRey sembro' quasi tuonare alle orecchie di Motoko, che volto' di scatto la testa, prima rivolta verso il suo accompagnatore, guardando il capo tecnico nella sua divisa giallo senape davanti alla porta del suo alloggio. «Peter... comandante McRey... cosa...» biascico' Motoko. «Si sta rimettendo, ma e' ancora convalescente.» la voce di Bato aveva piu' o meno lo stesso tono di poco prima, ma sembrava come diversa alle orecchie ovattate di Motoko. «Ed io che ero venuto a trovarla...- aggiunse sorridendo McRey -pensavo di trovarla a letto, ma temo che il dottore la dovra' incatenare per tenercela, eh?» «Eh?... si'... gia'... mi scusi... Peter... comandante...» Motoko si sentiva strana, stranamente confusa e preoccupata, si slancio' verso la porta, cercando di non barcollare ed appoggiandosi allo stipite, mentre la porta si apriva; cercando di non dare nell'occhio, di essere piu' naturale possibile, si incammino' verso il divano, prendendo la borsa dal tavolino. Tra se' e se' pensava di aver fatto una figura barbina con l'ingegnere capo ma quando si volto' noto' che questi non stava fissando lei, bensi' il suo accompagnatore, forse notando appena lo sguardo indispettito che l'umano gli lanciava, o forse esageratamente distorcendo quello che era solo uno sguardo di stupore di fronte ad un abito cosi' 'anomalo'. Afferro' l'ipospray ed una boccetta di liquido polivitaminico verdastro, quella da prendere una volta ogni due ore, ma la boccetta cadde dalla borsetta, scivolando sul tavolinetto. I nervi di Motoko scattarono fulminei, come sempre, ed afferro' al volo la boccetta mentre rimbalzava sul bordo del tavolino, sempre ossevrando con la coda dell'occhio i due... e mentre le porte della stanza si richiudevano, una nebbia calo' di colpo sui suoi occhi, le gambe cedettero e si accascio' supina sul pavimento. --- «Allora, dottore? Tutto a posto?» chiese Bato. «Assolutamente. Giusto un lieve calo delle funzioni fisiologiche. Un mancamento, niente di piu'. Non c'era neanche bisogno di portare il tenente in infermeria.» rispose Yota guardando divertito l'abito da sera che il bajoriano ancora indossava. «Beh, per la miseria! Ci e' preso un colpo. E portarla in due qui e' stato un gioco da ragazzi.» giustifico' McRey. «Comunque, io sto bene. E credo proprio che me ne andro' di filato a letto nel mio alloggio.» disse la trill distesa sul lettino. Fece per alzarsi ma Yota interpose una mano per lasciarla giu'. «A-ah. Non subito. Stia calma per almeno dieci minuti. I suoi cavalieri non credo avranno problemi ad aspettare.» «Ma noi, veramente, pensavamo di fare una capatina al bar di prora per un paio di giri. Se non ci sono problemi...» disse McRey, spiazzando Bato che fino a quelo momento, con una mano appoggiata dietro la nuca, sembrava perso nei suoi pensieri. «Uh? Eh? Al bar?...» «Ok. Faro' riaccompagnare il tenente da un'infermiera.» concluse Yota. «Sentito Bato? Muoviamoci.» Si congedarono dal tenente Kusanagi e da Yota e lasciarono l'infermeria. --- Con fermezza Lana percorreva i corridoi della nave per raggiunge l'infermeria, mentre cercava di ricostruire gli avvenimenti degli ultimi giorni. Si soffermo' soprattutto a riflettere sul suo rapporto con Derek. Ricordo' di averlo chiamato Imzadi, e di aver provato una forte attrazione per lui, si rese conto anche che era sentimentalmente coinvolta da lui; si stupi' di averlo chiamato Imzadi, termine che per un betazoide significa un'unione perfetta con un' altro essere. Doveva esserci un motivo! Si poteva amare qualcuno senza ricordare nulla di questo amore? Forse il suo comportamento era il risultato della fusione mentale, aver perso il suo equilibrio vulcaniano aveva probabilmente accentuato i suoi sentimenti. Una domanda piu' di tutte la turbava: i suoi sentimenti per Derek sarebbero cambiati dopo la rifusione? Aver perso la sua meta' vulcaniana poteva davvero aver cosi' tanto sconvolto la sua meta' betazoide, al punto da ritenere Derek il suo Imzadi senza che lei lo amasse? Mentre si apprestava ad entrare in infermeria si chiese cosa provasse Derek per lei. «Consigliere!» Tofu le ando' incontro sorridendole. «Sono venuta per sapere come sta la dottoressa Lupescu.» «Come puoi vedere tu stessa sta bene.» Ransie era in piedi accanto a un lettino e sembrava davvero stare bene. «Lana sei stata gentile a venire.» disse la donna come se non fosse successo nulla. «Era il minimo che potessi fare, mi sento responsabile; volevo che sapessi che mi dispiace averti coinvolta in questa situazione. Immagino che il capitano ti abbia spiegato come stanno le cose.» «Si', poco fa. Lana non sono un'esperta in riti vulcaniani, ma so che la scelta della persona a cui affidare il Katra non e' casuale, hai condiviso con me i tuoi pensieri piu' intimi, tutta la tua conoscenza e io apprezzo la fiducia e la stima che mi hai dimostrato.» Lana rimase molto colpita dalle parole di Ransie, parole che non si attendeva. Sentiva la sincerita' dei suoi sentimenti di amicizia, era davvero una donna straordinaria. «... ti... ti ringrazio Ransie.» disse dopo un momento di titubanza. Le due donne si guardarono e scoppiarono entrambe a ridere, senza un motivo apparente. La tensione delle ultime ore, i dubbi, le incertezze, sembrarono sciogliersi, entrambe avevano fiducia che tutto si sarebbe risolto bene. Mentre Tofu le guardava con aria interrogativa, Lana si diresse verso l'uscita e sorridente si reco' in plancia. --- «Capitano con il suo permesso vorrei riprendere il mio posto in plancia.» Harlock la osservo' per alcuni istanti che a lei sembrarono un'eternita'. Stava per chiederle se fosse certa di sentirsi bene, se non fosse meglio che riposasse sino al loro arrivo su Vulcano, ma qualcosa nello sguardo di lei gli disse che se non fosse stata piu' che convinta di stare bene non si sarebbe recata in plancia. «Permesso accordato.» Lana si sedette sulla sua poltrona, sollevata del fatto che il capitano non avesse mosso obiezioni. Era indubbiamente una dimostrazione di fiducia da parte sua, fiducia che lei non avrebbe tradito, di questo era sicura. Le stelle scivolavano veloci e lei senti' una forte emozione pensando che presto sarebbero giunti su Vulcano, mondo a cui sarebbe tornata presto ad appartenere. --- La mente era libera, al di la' dei limiti della materia, raggiungendo un livello di percezione tale che la lampada sembrava scindersi nei propri atomi quasi a superare il suo stato subatomico. Caddero i confini della stanza, la luce aumento' d'intensita', ed il suo corpo parve fondersi con essa. Scenari straordinari si aprirono, Vulcano era cosi' maestoso con i suoi crateri e le cime frastagliate, con l'immutabilita' del suo cielo infuocato. Armonia ed equilibrio erano i soli dominatori. La sua era una mente potente, tra le piu' brillanti di Vulcano, ammirata dalla Federazione, temuta dall'Impero Romulano. Apri' i suoi occhi scuri e inespressivi e fisso' la lampada della meditazione posta sul tavolo di fronte a se'; era molto antica, appartenente alla sua famiglia da generazioni, immutabile nel tempo, da essa traeva ispirazione e forza. La fiamma era intensa, oscillava nell'aria con armonia dando luogo a calde sfumature che si proiettavano lungo i contorni della stanza. La sua tecnica di meditazione aveva raggiunto la perfezione. Freddo, distaccato, devoto alla logica come unico dogma di vita. L'ambasciatore Matok incarnava senza dubbio il Vulcaniano per eccellenza! Era un ottimo ambasciatore, un elemento prezioso per la federazione e gli equilibri di potere del quadrante. Aveva dedicato molti dei suoi anni alla ricerca di un modo per riunire i vulcaniani ai loro fratelli romulani, come l'ambasciatore Spock anch'egli credeva profondamente in questa causa. Si rilasso' sulla poltrona su cui era seduto, e incrocio' le dita delle mani in quella che era una tipica posa vulcaniana, con noncuranza si soffermo' ad osservare il suo studio. L'arredamento era semplice ma essenziale, senza decori particolari, in classico gusto vulcaniano; riflette' su quanti anni avesse la casa, appartenente alla sua famiglia da secoli, proprio come la lampada. Vi si recava ogni volta che tornava su Vulcano, non certo per nostalgia, ma per quel senso di profondo attaccamento alle tradizioni che i vulcaniani nutrivano. Era giunto sul pianeta da meno di un mese dopo un periodo passato su Romulus in incognito. La settimana successiva si sarebbe recato su Betazed, dove lo attendeva sua moglie, anch'essa di ritorno da un viaggio diplomatico. Chandra Roden era una donna estremamente intelligente, colta, affascinante, forse la sola persona che nella sua vita avesse in un certo senso "scosso" i suoi sensi. Il loro era un rapporto conflittuale, in tanti anni non avevano saputo trovare l'equilibrio giusto tra l'emotivita' di lei e la logica di lui, ma era stato proprio questo a mantere viva la loro unione. Un suono attiro' la sua attenzione, inarco' con disappunto un sopracciglio e con indifferenza si accinse ad ascoltare il messaggio in arrivo. --- "Diario personale del consigliere Lana Roden - Data stellate 57389.205: dall'archivio storico della nave ho potuto esaminare alcuni casi di rifusione vulcaniana, uno in particolare ha attirato la mia attenzione: la vicenda del comandante Spock. Morto per salvare la sua nave, era tornato alla vita sul pianeta Genesi ed i suoi compagni, il suo capitano e amico, avevano messo in gioco le loro carriere, la loro stessa vita, per salvarlo. Tutto questo mi porta ad una inevitabile conclusione: seppure i vulcaniani rinneghino emozioni e sentimenti, e' indubbio che ne provochino di profondi nelle altre specie, in particolare negli umani. Logici per natura, anzi per scelta evolutiva, i vulcaniani non sono pero' insensibili a sentimenti di amore o di amicizia. Non posso fare a meno di chiedermi se dopo la rifusione i sentimenti che provo adesso cambieranno, se cio' che sono e sento come betazoide, potra' rimanere lo stesso come vulcaniana." --- Dopo avere ricevuto il rapporto del capitano Harlock, il comando di flotta si affretto' ad informare le autorita' di Vulcano ed ora l'ambasciatore Matok stava facendo l'unica cosa logica: andare al Monte Seleya. Quale che fosse il suo stato d'animo era impossibile dirlo, non aveva mostrato alcuna reazione di fronte al resoconto degli avvenimenti che avevano quasi ucciso sua figlia, sarebbe stato illogico lasciarsi andare a sentimenti di apprensione o angoscia. L'Arcadia sarebbe arrivata entro poche ore, forse meno, e lui decise che non era logico perdere del tempo prezioso, visto che di tempo a Lana forse ne restava ben poco. Se avesse guardato in profondita' dentro di se', come aveva guardato la fiamma della meditazione, vi avrebbe trovato la stessa luce, vi avrebbe scoperto frustrazione e angoscia sepolti nelle tenebre del suo gelido cuore vulcaniano. Come padre il suo compito sarebbe stato di chiedere, a nome della sua famiglia, la rifusione per Lana. Affascinato da sempre da tale rito in quel momento si accorse che quel suo interesse andava scemando per lasciare il posto a un senso di disagio, sensazione tanto insolita quanto illogica penso'; la nascita di Lana non aveva provocato in lui alcuna emozione, poteva provarne all'idea della sua morte? La risposta lo attendeva al tempio sacro, senza indugiare oltre si appresto' ad organizzare la partenza per il monte Seleya. --- Il bar di prora era quasi deserto. Ormai si era a ciclo notturno inoltrato. Cio' fece risaltare ancora di piu' l'abito da sera di Bato e in un attimo tutti i pochi occhi del locale furono puntati su di lui. Solo un piccolo capannello di gente comprendente il barista adiacente al bancone non si accorse di lui. Bato si sedette ad uno dei tavoli piu' vicini alle finestre, rassegnato all'idea di dover dare spiegazioni sulla sua serata in nero a tutta la sezione scientifica l'indomani. Fuori le stelle sfilavano ai lati della nave ad una imprecisata velocita' di curvatura. McRey scelse il posto di fronte al bajoriano. «Che disdetta, vero?» «Cosa?» rispose Bato con un'espressione interrogativa sul volto mentre giocherellava sul tavolo con le proprie mani. «Che il tenente si sia sentita male...» «Gia', gia'.» «... non ti ha permesso di concludere...» Bato guardo' sorpreso l'irlandese. Per lui McRey era l'ufficiale, ma sarebbe stato meglio dire la persona, con la quale aveva confronto piu' diretto sulla nave. Avevano sempre parlato schiettamente dei piu' vari argomenti, e tra questi anche di donne, ed era la prima volta che lo vedeva rivolgersi a lui con fare malizioso. Normalmente gli avrebbe dato una pacca sulla spalla e l'avrebbe definito "marpione bajoriano", qualunque cosa 'marpione' volesse dire. Che diavolo significava ora quel tono e quell'espressione? A pensarci bene, Bato rimugino' tenendo lo sguardo fisso verso il suo interlocutore, anche prima, prima che si sentisse Motoko cadere al suolo, rimase interdetto dallo sguardo che gli aveva offerto il capo-tecnico. Lo sguardo di uno che avesse sorpreso un bambino a rubare l'hasperat dalla credenza. «Ma no... ci teneva a farmi vedere questa simulazione che aveva programmato...» «Il tenente Kusanagi ha programmato una simulazione in cui si usano vestiti come quello?» «Sono stupito quanto te. Piuttosto, perche' ti interessa cosi' tanto la cosa?» e questa volta ci mise lui un po' di malizia canzonatoria nella voce. «Ehi!- reagi' bruscamente McRey -Ero solo preoccupato per la sua salute.» «Certo certo. Di' un po' Pete, non e' che invece te...» «Io?» «... no, dico. Pensi di...» «... di fare cosa?» «Andare a prendere qualcosa da bere. Non dovevamo farci un giro?» «Giusto! Vado vado. Il solito?» «Il solito.» Bato penso' fosse meglio non calcare la mano. Non aveva mai visto cosi' l'irlandese ed inoltre stava facendo troppo il vago sulle sue allusioni. Non l'aveva mai visto cosi' abbottonato. Rivolse un'altra volta il suo sguardo alle immensita' dello spazio. Non molto dopo le stelle si fermarono e Vulcano divento' il protagonista assoluto della scena. --- Una volta entrati nell'orbita del pianeta natale di Sasuk, la U.S.S. Arcadia si era inserita in una rotta geostazionaria in cui sarebbe rimasta per due settimane. Harlock, nel suo rapporto alla flotta, aveva richiesto di poter rimanere su Vulcano per una quindicina di giorni in modo da facilitare la convalescenza di Lana dopo il rito del Fal-tor-pan: quale posto migliore per recuperare la sua 'vulcanita''? In questa ottica, il capitano aveva concesso all'equipaggio la libera uscita, purche' la nave fosse in condizione di poter ripartire in qualsiasi momento, per ogni evenienza. Di questo si era occupato Sasuk, stabilendo dei turni che garantissero a tutti una sorta di licenza, ma non invalidassero l'efficienza della nave. Aperto un canale di comunicazione visiva con l'ambasciata di Vulcano, l'equipaggio si era trovato di fronte ad una persona sconosciuta. Freddo ed inespressivo come ogni vulcaniano, Matok aveva salutato la propria figlia, Lana, che al vederlo era trasalita visibilmente: il trauma subito non le aveva certo fatto dimenticare suo padre o la sua famiglia, ma trovarselo davanti mentre li avvisava di avere gia' organizzato il necessario per il rito sul Monte Seleya l'aveva scossa. Approfittando del fatto che l'arrivo della Chal Kamei, nave a bordo della quale si trovava il tenente Anna Monteiro, era previsto non prima di tredici ore, ed allo stesso modo il Monte Seleya si trovava nell'emisfero buio di Vulcano, Harlock saluto' Matok e gli disse che lo avrebbero incontrato il 'mattino' seguente. Accostatosi poi a Lana, le domando' come si sentisse. «Sto bene, grazie.» La betazoide rivolse un sorriso al suo capitano, poi, percependo la preoccupazione di tutti gli altri ufficiali presenti in plancia, regalo' anche a loro un sorriso per rincuorarli. «Torni nel suo alloggio, consigliere, credo domani sara' una giornata intensa.» «Va bene, a domani allora.» Quando la donna fu uscita dalla plancia, Sasuk si avvicino' al capitano e gli suggeri' di ritirarsi anch'egli nel suo alloggio per riposare e recuperare le forze che aveva messo a dura prova con i suoi turni continuativi in plancia: gli avvenimenti degli ultimi tempi avevano infatti spinto Harlock a raddoppiare le sue ore di servizio, ed il vulcaniano non escludeva che un po' di riposo avrebbe giovato al suo stato fisico, a quello psichico e probabilmente anche al suo umore. Mentre parte dell'equipaggio scendeva quindi sul pianeta con l'ottica di ammirarne il panorama, Harlock si ritiro' nel suo alloggio per una notte di sonno. La prima volta che era salito a bordo di una classe galaxy si era trattato di una esercitazione ai tempi dell'accademia e si era subito innamorato di quel genere di nave. A quei tempi la galaxy era uno degli ultimi modelli sfornati dai cantieri di Utopia Planitia e se Derek fosse riuscito a diplomarsi col massimo dei voti avrebbe avuto la possibilita' di scegliere lui su che nave prestare servizio: non aveva dubbi, avrebbe scelto sicuramente una classe galaxy ed in particolare la U.S.S. Argo, la nave dell'esercitazione. Non appena aveva incontrato il capitano Avatar assieme altri cadetti aveva visto nei suoi occhi una luce particolare, una luce che aveva fatto nascere dentro di lui un forte senso di stima e rispetto. Sentiva di avere trovato una sorta di mentore, un uomo che sarebbe potuto essere un ottimo maestro a bordo della nave. Forse era anche la barba bianca a dare un senso di sicurezza e di conoscenza millenaria, sta di fatto che Avatar aveva avuto lo stesso effetto su quasi tutti i cadetti della classe '73. Era riuscito ad imbarcarsi a bordo dell'Argo seguendo il suo sogno e si trovava molto bene con il resto dell'equipaggio. La sua mansione attuale era di timoniere, il gradino piu' basso nel reparto di comando, ma a lui piaceva come gli piaceva pilotare le navette. Certo, una galaxy era una navetta un po' piu' grande del normale e avrebbe dovuto stare attento a non ‘graffiare la fiancata' con una manovra spericolata... anche perche' quanto sarebbe venuto a costare il ricambio? Ridendo e scherzando al bar di prora con i suoi nuovi compagni di viaggio, Derek non si accorse di una sconosciuta che proveniva in senso opposto al suo se non all'ultimo momento e quasi rischiarono di scontrarsi e rovesciare i propri piatti. Si volto' di scatto e muovendosi rapidamente di lato la evito', non mancando ovviamente di suscitare l'ilarita' generale dei suoi amici. La ragazza aveva i capelli biondi e lunghi, ma quando Derek si volto' per guardarla, le arrivavano appena alle spalle. «Nova!» Derek pronuncio' il suo nome istintivamente e a voce alta, come ritrovando un'amica persa da tempo. «Si' Derek? Ti sento benissimo, non serve che tu strilli tanto!» replico' sorridendo lei. «Io...» Sembrava che si trovasse di fronte ad un quadro di un bravissimo artista, tanto sembrava star contemplando la giovane umana che gli sorrideva. Lei continuava a guardarlo divertita, domandandosi cosa ci fosse di strano oggi nella sua pettinatura per fargli sgranare gli occhi in quel modo, ma lui non riusciva a spiegarlo. Rimaneva in silenzio, mentre un sorriso si sostituiva alla incredulita' sul suo volto. «Mi guardi come se non mi fossi pettinata!» «Io non mi aspettavo di trovarti qui, come stai?» «Che significa come sto? Me l'hai chiesto stamattina quando ci siamo incontrati, cosa puo' essere cambiato?» Derek cerco' di ricordare quando si fossero incontrati, ed in quel momento si aprirono le porte del turbo ascensore. «Su, non vorrai mica far attendere il capitano?» Lei usci' e, dette queste parole, le porte dell'ascensore si chiusero tra loro due, mentre Harlock veniva risucchiato verso... il ponte dodici! Qualcuno aveva richiamato l'ascensore dall'infermieria! Tento' di fermare la corsa, ma sembrava che il computer non volesse ascoltarlo. Quando la corsa fu terminata, Derek si trovo' di fronte Ai' Rolek, l'addetto al bar di prora. «Stai attento...» «Eh?» mugugno' corrugando la fronte. «Devi sempre stare attento, devi sempre essere vigile o sara' la fine.» lo sguardo del vecchio bajoriano era perso nel vuoto. «Ai', ti ci metti anche tu ora? Mi aspetta il capitano! Tu hai uno sguardo strano, ti senti bene?» «Derek tu sei troppo buono per questo mondo marcio, ricordatelo!» «Dai! Piuttosto ora lasciami andare, sono in ritardo! Nova e' gia' in plancia, mi stanno aspettando tutti!» «Ti sei distratto, invece, ed ora e' troppo tardi...» A disagio, l'uomo chiese al computer di portarlo in plancia, e quando le porte si aprirono vide davanti a se una carneficina: i cadaveri di Nova, del capitano Avatar, del primo ufficiale Zeda, erano tutti raccolti al centro della plancia. Voleva urlare ma sembrava che si trovasse nel vuoto, perche' non si udiva nessun suono. Raggiunse i cadaveri dei suoi amici, sperando che fossero ancora vivi, gettatosi a terra prese tra le braccia il corpo ormai inanimato di Nova. Aveva gli occhi vitrei, tutti avevano occhi vitrei in cui si specchiava il volto di Derek che andava impallidendo sempre piu'; mentre si volto' a guardare il capitano Avatar, per la prima volta senti' un suono propagarsi nell'aria: uno strano sibilo. Alzo' gli occhi e vide di fronte a se la canna della pistola di un Gorn, dopodiche' non vide piu' nulla. Il ronzio del comunicatore sveglio' Harlock, che rispose alla chiamata del primo ufficiale. «Mi dispiace svegliarla signore, volevo comunicarle che la Chal'Kamei e' in prossimita' di Vulcano.» «Si direbbe che abbiano fatto presto...» commento' l'uomo alzandosi a fatica dal letto. «Veramente signore- replico' con tono inespressivo Sasuk -sono in ritardo di un'ora sui tempi previsti. E' quasi l'ora di pranzo.» «Cosa? Perche' non mi ha svegliato prima?» «Non ce n'era bisogno, signore: la nave e' pienamente operativa, i due terzi dell'equipaggio sono sbarcati sul pianeta per fruire della libera uscita e sicuramente l'aver recuperato qualche ora di sonno non puo' averle fatto che bene.» Harlock ordino' al computer di aumentare la luce nella stanza, portandosi la mano a riparare gli occhi. Dopo qualche istante, chiuse la comunicazione. «La ringrazio Sasuk, tra venti minuti saro' da lei; chiudo.» --- Per quanto non lo ritenesse molto importante, dovendo incontrare il capitano K'Mel e partecipare poi al rituale della rifusione, Derek W. Harlock aveva indossato la divisa da cerimonia: piu' lunga di quella di ordinanza, la giacca utilizzava un diverso taglio nei colori e nella forma, e si chiudeva tramite tre bottoni posti sul petto, poco al di sopra del cuore; questa era l'operazione che stava facendo il capitano mentre si dirigeva verso una delle sale del teletrasporto. Quando si apri' il turboascensore, si trovo' di fronte a Lana. «Buongiorno capitano, ha dormito bene?» «Mah, ho passato notti migliori...» rispose l'uomo simulando un sorriso. «Effettivamente- riprese formalmente la donna -non ha l'aspetto di uno che abbia passato una notte di piacere...» «Nulla che un equipaggio klingon non sia in grado di sistemare, apprezzare... o notare...» Malgrado la battuta non fosse stata fatta per suscitare ilarita', Harlock si sorprese della eccessiva serieta' della donna. Prima che potesse domandarle se andasse tutto bene, lei prese parola. «Ho qualcosa da dirle, ha un momento?» Al di fuori delle riunioni degli ufficiali, Harlock non era abituato a sentirsi dare del lei da Lana: durante uno dei loro primi incontri, lei stessa gli aveva richiesto di potersi esprimere liberamente ed adottare un formalismo molto leggero, che comprendeva la possibilita' di non indossare la divisa della flotta ma un altro abito di sua scelta, in modo da rendere il consigliere una figura piu' amichevole e meno fredda agli occhi dell'equipaggio; in questo modo avrebbe potuto superare il muro psicologico che si creava in una qualsiasi struttura gerarchica, ed ovviamente lui aveva acconsentito. Sentirsi dare del lei davanti al turboascensore lo impensieri'. «Mi dica, consigliere. Riguarda il rituale della rifusione?» «Anche. Durante la notte ho avuto molto tempo per pensare agli eventi degli ultimi tempi e ai miei comportamenti; credo di doverle delle scuse.» «Figurati Lana- disse amichevolmente e tirando un metaforico sospito di sollievo -stai vivendo un'esprerienza molto particolare... direi unica nel suo genere. Sarebbe sciocco volerti rimproverare per distrazioni o altro.» «Non e' a questo che mi riferivo.» rispose lei con molta freddezza, guardando oltre lui, e abbassando poi lo sguardo. Harlock fece silenzio ed attese che Lana continuasse, mentre anche la sua espressione si irrigidiva; non erano le sue parole a colpirlo, ma il tono freddo e quasi aspro. Che Lana avesse riacquisito la sua 'vulcanita'' senza bisogno del rituale e avesse rinunciato alla sua natura allegra in una specie di sindrome maniaco-depressiva? «Nel mio alloggio l'ho chiamata 'Imzadi' e questa e' una parola molto importante per una betaziode. Non credo comunque che ci sia bisogno di spiegarlo, e' risaputo.» «Si', lo so.» «Vorrei che si dimenticasse di quanto accaduto e facesse come se non fosse mai successo.» Lana lo guardo' nuovamente negli occhi, perforandolo e guardando oltre con il suo sguardo freddo. Harlock rimase interdetto per un momento, dopodiche' le rispose. «Certo, ci mancherebbe.» «La ringrazio, e mi scusi se l'ho trattenuta troppo. A piu' tardi.» «Ci mancherebbe...» rispose, dopodiche' lei entro' nel turboascensore e lui prosegui', da solo con i suoi pensieri, verso l'incontro con K'Mel. --- Il parco era magnifico in quel periodo dell'anno, l'aria era fresca e carezzevole e i Mactock erano nel pieno della loro fioritura. Ricordo' con nostalgia che da bambina sua madre la portava spesso in quel luogo per fare dei pic-nic. Si distese sull'erba e cerco' di trovare un po' di tranquillita'. Aveva trascorso una notte molto agitata, dormendo poco e male. Ogni volta che stava per addormentarsi, il volto di Derek si insinuava nella sua mente e, con sgomento, si rese conto che desiderava davvero che lui fosse li' accanto a lei, dovendo ammettere a sé stessa che non era a causa degli ultimi avvenimenti che l'avevano coinvolta. La piena dei suoi sentimenti e delle sue emozioni l'aveva travolta e, molto ingenuamente, si era illusa che parlare con lui per chiarire le cose l'avrebbe fatta sentire meglio. Invece stava peggio di prima. Si sentiva in colpa verso Derek per averlo ferito, aveva chiaramente percepito lo stupore di lui nell'ascoltare le sue parole. Aveva alzato gli scudi per proteggersi dai sentimenti che provava per lui, soprattutto per non coinvolgerlo in una situazione imbarazzante verso l'equipaggio. Si rese conto pero' di avere scelto il luogo e il momento sbagliato per parlargli. Si sentiva frustata e stanca. Mancava poco al rito della rifusione e l'idea di scendere su Vulcano l'agitava ancora di piu'. Era a casa eppure sentiva che quel mondo le era alieno, cosi' come suo padre. Non aveva provato sentimenti d'affetto per lui nel vederlo attraverso il visore, in plancia, e lui da buon vulcaniano era rimasto indifferente. Senti' un gran vuoto dentro, se solo Derek fosse stato li', se solo l'avesse tenuta tra le braccia anche solo un momento. «Lana!» La voce del dottor Tofu la strappo' dai suoi pensieri. «Ti stavo cercando.» il giovane ufficiale medico le rivolse un caloroso sorriso e si sedette accanto a lei sull'erba. «Che posto fantastico Lana, si trova su Betazed?» Lei si sforzo' di sorridergli e rispose: «Si', ci venivo spesso da bambina con i miei genitori.» «Spero di non distrurbarti, volevo assicurarmi che tu stessi bene.» Lana penso' tristemente che rifugiarsi sul ponte ologrammi non era servito a molto. «No non mi disturbi, sto bene, volevo solo starmene un po' tranquilla prima di scendere su Vulcano.» «Ti capisco, stai vivendo una situazione davvero insolita e non deve essere facile. Volevo sapessi che puoi contare su di me.» Lana gli sorrise, sapeva che era sincero, cosi' come sapeva che lui era profondamente attratto da lei, si rese conto, pero', che non avrebbe dovuto alimentare quell'interessamento. Ma ancora una volta cio' che disse fu molto diverso da cio' che in realta' avrebbe voluto. «Sarei molto contenta se tu partecipassi al rito.» Yota le accarezzo' con dolcezza il viso. «Ne sarei felice anch'io, verro' con te Lana.» E poi la bacio', non fu un bacio passionale, ma pieno di affetto e tenerezza. Lana senti' che i sentimenti di lui erano cambiati, che erano piu' intensi e questo non fece che aumentare il senso di gelo che sentiva dentro. --- Quando il raggio del teletrasporto fu scomparso Harlock si ritrovo' nella rossa luce di sottofondo tipica delle navi Klingon. Luce e nebbia come quelle che si trovavano a Qo'Nos, citta' centrale dell'Impero; non aveva mai avuto lo stato d'animo adatto per soffermarsi a pensare a quanto potesse risultare fastidiosa quella luce soffusa, ventiquattr'ore al giorno. La prima volta che era salito a bordo della Chal'Kamei era assieme ad Anna e l'andoriano Be'Troin alla ricerca della U.S.S. Artemis, dispersa nei territori di confine tra Federazione ed Impero, ed ora... Lana. I suoi pensieri per il consigliere vennero tuttavia interrotti dalla poderosa voce di Goth, il vice di K'Mel. «Benvenuto a bordo, capitano Harlock.» Nella sala teletrasporti klingon c'erano ora cinque persone: Harlock, K'Berh, Goth, il tenente Anna Monteiro e K'Mel, l'ufficiale comandante della Chal'Kamei. Sasuk era rimasto a bordo dell'Arcadia per controllare gli ultimi dettagli riguardanti il rituale della Rifusione. «Era ora che questo scambio finisse, non ne potevo piu' di avere questa nanetta tra i piedi!» continuò guardando Anna. «Non vorra' forse dire che e' ancora imbarazzato da quell'allenamento in cui ho schivato tutti i suoi attacchi passandole sotto le gambe? Non credevo l'avessi ferita cosi' tanto nell'orgoglio!» replico' la donna rimanendo su una analoga linea di sarcasmo. Nei mesi trascorsi a bordo della nave klingon era riuscita ad avvicinarsi al loro senso dell'umorismo e, seppur non comprendendolo sempre, aveva imparato a rispondere a tono. «Questa, Goth,- rise fragorosamente K'Mel -non me l'avevi raccontata!» «E' perche' non e' mai accaduto!» replico' quasi offeso l'altro klingon. Il clima rilassato che si stava creando aiuto' Harlock a distrarsi dai suoi pensieri. «Ho trovato questo tipo qui che scartabellava dentro agli archivi piu' reconditi dell'Arcadia...- disse indicando col pollice K'Berh dietro di lui -spero che il tenente Monteiro sia arrivata fino agli archivi dello stesso Impero!» concluse con un mezzo sorriso. «Signore, non credo sia il caso di rivelare i nostri subdoli piani finche' saremo a bordo di questa nave! Solitamente i signori del male svelano i propri schemi una volta che sono al sicuro nei loro castelli!» concluse Anna scherzando. «Ah Harlock... sono contento di rivederla.- disse K'Mel -perche' non ci seguite entrambi nella nostra area ricreativa, cosi' potremo parlare piu' tranquillamente?» In disparte rispetto agli altri, i due ufficiali comandanti stavano discutendo delle cause che avevano portato all'interruzione dello scambio culturale. Quello che era stato comunicato all'equipaggio dell'Arcadia era che c'erano dei problemi all'interno dell'Alto Consiglio Klingon ed il capitano umano sperava che la sua controparte potesse dargli maggiori ragguagli. Era rallegrato dall'avere ricevuto un'accoglienza molto amichevole e calorosa, ben oltre gli standard klingon, poiche' temeva che avrebbe assaggiato diffidenza e chiusura. K'Mel non conosceva esattamente quali fossero le beghe all'interno del Consiglio ma non aveva dubbi nel formulare ipotesi: dopo la sconfitta della guerra contro il dominio, erano state via via crescenti le manifestazioni di dissenso dalla pace con la Federazione, cui veniva imputato di avere 'addolcito' troppo le abitudini klingon ed essere i veri responsabili della sconfitta. «A me sembra che la guerra sia finita con un armistizio deciso da entrambe le alleanze, ne' noi ne' voi ne siamo usciti sconfitti... sempre che non si riferisca ad una vittoria morale, nel qual caso i vincitori sono meritatamente i cardassiani.» «Ma quale armistizio, Harlock! Lei non conosce bene noi klingon: da noi ci sono vincitori o sconfitti, non ci sono vie di mezzo. La resa o l'abbandono della lotta non sono un modo onorevole di concludere uno scontro, ed e' questo sentimento che smuove il popolo e provoca sempre maggiori manifestazioni di dissensi verso l'attuale Consiglio.» K'Mel era visibilmente infastidito dalla situazione del suo popolo: lui credeva nel fatto che la pace con la Federazione fosse vantaggiosa per entrambi e a questo scopo aveva acconsentito allo scambio culturale: il conoscersi in tempi quieti aiuta a capirsi in tempi tesi. «Ad ogni modo, mi e' stato detto che non ci sia nulla da temere, almeno per ora. Lei cosa ne pensa?» «Vuole la verita', Harlock?- l'espressione di K'Mel si era ora leggermente rattristata -Temo che i dissensi aumenteranno ulteriormente. E temo che presto o tardi ci incontreremo di nuovo, ma avremo gli scudi alzati e le armi cariche.» L'umano rimase in silenzio irrigidendo i suoi lineamenti. «Si tenga pronto e speri sul serio che la sua Anna ci abbia trafugato quanti piu' segreti possibile.» «Io spero che K'Berh sia riuscito a trafugare il segreto della pace.» K'Mel sorrise tristemente. «Perche', l'avete mai avuto?» Derek rispose al sorriso. «Forse l'abbiamo perso... chissa'... speriamo K'Berh l'abbia ritrovato...» --- "Diario personale del Primo Ufficiale - Data stellate 57392.205. L'ambasciatore Matok ha richiesto un incontro privato dopo il rito della Rifusione; ritiene che siano in corso cambiamenti profondi nella societa' romulana che potrebbero avere serie ripercussioni anche sul destino di Vulcano. Ho trovato particolarmente interessante un suo commento sul fatto che da un po' di tempo stia accadendo qualcosa di preoccupante sul nostro pianeta. Non ha aggiunto altro, del resto non era necessario che lo facesse; il rito della rifusione avra' luogo tra breve, quando la Chal'Kamei lascera' l'orbita ci recheremo al monte Seleya. Dall'ultima volta che il far-lot-pan e' stato compiuto, da quando cioe' il primo ufficiale dell'Enterpise al comando di J. T. Kirk torno' alla vita su Genesi, e' passato molto tempo. Ho avuto occasione di conoscere l'ambasciatore Spock alcuni anni fa, durante una missione in incognito su Romulus. Ho buoni motivi per ritenere che l'incontro con l'ambasciatore Matok abbia a che vedere proprio con quella missione." --- "Diario personale dell'Ufficiale Medico Capo - Data stellate 57392.608. Non posso nascondere un certo senso di disagio verso quello che mi sta succedendo. Condividere le esperienze di vita del consigliere Roden mi ha turbato profondamente. Ora conosco il suo conflitto interiore tra sentimento e ragione. In pochi giorni ho capito molte cose della natura vulcaniana, piu' di quanto avrei potuto conoscere in una vita di studi. In un certo senso e' come se ora io appartenessi in parte a questo mondo. Mi chiedo cosa restera' di queste sensazioni, di questa conoscenza, una volta conclusa la Rifusione. Forse nulla o forse tutto, certo non credo potra' mai venire meno il legame che ora mi unisce a Lana, un legame che non esisto a ritenere fraterno." --- La Chal'Kamei usci' dal raggio visivo del visore principale e Vulcano resto' il solo protagonista della scena. Lana lo osservo' intensamente cercando nella sua mente qualcosa che lo rendesse familiare; Yota era tornato in infermeria per organizzare la sua discesa sul pianeta e lei stava aspettando il ritorno del capitano in plancia, per chiedergli di far partecipare l'ufficiale medico al rito. Osservo' che anche il primo ufficiale aveva indossato l'alta uniforme, era impeccabile, come sempre. Sicuro di sé, sedeva sulla sua poltrona dando la sensazione di sapere sempre dominare la situazione. In quel momento persino l'indifferenza del vulcaniano le sembro' rassicurante. «Comandante sara' felice di essere di nuovo a casa.» La sua voce risulto' calma e gentile, e Lana fu lieta di avere ritrovato il controllo di sé. «Il ritorno a casa in molte culture rappresenta un evento di gioia, ma io sono un vulcaniano e rivedere il mio pianeta e la mia famiglia non mi suscita alcun'emozione. Trovo invece affascinante la cerimonia cui tra breve assisteremo.» Lana sorrise, il comandante Sasuk era davvero imperturbabile, in quel momento avrebbe voluto avere lo stesso controllo e dominio interiore. Le porte del turboascensore si aprirono e il capitano Harlock entro' con fermezza in plancia. «Signor Grind mandi una comunicazione sul pianeta, li informi che tra qualche minuto saremo pronti al teletrasporto sul Monte Seleya.» «Si' capitano.» «Consigliere e' pronta a scendere sul pianeta?» «Sono pronta, avrei pero' una richiesta da farle.» «Dica pure.» «Vorrei che il dottor Tofu partecipasse al rito.» Harlock resto' indifferente e con voce calma le accordo' la richiesta; si volto' verso Sasuk e ordino' di informare la dottoressa Lupescu ed il dottor Tofu di recarsi nella sala teletrasporto tre. «Capitano dal pianeta ci informano che e' tutto pronto per il rito, l'ambasciatore Matok ci sta gia' aspettando.» «Grazie signor Grind. Le affido la plancia.- poi rivolto a Sasuk e a Lana disse -Andiamo.» Le porte del turboascensore si aprirono e i tre ufficiali scomparvero all'interno. Lana penso' che avrebbe voluto dire tante cose a Derek, confessargli i sentimenti che provava per lui, dirgli che tra lei e il dottor Tofu non era accaduto nulla, sarebbe bastato voltarsi verso di lui e dirgli che l'amava. Ma avrebbe di nuovo scelto il posto e il momento sbagliato. Derek non poté fare a meno di provare un certo fastidio verso la richiesta di Lana di avere vicino Yota durante la Rifusione. Avrebbe voluto dirgli che teneva molto a lei, ma si rese conto che non aveva il diritto di intromettersi o interferire nella sua vita privata. Era evidente che Lana e Yota avevano intrecciato una relazione, lei era tornata sui suoi passi, il suo slancio sentimentale verso di lui era stato causato da un semplice scompenso chimico e non da un reale interesse, e su questo lei era stata molto chiara. Sasuk rifletté che quella visita su Vulcano sarebbe stata piu' interessante del previsto, non solo per la possibilita' di assistere ad un rito che in lui aveva sempre esercitato un certo fascino, ma, soprattutto, per l'imprevisto incontro con l'ambasciatore Matok, figura dominante nella scena diplomatica e politica del quadrante. Persi ognuno nei propri pensieri raggiunsero in silenzio la sala teletrasporto. Ransie, suo figlio Paul e Yota erano in attesa sulla pedana del teletrasporto. Le porte della sala si aprirono, il capitano fu il primo ad entrare e il suo sguardo cadde subito sul secondo ufficiale medico; cerco' di liberare la propria mente da pensieri che non avevano nulla a che vedere con i suoi attuali compiti. Si ritrovarono tutti sulla pedana pronti ad essere teletrasportati, ognuno con i propri stati d'animo ed emozioni. Nessuno di loro sapeva pero' che quel teletrasporto li avrebbe portati a vivere un'avventura che li avrebbe segnati per il resto della vita. «Energia.» la voce di Harlock riempi' la stanza. Le figure scomparvero, lasciando al loro posto solo il vuoto. --- «Diario personale:- Anna appoggio' l'uniforme sul letto e la piego' accuratamente. -La mia esperienza sulla nave klingon e' terminata prima del previsto, sono molto delusa di questa interruzione, ovviamente cause di ‘forza maggiore' hanno impedito il proseguimento dello scambio culturale. I soliti cavilli politici. L'impero klingon e' sull'orlo della guerra civile, cosa non particolarmente straordinaria, e i grandi capi hanno paura che io restassi convolta in qualche battaglia, ovviamente la federazione per il momento cerchera' di non schierarsi apertamente con nessuno dei due contendenti...» Anna si fermo' a riflettere infilando l'uniforme in un cassetto «...no, mi correggo, da quello che mi ha fatto capire il capitano della Chal Kamei, K'Mel, la situazione e' anche piu' complessa. I nostri diplomatici avranno da divertirsi. Gia' me li vedo, salvare l'impero klingon, senza scontentare le loro colonie, senza scontentare i romulani, i cardassiani, gli andoriani, i calossiani, e via e via e via...» sbuffo' infilando in una borsa di tela colorata un asciugamano da spiaggia e una maglietta. Poi con un tiro preciso lancio' la borsa vicino alla porta dell'alloggio. «Comunque, mi e' dispiaciuto lasciare l'equipaggio klingon, dopotutto avevamo appena cominciato a conoscerci e spero di essermi fatta degli amici. Il comandante Goth mi ha regalato un coltello klingon, non un D'ktagh, ha detto che per la mia statura questo mi sarebbe stato sufficiente. Goth alla fine ha dimostrato di avere il famoso senso dell'umorismo klingon.» Anna si infilo' un paio di comodi pantaloni colorati e una maglia color kaki, poi si guardo' allo specchio. «Sono pure dimagrita! La cucina klingon e' pessima!» sbuffo' e rilesse velocemente le ultime annotazioni non previste. Poi vide l'ora impressa sullo schermo. «Accidenti sono pure in ritardo!» Il computer riscrisse fedelmente le sue parole. «Insensato pezzo di ferraglia- Anna scandi' lentamente le parole controllando soddisfatta la trascrizione. -Bidibibodibibu'.» Anna raccolse la borsa di tela e prima di uscire dall'alloggio si volto'. «Computer, cancellare ultimo diario personale, spegnere luci, chiudere porta, sbarrare finestre.» "Cretino" penso' Anna, si infilo' gli occhiali da sole e si incammino' velocemente lungo il corridoio. Le porte del turboascensore si aprirono e Anna nella fretta di entrare urto' Bato che usciva. «Mi scusi comandante.» Si chino' per raccogliere il D-pad caduto di mano al bajoriano. «Non si preoccupi tenente.» Bato represse un primo gesto di stizza. La giovane donna con una mano sporgeva il Dpad, mentre con l'altra si sfilo' gli occhiali lasciandoli appoggiati ai capelli. Bato la osservo' meglio, al suo arrivo sulla nave il giorno prima le aveva dato l'impressione di essere una persona chiusa, persino intimidita, ed ora sembrava un'altra, gli occhi vivaci lo squadravano con una curiosita' impertinente. «Dove sta' andando cosi' di fretta?» disse l'ufficiale scientifico piu' accondiscendente. «Ho un appuntamento al ponte ologrammi 3 con un'amica, il guardiamarina Sautobe, ha pensato che dopo il mio soggiorno sulla nave Klingon avessi bisogno di prendere un po'di sole... perche' non viene anche lei?» «Sul ponte ologrammi?» disse Bato sorpreso. «Certamente, le prometto che si divertira'.» Anna entro' nel turboascensore. «D'accordo, saro' li' tra mezz'ora». Le porte si chiusero. Bato si avvio' fischiettando al suo alloggio per cambiarsi. Era felice di poter approfittare di questa distrazione, il ponte ologrammi era un luogo dove si poteva accantonare la rigida gerarchia della flotta e rilassarsi. E poi un po' di sole avrebbe fatto bene anche a lui. La sabbia scricchiolava sotto i piedi nudi di Bato, non era la sabbia fine delle spiagge caraibiche o quella di vaghe simulazioni ricreative. Era una sabbia spessa come le perline che ancora si usavano nelle campagne di Bajor per creare monili, una sensazione curiosa e solleticante. Bato si fermo' ascoltando le onde dell'oceano Atlantico infrangersi sulla riva. Sentiva in lontananza voci di ragazzi che gridavano, probabilmente stavano giocando. Inspiro' profondamente poi decise di raggiungere Anna. Mentre si avvicinava al gruppo comincio' a riconoscere i giocatori. Erano bambini e ragazzi figli dei membri dell'equipaggio della nave che a piedi scalzi improvvisavano una partita di calcio. I genitori erano seduti ai bordi del campo, chiacchieravano e a volte incitavano, ridendo, i ragazzi in improbabili azioni di gioco. Bato ebbe un'improvvisa illuminazione. Il guardiamarina Sautobe, della sezione astrometria, si occupava anche della scuola della nave e lui si era imbattuto nel famoso pic-nic di fine trimestre. Ma non riusciva a vedere Anna. Poi la vide, mentre in costume e maglietta sgargiante scartava un ragazzino indemoniato. Il suo tiro in porta venne impietosamente parato da un biondo e cicciotto quattordicenne. Anna si inginocchio' in finte scene di disperazione, per scattare subito in piedi incitando la squadra a correre in difesa. "Che imbrogliona" penso' avvicinandosi al gruppo, ormai era li' e non poteva certo defilarsi. «Buongiorno tenente.» grido' dal bordocampo per attirare l'attenzione. «Comandante, pensavo non venisse piu'...» Anna dette breve istruzioni alla squadra poi corse verso di lui. «Tenente, si era dimenticata di dirmi che ci sarebbe stata un po' di folla...» Disse il Bajoriano con aria offesa. «Davvero? Il dettaglio deve essermi sfuggito, comandante.» Anna si appoggio' un dito pensoso alle labbra. «...» «...» «Dov'e' il vostro portiere?» chiese Bato con aria formale. «Abbiamo un uomo in meno, e quindi il portiere volante.» «Pessima tattica, tenente. Il punteggio?» «Sette a due, signore, per loro ovviamente.» Bato sospiro' «Se non le dispiace, credo abbiate bisogno di un po' di classe...» Bato lancio' scarpe e asciugamano sulla sabbia per correre impettito verso la porta libera tra le grida di gioia dei piccoli giocatori. "Se non altro- penso' mentre Anna correva verso di lui chiamandolo perche' parasse il tiro di un attaccante -potro' dire che al primo appuntamento le donne mi corrono incontro gridando appasionatamente il mio nome". --- L'aria era calda e tutto intorno erano avvolti dalle straordinarie tonalità di rosso della terra e del cielo. Il paesaggio era dominato dalle cime frastagliate che lo rendevano così unico nell'universo; tra di esse si ergeva maestoso il Monte Seleya, la loro destinazione. La sacralità del luogo era quasi palpabile e Harlock notò come questo fosse in netto contrasto con la filosofia di vita dei vulcaniani: essi avevano scelto di non provare emozioni e sentimenti ma era difficile non restare affascinati, se non addirittura rapiti, dal magnetismo che il luogo esercitava; quello vulcaniano, del resto, era autentico misticismo ed Harlock pensò con un sorriso che fosse un elemento della loro cultura davvero poco logico. Se da un lato il capitano era stato catturato dalla bellezza unica e particolare di Vulcano, dall'altro le emozioni di Lana volgevano in una direzione totalmente differente. «E' davvero questo il mio pianeta d'origine?» La domanda le venne spontanea poiché non riusciva a credere che il pianeta, così diverso da Betazed, potesse essere l'altro suo mondo natale. Il paesaggio le apparve arido e aveva la sensazione che l'aria calda la soffocasse. Vulcano aveva un'atmosfera più rarefatta rispetto a pianeti come la Terra o lo stesso Betazed, ma non era certo quello il motivo per cui si sentiva così. La verità è che non provava alcuna emozione piacevole nel trovarsi “a casa”, anzi sentiva qualcosa che non andava, qualcosa che non riusciva a mettere a fuoco ma che la rendeva inquieta. Avvertiva dei pensieri malvagi o forse poteva essere una presenza negativa: non ne era certa. Si sentiva confusa e pensò che probabilmente le sue percezioni fossero dovute alla sua instabilità emotiva. Yota le si affiancò e le sorrise con affetto. «Va tutto bene, Lana?» «Sì, è tutto a posto, sto bene.» il tono della sua voce fu poco convincente persino alle sue orecchie. «Sono certo che tutto andrà bene, con me accanto non potrebbe essere diversamente!» scherzò e Lana sorrise. Il giovane dottore mostrava qualità che lei sino ad allora non aveva notato. Dietro il medico vi era un uomo forte e sensibile che le stava dimostrando quanto tenesse a lei. «Sei molto caro Yota.» «Sono felice di poterti essere utile.» Stava per dirle che teneva molto a lei e che avrebbe potuto contare su di lui in ogni momento, ma quel pensiero stupì persino lui. Era la prima volta che si trovava a pensare cose del genere nei suoi confronti. Non era certo che la rifusione andasse bene e l'idea che potesse accadere qualcosa di spiacevole a Lana lo turbava molto, ma poteva questo essere amore? All'inizio il suo era autentico interesse fisico, ma poi qualcosa sembrava essere cambiato. Quali erano i suoi sentimenti per lei? Poteva essersi innamorato di lei così rapidamente? Mettendo da parte l'attrazione fisica, era l'uomo o il medico a sentirsi preoccupato per quello che stava per accadere? La voce dell'ambasciatore Matok interruppe i suoi pensieri. «Benvenuti su Vulcano.» fu il gelido saluto che l'ambasciatore rivolse al gruppetto appena materializzatosi; non disse nulla a Lana né volse il suo sguardo verso di lei, semplicemente la ignorò. «Grazie ambasciatore.» rispose il capitano, ma prima che potesse aggiungere altro, Matok li invitò a seguirlo verso il tempio. Il vulcaniano indossava un abito di pregiata fattura, molto chiaro, color sabbia, con alcuni sottili ma perfetti disegni geometrici d'un colore più scuro e, sebbene la sua espressione fosse sempre molto rigida, era decisamente attraente. Harlock notò che i suoi occhi avevano una luce molto particolare, la stessa che aveva visto spesso negli occhi di Lana. Matok era famoso, uno dei più abili ambasciatori della Federazione, una figura preziosa per la stabilità del quadrante e da lui vi era molto da imparare. Il distacco dell'ambasciatore verso sua figlia, tuttavia, non passò inosservato; era un vulcaniano e quindi non c'era molto da stupirsi, ma Ransie, forse a causa del suo innato istinto materno, non potè fare a meno di provare compassione per Lana. Aveva ripensato spesso agli ultimi avvenimenti ed in certi momenti le sembrava di impazzire. Migliaia di immagini e di parole fluttuavano incessantemente nella sua testa senza che lei ne conoscesse il significato. Si era trovata a pronunciare frasi in vulcaniano in un paio di occasioni; le sembravano familiari per un istante, dopodichè sfumavano in una nebbia confusa. Suo malgrado aveva imparato molte cose della cultura, della storia e delle tradizioni di Vulcano e questa era sicuramente una cosa interessante, ma ora l'insieme delle emozioni di Lana e la sua esperienza di vita le risuanavano dolorosamente nella testa e si augurava che il rito ponesse rimedio a tutto questo. Il Tempio Sacro era un sito archeologico e architettonico di notevole interesse, cosicchè Paul, che da sempre si occupava per passione di archeologia e storia delle antiche civiltà, si soffermò ad ammirarne la struttura. Vi erano due aree distinte; la prima, all'interno della quale stavano camminando, era dominata da una fontana dai contorni lineari e geometrici. Alle sue spalle si apriva un'imponente scalinata, alla cui sommità ardevano, in costruzioni rettangolari di pietra, i due fuochi sacri le cui fiamme proiettavano cupe ombre sul terreno. Al di là dei fuochi, uno stretto vialetto conduceva ad una seconda scalinata. Osservò con interesse i sacerdoti che li precedevano verso il tempio, indossavano lunghe tuniche chiare e avevano tutti il capo rasato. Paul notò che il luogo aveva delle analogie con alcuni siti sulla Terra e che la situazione in sé non era molto diversa dagli antichi riti che in essi si compivano. Diede un fugace sguardo a Sasuk sorridendo all'idea dei commenti che questi avrebbe fatto su quelle sue illogiche considerazioni. Dal canto suo, in un altro momento, a Sasuk non sarebbe certo sfuggito il sorriso ironico del giovane maestro, ma i suoi pensieri erano concentrati su questioni più importanti. Attendeva con interesse il suo incontro con Matok, trovando significativo il fatto che questi gli avesse chiesto di non rivelare, almeno per il momento, la loro conoscenza. Decise comunque che fosse inutile fare supposizioni o congetture, non era utile né logico, e pertanto rivolse le sue attenzioni al luogo in cui si trovava conscio di star vivendo un momento importante delle storia del suo pianeta. Probabilmente i suoi compagni non se ne rendevano conto, ma il Far-lot-pan era l'espressione di una evoluzione teologica straordinaria. I vulcaniani avevano raggiunto il completo controllo della mente carpendone i più reconditi misteri, il che li rendeva indubbiamente un popolo estremamente sviluppato e complesso. Il piccolo gruppetto percorse lo stretto vialetto che conduceva all'altra costruzione del tempio, scese la seconda scalinata e si trovò di fronte all'altare sacro, dove la grande sacerdotessa li attendeva. Quel luogo aveva davvero qualcosa di mistico, in esso lo spazio e il tempo sembravano sospesi. Sull'altare spiccavano due lettini in pietra e accanto ad ognuno di essi si disposero tre ancelle avvolte in morbidi e candidi abiti che davano loro un'aria quasi eterea. Era tutto molto suggestivo: i colori caldi del tempio, gli antichi abiti religiosi che indossavano i sacerdoti, l'architettura essenziale ma d'effetto dell'altare. Su tutto la maestosità della sacerdotessa T'lar. Da essa emanava una straordinaria energia; in perfetta armonia con il luogo, anch'essa appariva millenaria, era la più alta autorità religiosa del pianeta, secoli di storia e di saggezza erano custoditi in lei. Un'ancella si avvicinò a Lana e le indicò di seguirla. Solo a lei fu permesso di proseguire verso l'altare mentre le guardie del tempio fecero indietreggiare gli altri di alcuni passi; Lana fu accompagnata a uno dei lettini e con calma vi si distese. Nel tempio cadde il silenzio più assoluto: aveva inizio il Far-lot-pan. La sacerdotessa posò una mano sulla fronte di Lana ed ella chiuse gli occhi e parve cadere in un sonno profondo; T'lar ruppe infine il silenzio. «Kau-to Cali-cau. Matok figlio di Suran, figlio di Shon, che cosa desideri?» «Io chiedo il Far-lot-pan, la Rifusione.» «Tua figlia vive e, da quel che vedo, ha una sua anima. Ciò che chiedi non è logico.» «T'lar, la mia logica vacilla quando si tratta di mia figlia. Il suo Katra disperso è stato ritrovato, ti chiedo di restituirle la sua anima vulcaniana.» Harlock si rese conto che Matok era sincero, che ciò che aveva detto non fosse una frase di rito, bensì il desiderio di un padre di salvare la propria figlia. «Chi è il possessore del Katra?» domando' la sacerdotessa. Ransie fece qualche passo in avanti e rispose: «Io, Lupescu Ransie, figlia di Boris.» «Lupescu figlia di Boris, con la tua approvazione noi useremo tutti i nostri poteri per restituire al suo corpo ciò che è in tuo possesso. Attenta però:- disse solennemente T'lar -devo avvertirti che il pericolo che correrai è grave quanto quello che correrà Lana. Sta a te decidere.» Sensa esitare la donna umana rispose: «Io scelgo il pericolo.» Un'ancella accompagnò Ransie al secondo lettino affinchè, come aveva fatto Lana, vi si distendesse. La sacerdotessa appose le mani sulla fronte delle due donne ed il suono di un gong millenario diede inizio alla Rifusione. «Bin T'val Navun.» disse T'lar prima di cadere in una sorta di trance. Tutti i vulcaniani presenti alla cerimonia chiusero gli occhi ed entrarono in meditazione, quasi a dare la loro forza alla sacerdotessa. Harlock, Yota e Paul assistettero in silenzio a quanto stava accadendo davanti a loro. Il cielo si oscurò e violenti lampi si abbatterono al suolo. Caddero i confini dello spazio e del tempo e fu come trovarsi in una dimensione non più terrena ma spirituale. In lontananza si udiva il canto di alcuni volatili e il cielo divenne sempre più rosso e fu come se in esso avessero acceso dei fuochi. Era un'esperienza difficile da descrivere, impossibile da dimenticare. Che stessero passando ore o solo minuti non si riusciva a dirlo e lo stesso Harlock aveva perso la cognizione del tempo. Come gli altri, seguiva con ammirazione il compiersi degli eventi. D'un tratto il suono del gong annunciò che il Far-lot-pan si era concluso. T'lar tornò in sé e Yota vide che anche Sasuk e l'ambasciatore Matok avevano entrambi riaperto gli occhi e sembravano molto rilassati. Il suo pensiero corse a Lana. Il rito si era compiuto con successo? Lei stava bene? E Ransie? Prima che potesse dare voce alle sue domande sentì Harlock chiedere a Matok se il rito si fosse concluso. «Sì capitano, tutto è compiuto.» Videro Lana e Ransie alzarsi lentamente dai lettini; le due donne si scambiarono una rapida occhiata prima che la dottoressa venisse accompagnata da uno dei sacerdoti ai suoi amici. «Dottoressa si sente bene?» «Sì capitano... sono ancora un po' confusa, ma sto bene.» Si sentiva davvero bene, ora poteva osservare gli avvenimenti con uno spirito diverso, con più serenità. Aveva perduto le conoscenze vulcaniane, ma gli avvenimenti avevano reso Lana una sua sorella, e riteneva questa cosa molto importante. Tutto ciò che era parte dell'anima vulcaniana di Lana aveva lasciato il suo corpo, ma quell'esperienza, la sensazione di essere parte di Vulcano, il forte legame creatosi con la giovane donna, erano tutte cose che l'avrebbero accompagnata per sempre. «Sono felice che tutto sia andato bene» si rallegrò Harlock. «Anch'io capitano, anch'io...» «Mamma...» Paul la guardò con tenerezza e l'abbracciò con forza mentre lei lo rassicurava. Matok si avvicinò alla donna. «Dottoressa Lupescu, capitano, vi sono riconoscente per quanto avete fatto per Lana.» non ci fu, tuttavia, tempo di aggiungere altro poiché le guardie si fecero loro incontro e li pregarono di uscire dal Tempio, mentre la sacerdotessa T'lar saliva su un'antica portantina e quattro monaci la conducevano via, probabilmente in un luogo misterioso dove avrebbe proseguito la sua esistenza di custode della vera essenza dell'anima e della storia vulcaniana. «E Lana?» la voce di Yota tradì la sua ansia, cosa che non sfuggì al capitano. «Lana sta bene, ci raggiungerà tra breve.» rispose Matok con convinzione; tutti lo seguirono all'esterno del Tempio. Mentre attendevano l'arrivo di Lana, Harlock chiese all'ambasciatore che cosa sarebbe accaduto adesso. «Lana dovrà restare alcuni giorni al tempio, dove potrà recuperare completamente sia la sua forza spirituale che la sua condizione fisica.» Yota parve molto deluso da quelle parole, aveva sperato di tornare al più presto con Lana sull'Arcadia dove avrebbe potuto parlarle con più tranquillità. Così come stavano le cose avrebbe dovuto aspettare chissà quanti giorni. «Bene ambasciatore, avevo già avvertito la Flotta Stellare e quindi l'Arcadia resterà in orbita per tutto il tempo necessario; sarò a sua disposizione per ogni evenienza. Il mio primo ufficiale, il comandante Sasuk, resterà sul pianeta per far visita alla sua famiglia e sarà anche lui a sua disposizione in caso di necessità.» «La ringrazio capitano.» disse inespressivamente Matok inclinando leggermente la testa. «Lana!» Yota l'aveva vista arrivare e non resistette all'impulso di chiamarla. La donna stava andando loro incontro con calma ed appariva molto serena. Nel vederla, la fronte di Matok si corrugò in un'espressione di disapprovazione. «Lana, perché non indossi l'abito sacerdotale?» il tono della sua voce era fermo ma gentile, ed il vulcaniano guardò la figlia con intensità. Lei li aveva raggiunti e sostenne con fermezza il suo sguardo. «Padre, mi sento bene adesso. Ho recuperato i miei ricordi, le mie esperienza e non ritengo necessario prolungare la mia permanenza al tempio.» «Figlia, dopo la rifusione è tradizione trascorrere un periodo in assoluta meditazione con i monaci del tempio. Solamente qui potrai ritrovare il tuo equilibrio, l'armonia tra corpo e spirito. Non è saggia né logica questa tua decisione.» «Padre, tu dimentichi che sono in parte betazoide e che la logica non è stata la mia scelta di vita. La mia, comunque, non è una decisione istintiva, ma sono convinta che nella nostra casa avrò modo di riavermi da questa esperienza. Qualche giorno di riposo e tranquilittà sono ciò di cui ho bisogno per ritrovare definitivamente me stessa.» Sia Harlock che Matok avrebbero voluto convincerla a restare al tempio, ma sapevano entrambi che quando Lana aveva preso una decisione era impossibile farle cambiare idea. Era comunque una donna adulta e intelligente che sapeva ciò che faceva, così tacquero. Ben diversi erano i pensieri di Yota, felice che Lana non sarebbe rimasta al Tempio, dove sarebbe stato impossibile incontrarla. A casa sua invece... questo cambiava le cose e lui aveva tutta l'intenzione di farle visita. «Consigliere, l'Arcadia resterà in orbita per tutto il tempo di cui avrà bisogno. Pensi solo a riposarsi e ritrovare il suo equilibrio.» «La ringrazio capitano.» Lana si voltò verso Ransie e le strinse le mani nelle sue con affetto e riconoscenza. Non dissero nulla, sorrisero solamente con complicità. «Capitano- Matok prese parola -poiché Lana verrà a casa, sarò lieto di avere lei e i suoi ufficiali a cena domani sera.» Era un invito tanto inaspettato quanto gradito ed Harlock non esitò a rispondere che ne era onorato e non avrebbero mancato di essere presenti. «Allora è deciso.» Nel congedarsi, Matok gli rivolse il tradizionale saluto vulcaniano. «Lunga vita e prosperità.» L'ambasciatore, Lana e Sasuk si avviarono verso il sentiero che conduceva ai piedi del monte e mentre camminavano si sentì la voce del capitano umano che richiedeva il teletrasporto. Lana si voltò e vide le figure dei suoi compagni svanire, ancora una volta avvertì quella sensazione di inquietudine che l'aveva colpita appena giunta sul pianeta. Questa volta era più distinta, aveva la sensazione di essere osservata e avvertiva una sensazione di pericolo. Era stata proprio quella sensazione a indurla a lasciare il tempio, voleva capire cosa stesse accadendo. Era ancora tutto un po' confuso ma ora si sentiva certa che le sue percezioni non fossero il frutto della sua emotività, bensì di elementi reali e aveva tutta l'intenzione di fare luce su di esse. «Qualcosa non va, consigliere?» «No comandante, va tutto bene, grazie.» Sasuk aveva un notevole spirito d'osservazione ed era certo che ci fosse qualcosa di strano ma preferì non insistere, avrebbe avuto modo di approfondire la questione in seguito. Alle spalle del Tempio sacro, nascoste dietro un'altura, scure figure si muovevano. «E' quella la donna?» «Sì è lei. Ha straordinarie capacità empatiche e telepatiche e questo fa di lei la persona ideale; seguila e scopri dove si sta recando, così potremo agire al più presto; non possiamo perdere questa occasione!» «Stai certo che non ci sfuggirà!» Una delle due oscure ombre scivolò verso il sentiero; presto avrebbe mutato il destino di Lana e dei suoi compagni.