=/\= Star Trek: Crocevia degli Universi =/\= =/\= U.S.S. Arcadia NCC0999 =/\= =/\= Episodio Pilota, parte seconda. =/\= =/\= VitaMorte II =/\= Nell'ultimo episodio di Star Trek: Crocevia degli Universi, Arcadia. A pochi mesi dal varo, iniziato da poco il turno serale, un violento scossone mette in allarme l'equipaggio della U.S.S. Arcadia. Allo stesso tempo il tenente Kusanagi, addetto alla sicurezza della nave, ritrova il cadavere del guardiamarina Farrell, prima vittima di uno spietato assassino che, dopo aver colpito altre due volte, quasi uccide lo stesso Kusanagi. Mentre Harlock ed il suo equipaggio cercano di scoprire chi o cosa sia l'assassino e dove si trovi, una nuova forma di vita, robotica, sale a bordo della nave e prende possesso della sala macchine, stordendo l'ingegnere capo McRey. Quando il tenente Kusanagi infine raggiunge la plancia e mette in guardia i suoi compagni sull'identita' dell'omicida nei panni di un ufficiale della nave, la voce del comandante Sasuk raggiunge il capitano, riferendogli che l'assassino ha colpito ancora, questa volta uccidendo il consigliere della nave, Lana Roden, unica ad aver scoperto la sua vera identita': uno spietato mutaforma. Lana non ha pero' avuto il tempo di condividere la sua scoperta con nessuno... Ed ora: Harlock rimase in silenzio per qualche secondo quindi disse, attraverso il canale aperto con Sasuk: «Ho capito. Sto scendendo.» Poi si volse verso Bato, gli lascio' il comando della plancia e si diresse verso il turboascensore. --- Yota fissava la luce intermittente e silenziosa dell'allarme rosso; lo stesso ritmo, la stessa intensita' di un'altra luce che trovava nella sua mente scavando tra i ricordi... La luce rossa... Pulsante.... Un tunnel freddo, grigio, sterilizzato... Il suo corpo vi scivola dentro lentamente, accompagnato da un ronzio regolare e sonnolento. I medici scrutano sugli schermi le immagini delle sezioni del suo cervello, le fronti corrugate. Yota, ancora un ragazzo, fluttua nell'aria della stanza. Non aveva mai veramente capito se cio' fosse stato un sogno, o se veramente la sua "anima" fosse uscita dal corpo. Dai giorni del coma era uscito con questo ricordo nitidissimo, che non aveva confessato a nessuno. Forse fu proprio quel ricordo a determinare la sua scelta di fare il medico piuttosto che frequentare l'Accademia di Belle Arti. Fu mentre era assorto in questi pensieri che entro' con affanno ed un'espressione sgomenta in viso la dottoressa Lupescu. «Presto, prepari un letto per il tenente Kusanagi: dobbiamo fermare l'emorragia e metterla in stasi al piu' presto.» mentre diceva questo teneva premute le mani, ormai completamente insanguinate, sull'addome della donna esanime. Violentemente scosso dai suoi pensieri, il tenente Tofu preparo' tutto il necessario con un'efficienza estrema, che mostrava soprattutto nelle situazioni di allerta. «Servono anche due unita' di sangue! Ne ha perso molto e la pressione sta scendendo, dobbiamo fare immediatamente una trasfusione o il cuore non reggera'!». La dottoressa continuava a operare con movimenti nervosi ma precisi, era un ottimo medico, preparato e deciso nei momenti critici. Yota si considerava molto fortunato ad esercitare sotto il suo comando. Un'assistente spari' nella stanza accanto e riapparve un attimo dopo con due sacchetti contenenti il prezioso fluido rosso e li porse al dottor Tofu. «Ufficiale della sicurezza Myrie a dottoressa Lupescu, Richiesto soccorso medico urgente al turbo ascensore del ponte dodici!» Ransie, senza staccare gli occhi da Motoko: «Tofu, vada lei, io non posso interrompere ora...» Il dottore consegno' nuovamente il sangue all'assistente e gli cedette il posto. Mentre cominciava a correre verso l'uscita dell'infermeria porto' la sua mano destra al comunicatore: «Tenente Tofu a sicurezza, sto arrivando!». --- Sasuk era ancora chino vicino al consigliere quando arrivo' di corsa il dottor Tofu e con lui due aiutanti. Il medico aziono' immediatamente il tricorder ed il suo volto si incupi'. Alzo' gli occhi per incontrare quelli del vulcaniano, che pero' non riflettevano, come sempre, alcuna emozione. «Devo provare a rianimarla.» Gli assistenti misero il corpo del consigliere sulla barella antigravita' e subito partirono veloci per l'infermeria. «Ce la fara', dottore?» Sasuk era visibilmente contrariato. Il sopracciglio inarcato, gli occhi fissi sul medico. Yota, dal canto suo, non l'udi' neppure. Arrivati in infermeria intubarono immediatamente la giovane e comincio' la rianimazione. L'espressione di Yota era cupa e tesa: «Programmare stimolatore cardiaco a 150... Via!» Conosceva i membri dell'equipaggio della nave da solo due mesi, ma aveva gia' iniziato ad affezionarsi a questi nuovi amici, e guardando ora il viso di Lana... «170... Via!» Con gli occhi chiusi, completamente inerte, morta... il medico tremava al pensiero di poter perdere anche uno solo di loro. «170... Ancora!» Sul display alla testa del letto di Lana la linea, che fino ad un attimo prima era rimasta inflessibilmente regolare, ora comunicava una ripresa del battito del consigliere. «Il battito si sta stabilizzando... si, e' buono, la pressione si stabilizza!» disse l'assistente Jasmine con un tono di trionfo nella voce. Yota non pote' trattenere un nervoso sorriso di gioia, e passando una mano sulla fronte della ragazza per meta' betazoide e per meta' vulcaniana, le sussurro': «Brava Lana, continua a lottare...» --- "Referto medico del dottor Tofu. Il consigliere, arrivato in infermeria d'urgenza, presentava una ferita d'arma bianca, inferta di punta, che le passava da parte a parte l'addome. Sono stati riscontrati danni all'intestino ed alla parte inferiore del rene sinistro. L'abbondante perdita di sangue e' stata arginata con la somministrazione di una unita' di sangue piu' una di plasma. I danni al rene sono stati riparati con una semplice micro sutura dei vasi sanguigni. Per quanto riguarda le lesioni all'intestino, e' necessario un'ulteriore intervento. In questo momento la paziente e' mantenuta in stasi. L'attivita' cerebrale e' presente, intensa e visibilmente irregolare. Probabilmente la paziente ha effettuato uno sforzo psichico, oltre ad aver subito lo choc della ferita." --- Il lago era veramente splendido in quella stagione dell'anno. Seduta sul margine di una stretta lingua di terra, Lana sfiorava con le dita l'acqua dolcemente tiepida. Il paesaggio era incantevole. Il cielo blu intenso veniva di poco rischiarato dalla luna di Betazed, Lonita, che risplendeva esprimendo tutta la sua bellezza sulla tavolozza calma delle acque cristalline. Lana ammirava quel riflesso argenteo increspato dal tiepido vento, che le faceva ondeggiare una ciocca ribelle dei suoi lunghi capelli corvini. Porto' le dita della mano bagnata vicino al volto ed una goccia d'acqua le scivolo' lungo un braccio. Lentamente appoggio' la schiena sul tronco del maestoso albero che imperava dietro di lei. I suoi rami dolcemente spioventi sfioravano l'acqua come poco prima aveva fatto lei. Solo da un punto poteva scorgere l'orizzonte... tutt'intorno un dolce nido. Che sensazione di pace... che perfetta armonia... non sapeva perche' fosse li, ne' cosa dovesse fare, ma poco importava. L'essenziale era la pace che sentiva... l'importante era lottare per rimanerci. Chiusi gli occhi, abbandonata sull'erba che ricopriva il terreno, vide la luna compiere il suo percorso nel manto stellato, poco oltre i rami frondosi. Lentamente, cosi' come si era seduta, senza sapere quanto tempo lo fosse stata, si rialzo' e immerse i piedi nell'acqua, arrivando fino a dove i rami le celavano il resto del lago. Li scosto' come avrebbe fatto con una pesante tenda e rimase piacevolmente sorpresa: mille bollicine increspavano l'acqua in quel punto ed un caldo vapore si addensava vicino alla superficie per diradarsi e perdersi nel nulla. Con un gesto fulmineo fece cadere la corta veste cremisi che portava e rimase per un attimo ad ammirare il suo riflesso nell'acqua. Quindi procedette, incerta, fino a che si sedette nel centro di quell'oasi tiepida, su un masso poco sporgente e levigato dal moto ombroso del lago nei periodi di tempesta. Cosi' abbandonata si rannicchio' cingendo le gambe con le braccia, ammirando i riflessi che l'acqua crespa le restituiva. Piano piano vide pero' qualcosa galleggiare vicino a lei. Dapprima una, poi molte viole arrivavano verso di lei, come se ella le attraesse. Come era possibile? Quel fiore non esisteva su Betazed, era terrestre. Cautamente ne colse una dalle acque per sincerarsi di non aver guardato male. Eppure... era proprio una viola. Distolto lo sguardo da quella che aveva colto, si accorse che tutto intorno il lago ne era pieno, completamente ricoperto. Se all'inizio la sensazione era stata piacevole, ora la turbava. L'acqua si stava piano piano addensando e quando allungo' la gamba per farla emergere noto' che era cosparsa di un denso liquido viscoso, come una melma ambrata. La parola melma fece ridondare nella sua mente echi di ricordi lontani... troppo lontani perche' potesse concretizzarli, troppo sperduti perche' potesse farli riaffiorare in lei. Ne era semplicemente invasa, ma cio' era sufficiente a farla allarmare. Si alzo' immediatamente e corse verso terra, ma la melma si tramuto' in mani che la trattenevano e la tiravano a fondo, nelle profondita' nel lago. Ed allora rivide il ghigno del tenente Kwann mentre il suo volto si trasfigurava in quello del mutaforma che la aggrediva e con la sua lama straziante devastava la sua fragile vita. E grido' ancora, con tutte le sue forze il suo nome, ma non sapeva se qualcuno potesse sentirla... --- Senza esitare per un istante, fermandosi solamente il tempo necessario alle porte dell'infermeria per aprirsi, il capitano fece il suo ingresso nella sala che gia' conteneva cinque dei suoi ufficiali. "Troppi" avrebbe potuto pensare, se la sua mente non fosse stata occupata nel considerare il fatto che, se uno di loro aveva rischiato di non raggiungere l'infermeria vivo, un altro era gia' morto. La dottoressa Lupescu e tutto lo staff medico sembravano avere preso una piccola pausa, ed Harlock si diresse subito verso la sua amica. I suoi occhi erano talmente eloquenti che Ransie rispose con un sorriso nel miglior modo possibile, ponendo l'accento sull'ultima parola: «Stanno bene. Tutte e due.» Guardo' in direzione del lettino che ospitava Lana, il suo consigliere, ed Harlock vide che il pannello superiore si muoveva in continuazione, con gli indicatori che oscillavano attorno a quei disegni che sapeva significare "Ok, dagli due orette e sara' di nuovo in servizio!". Forse si muovevano un po' troppo irregolarmente, specie gli ultimi due a destra, ma il fatto che si muovessero era qualcosa che non si attendeva: Lana non era morta! Una buona notizia. Diresse il suo sguardo verso il lettino accanto, dove giaceva il suo capo sicurezza. Anche lei era stabile, quanto Lana almeno, e quindi un concetto molto particolare di stabilita', ma grazie alle cure di Ransie o del dottor Tofu sarebbe tornata in piedi, pronta a lanciare qualche altra frecciatina al comandante Sasuk. Il capitano si volto' quindi verso il suo primo ufficiale, in quel momento ancora nell'infermeria, e gli riformulo' l'ordine di andare a preparare la sonda da lanciare in sala macchine. «Entro cinque minuti la voglio in plancia per analizzare i risultati assieme a me ed al comandante Bato.- Harlock interruppe un momento il discorso, poi riprese -E si armi.» «Agli ordini, signore.» rispose Sasuk, uscendo poi dalla stanza. Ormai il consigliere Roden e il tenente Kusanagi erano nelle esperte mani della dottoressa Lupescu e del dottor Tofu, mentre di McRey non si sapeva ancora nulla. Harlock guardo' un ultima volta la dottoressa Lupescu, quindi si diresse, dietro Sasuk, fuori dall'infermeria, verso il suo alloggio. Ransie si avvicino' a Yota, guardando in direzione del capitano con aria preoccupata, pensando che avrebbe voluto tanto poter chiedere a Lana cosa mai provasse o pensasse adesso Derek. Lana pero' non poteva rispondere, e nonostante l'alto della sua esperienza, Ransie non riusciva lo stesso a leggere nei pensieri o nel cuore del suo capitano. «Non ha fatto una piega, neanche quando ha visto che era viva...» commento' quasi tra se e se. «Prego?» chiese il giovane dottore in seconda. «Niente,- sorrise falsamente Ransie -niente...» --- Non era difficile comprendere perche' il tenente comandante Bato trovasse spiacevole trovarsi al comando dell'Arcadia: la circostanza si presentava solamente in due occasioni ben distinte. La prima, il turno notturno, sgradita anche ai piu' ligi ufficiali della flotta, la seconda una situazione di estrema gravita', di quelle che coinvolgono grossi problemi e grosse responsabilita'. Tristemente la situazione attuale era la seconda. Le notizie che giungevano frammentarie dal resto della nave, quasi come un vero bollettino dal fronte, erano tutto fuorche' confortanti. Dopo McRey e Kusanagi, anche Lana, il consigliere Roden, era stata colpita, e le sue condizioni erano critiche. Seduto sulla poltrona del capitano, Bato cercava di controllare al meglio le proprie emozioni per rimanere lucido e all'erta. E' vero, gli anni passati a Doron l'avevano reso piu' duro, tuttavia piu' il materiale e' duro, piu' le poche incisioni che vi si provocano sono evidenti. E indelebili. Nella plancia, avvolta dall'irritante pulsare audiovisivo dell'allarme rosso, il nervosismo era palpabile, tale che si sarebbe potuto tagliare con l'ancestrale sciabola del capitano. Sullo schermo, la nebulosa, un'altro dei tanti misteri che il cosmo non sembra mai esaurire. Cosa nascondeva la nebulosa? Chi erano gli androidi? C'era qualche legame con l'assassino? In quell'istante Harlock fece il suo ingresso in plancia, un'ombra scura sul volto. «Comandante, a che punto siamo?» «Ho appena ricevuto il segnale di ok da Sasuk, signore. Ci raggiungera' subito.» Mentre formulava queste parole, Bato si alzo' per lasciare al capitano il posto che gli spettava di diritto. L'occhio gli cadde su uno strano oggetto assicurato sulla coscia di Harlock oltre al phaser. Presumibilmente, un'arma di difesa. Certamente non ordinaria. In ogni caso sarebbe stato fuori luogo fare delle domando a riguardo adesso. Sasuk arrivo' tempestivamente, con la consueta impassibilita' dei vulcaniani. Si sarebbe potuto dire che fosse distrutto dagli avvenimenti come che fosse felice come un neo-graduato dell'accademia, per la sua faccia non c'era differenza. Si sedette subito al suo posto, accanto al capitano. Un piccolo colpo al comunicatore. «Fate partire la sonda- e dopo alcuni secondi -Comandante- rivolto a Bato -Situazione.» «Parametri nella norma. Sembra che la sua idea funzioni. Possiamo anche avere un'immagine.» «Sullo schermo allora.» disse Harlock. Istantaneamente lo schermo dell'Arcadia cambio dalle infinite vastita' dello spazio alle finite e ristrette dimensioni di un piccolo corridoio lievemente illuminato. Sporadici globi d'interferenza ogni tanto cominciavano a nascere dalle immagini, ma non facevano in tempo a crescere che i meccanismi di controllo di Sasuk li annichilivano con efficiente rapidita'. «Siamo vicini alla sala macchine. Ecco, in fondo si vede la grata.» disse Bato. «Cautela comandante: ho degli uomini laggiu'.» Sullo schermo la sonda si avvicino' alla grata e la apri' con un colpo secco quanto impercettibile, poi scese a livello del pavimento. A quel punto, il video mostro' una scena terrificante. Il pavimento era coperto dai corpi degli ufficiali della sezione tecnica, gli androidi, quelli al momento visibili, stavano ritti e immobili, come un cadetto sull'attenti. «Segni vitali?» chiese Harlock, con il tono di voce di chi si aspetta la peggiore delle risposte. «Sono tutti vivi, signore. Alcuni non sono in condizione di perfetta salute, lievemente feriti, ma sono tutti vivi.» «Mi permetta di aggiungere, capitano, che non noto nessun accenno di reazione da parte delle entita' meccaniche. Secondo le mie speculazioni, con i loro sensori, avrebbero gia' dovuto rilevare la presenza della sonda.» s'intromise Sasuk. «Non ci vedono. Ovvero, non ci vedono come una minaccia in questo caso.» concluse Bato. «Pensate che potremo organizzare una squadra di recupero senza pericoli di ritorsione?» chiese il capitano ai due. «Potrebbe darsi. Suggerisco di far avanzare ulteriormente la sonda per registrare eventuali reazioni.» rispose il bajoriano. La sonda fluttuo' in avanti, cominciando a percorrere un giro completo della piccola sala in cui era sbucata. Le immagini erano simili alle precedenti, le reazioni degli androidi pure. Per un istante quasi impercettibile si vide uno degli androidi nella consueta posizione eretta, di fronte al nucleo di curvatura, un sottile fascio azzurro di luce collegava il petto del robot con il nucleo. Non si capiva in che direzione si muovesse l'energia, che sicuramente stava scorrendo su quel mezzo luminoso. «Cosa stava facendo?» esclamo' Bato sorpreso. «Non lo so, comandante, ma sembra che possiamo portare quella gente via di li'. Scoprirete cosa stanno facendo al nostro nucleo continuando le analisi, sia sulle registrazioni che con una seconda sonda.» «Sissignore.» La sonda concluse placidamente il suo tragitto, tornando sotto l'apertura dei tubi di jeffries. «Bene- disse Harlock -questa e' la conferma che aspettavo. Sasuk, organizzi una squadra di recupero da mandare in sala macchine, prepari una seconda sonda poi torni qui. Con il comandante Bato dovra' studiare i risultati di entrambe.» «Signore? Nel frattempo comincio a ordinare i dati raccolti dalla prima?.» chiese Bato. «No, comandante. Ci pensera' lei- disse Harlock guardando l'addetto alla console scientifica nel retro della plancia -Lei viene con me, dobbiamo smascherare un assassino.» --- «Computer, visualizzare sullo schermo le registrazioni audio e video della plancia della nave in Data Stellare...- Harlock penso' qualche secondo -da 57383.393 a 57383.395» Accompagnando il segnale acustico di comando riconosciuto ed eseguito, sul monitor del ponte d'osservazione apparvero immediatamente diverse immagini: Motoko a terra circondata dai suoi amici, due ufficiali della sicurezza, la poltrona del capitano, il timoniere seduto nella sua postazione. Tutte le diverse inquadrature che i sistemi di registrazione offrivano della plancia. Compresa quella che Harlock desiderava. Indicandola con un dito al suo ufficiale scientifico, il capitano ordino' al computer di isolare la visuale della camera che aveva ripreso il turboascensore accanto alla sua sala tattica. «Avanzamento veloce... interrompere. Ci siamo» il capitano guardava assorto l'immagine: nel monitor ora apparivano Derek, Lana e il tenente Kwann. Erano tutti di spalle e si stavano dirigendo verso il turboascensore. «Riprodurre la registrazione. Avanti piano...» entrambi gli ufficiali studiavano le figure sullo schermo, cercando di riconoscere l'addetto alla sicurezza che avrebbe dovuto scortare Lana sino al suo alloggio. «Computer interrompere... capitano, guardi, si e' finalmente voltato. Massimizzare area da F3 a H7» fece Bato. Ora il monitor riportava quasi esclusivamente il volto di un uomo. Approssimativamente avrebbe potuto avere venticinque anni, i capelli neri corti, e nessun segno particolare di riconoscimento. «Lei sa chi sia, comandante?» Bato penso' qualche secondo, poi rispose alla domanda del suo superiore «Nossignore. Non ho molta familiarita' con i membri del reparto sicurezza. Potrei riconoscerle tutti i ragazzi che rispondono a me personalmente, ma qui servirebbe Motoko...» disse, fermandosi una volta giunto al pensiero alla sua amica. «Computer, confrontare il volto presente sul monitor con il database dell'equipaggio dell'Arcadia.» Il computer lavoro' qualche secondo, poi dai suoi altoparlanti rese noto: «Ricerca effettuata. Si tratta dell'Ufficiale della sicurezza tenente Kwann, Abraham.» «Localizzare.» prese Harlock prima che il computer potesse finire. «Il tenente Kwann si trova sul ponte 13 settore 71.» «Harlock a Tenente Kwann. Rapporto.» «...» Senza bisogno di parole, Bato ed Harlock si diressero verso la porta, e quindi al turboascensore. --- McRey si ridesto' da quel suo sonno forzato. Gli era parso di sentire una voce che lo chiamava, ma era ancora troppo confuso per stabilire se quella voce provenisse da dentro di lui oppure no. Si sentiva intorpidito, spossato. Penso', ironicamente, come uno che avesse preso una scarica di phaser in piena schiena. Aveva tutta la muscolatura del collo indolenzita. Cerco' di portare le mani sulla testa per scostare la confusione dalla mente, ma non ci riusci'. Riprovo', ma il risultato non cambio'. McRey ebbe la piena consapevolezza di un sentimento che non provava da tanto tempo, da Wolf 359. Riconobbe subito questa sensazione. Paura. Cerco' disperatamente di muovere le braccia ma era come se il suo corpo non gli appartenesse piu'. Si sforzo' di mantenere la calma, cercando di capire cosa stesse succedendo. Si guardo' intorno: vedeva degli strani robot umanoidi che comparivano dal nulla, o cosi' pareva a McRey, e scomparivano altrettanto misteriosamente. La sala macchine era vuota, fatta eccezione di lui e del tenente Breetai, che giaceva a pochi metri apparentemente privo di conoscenza. E dei robot ovviamente. McRey tento' di capire cosa stessero facendo quelle creature, era come se vagassero sotto forma di luce chissa' dove per poi tornare in sala macchine, e collegarsi mentalmente per un attimo ad uno strano terminale posto al centro della sala, sul tavolo. "Stanno facendo rapporto a qualcuno- penso' Peter -ma a chi?" Improvvisamente un portello che dava sui tubi di Jeffries si apri', e McRey vide gli addetti alla sicurezza e un sottufficiale medico entrare in sala macchine. Noto' che erano disarmati. Si avvicinarono a lui, chiedendogli come stesse. «Sto bene- rispose -ma non posso muovermi. La scarica deve aver danneggiato i servocircuiti della mia colonna artificiale.» Subito dopo aggiunse: «Breetai?». «E' solo svenuto, comandante, adesso usciremo da qui». McRey si chiese come potessero farlo con quei robot di guardia, anzi fu meravigliato del fatto che nessuno di quegli esseri di metallo pensasse a loro. Il guardiamarina parve leggergli nel pensiero, forse era betazoide, penso' Peter, e disse «Non penseranno a noi finche' siamo disarmati, non sono ostili.» Lo issarono su una barella, e dopo qualche metro dalle porte di accesso ai tubi, che qualcuno aveva chiuso, McRey senti' il guardiamarina chiamare la plancia. «Guardiamarina Sikora a plancia. Ci stiamo dirigendo in infermeria con il comandante McRey. Sta bene ma e' costretto all'immobilita'.» Una fredda voce vulcaniana rispose: «Ricevuto guardiamarina.» E nient'altro. McRey sorrise storto pensando che Sasuk era il vulcaniano piu' freddo che avesse mai conosciuto. Ma era troppo stanco e troppo contento per pensare male di qualcuno. Sorrise di nuovo, questa volta piu' convinto. --- A passo veloce i due ufficiali raggiunsero la loro destinazione. Il corridoio era vuoto. Entrambi avevano in mano il phaser, come se un tacito ordine fosse giunto ad entrambi dal loro buon senso. Harlock aveva ancora la strana pistola infilata nella fondina saldamente assicurata alla sua coscia. «Tenente comandante Bato a tenente Kwann, mi risponda.» «...» Con un cenno del capo il capitano fece intendere all'ufficiale scientifico di controllare le stanze piu' avanti nel corridoio, mentre lui si sarebbe occupato di quelle precedenti. Mentre apriva la seconda porta, Harlock fu interrotto dalla voce di Bato attraverso il comunicatore. «L'ho trovato, capitano!» Una rapida corsa, poi tutti e due furono partecipi di uno spettacolo simile a quel che avevano visto Motoko e Myria: Kwann giaceva per terra in una pozza di sangue, il suo sangue, ed aveva numerose ferite sul corpo. Chino accanto al corpo, Harlock ruppe il silenzio: «Non sono Ransie, ma questo...» Bato, raccolto il comunicatore di Kwann a poca distanza dalla porta, concluse la frase: «...non e' un delitto risalente a dieci minuti fa.» Harlock penso' qualche secondo, poi chiese «Era Sommerfield, vero?» «Sissignore.» «Computer, localizzare Sommerfield.» --- Harlock e Bato arrivarono sul ponte 6 contemporaneamente ad una squadra della sicurezza. «Signore.» fecero, mettendosi sull'attenti. «Cosa ci fate qui?» «Abbiamo avuto delle difficolta' a localizzare Sommerfield, il computer non lo localizzava» disse chi tra di loro mostrava un numero maggiore di dischi sul colletto. «D'accordo, adesso cerchiamolo.» «Oh mio Dio! Signore!- fece uno dei responsabili dell'ordine interrompendo il capitano ed indicando una porta in fondo al corridoio -guardi li'!» Si precipitarono verso la porta, sotto la quale si allargava una macchia di sangue. Gli ufficiali si misero in formazione, uno di essi davanti alla porta, e gli altri due ai lati della stessa, mentre il capitano e Bato si trassero da parte, quindi diedero alla porta l'ordine di aprirsi. E trovarono Sommerfield. --- McRey entro' in barella nella sala che fungeva da infermeria, e si rese subito conto di una cosa: non era il solo che li' dentro avesse bisogno di cure. Su due lettini giacevano senza conoscenza il consigliere Roden e il tenente Kusanagi. La prima pareva stesse quasi dormendo, anche se il suo non era un sonno privo di incubi. McRey sapeva di questo straordinario potere dei betazoidi che riuscivano a comunicare anche durante le fasi di sonno, ma in cuor suo sperava che in quel momento il consigliere stesse con la sua mente lontano da tutto quello che stava accadendo sulla nave. Volse lo sguardo sul tenente, e quello che vide gli piacque poco. La trill presentava una gran quantita' di ferite, e dal colorito pareva aver perso molto sangue. Se c'era qualcuno che poteva ridurre cosi' quella femmina infernale, allora questo qualcuno doveva essere molto pericoloso. McRey mando' mentalmente un abbraccio alle due, ne' avrebbe potuto fare altrimenti, e venne distratto dai suoi pensieri dal dottor Tofu che stava sopraggiungendo. «Dunque Comandante, lei presenta una paralisi dei servocircuiti di stabilita' della sua colonna bionica. Il problema non e' grave e potremo risolverlo facilmente. Ho qui tutti i dati delle sue operazioni... forse le fara' un po' male...» dicendo questo accosto' un macchinario alla schiena del tenente comandante infilando nella zona lombare un piccolo ago luminoso. McRey non aspetto' nemmeno che finisse di parlare: «Male?- disse nella sua solita ironica spavalderia -non potrebbe farmi piu' male di quando... AHIA!» «Fatto- ridacchio' Tofu sbucando da dietro alla schiena del paziente -Le ha fatto piu' male di ‘quando’?» "Diavolo di un dottore", penso' McRey sorridendo, un giorno di questi avrebbero potuto bere qualcosa insieme, magari anche con Bato. Bato, Sasuk, il capitano... chissa' come stavano loro. Si giro' per guardare le due donne, e lancio' un'occhiata interrogativa al dottore. Tofu disse solo «Credo... che in plancia abbiano bisogno di lei McRey. Qui stiamo facendo il possibile per loro.» «Ne sono certo dottore- rispose l'irlandese con un sorriso amaro. Poi si volto'. -McRey a capitano.» Una voce: «La ascolto comandante» «Mi dirigo da lei per fare il mio rapporto. Il dottor Tofu mi ha rimesso a nuovo». La voce rispose «Molto bene comandante, bentornato tra noi. La aspettiamo.» McRey si volto' di scatto verso l'uscita con il ghigno dell'atleta che torna in campo dopo una lunga assenza, ma mentre le porte si richiudevano davanti a se rivide le due donne sui lettini, e ripenso' ai robot e a quell'assurdo attacco. E quando disse «plancia» all'interno del turbo ascensore non sorrideva piu'. --- «... e questo e' quanto e' accaduto nella sala macchine prima che io svenissi.» Disse il comandante McRey rivolgendosi agli altri ufficiali che si trovavano nel ponte d'osservazione. Harlock, Sasuk, Bato e la dottoressa Lupescu erano seduti attorno al tavolo ascoltando il rapporto dell'ufficiale. «Fortunatamente- commento' Bato -questi esseri meccanici sembrano averla attaccata unicamente per evitare che potesse disturbarli o attaccarli. Motoko e Lana non sono state altrettanto fortunate...» Gli astanti tacquero un momento, quindi Bato riprese: «Io ed il capitano abbiamo fatto una scoperta... direi inquietante...- il comandante rimase in silenzio, poi, guardando Harlock, continuo' -Mentre Sasuk lanciava la seconda sonda, noi cercavamo il tenente Kwann, cui era stato ordinato di scortare Lana al suo alloggio e quando l'abbiamo trovato...» «Come gia' avevate notato voi stessi,- interruppe la Lupescu -il tricorder medico conferma che il decesso risale a diverso tempo prima della presenza del tenente Kwann in plancia.» «Questo- prese il capitano -va accompagnato allo strano atteggiamento di Kwann in risposta al mio ordine, e al ritrovamento del cadavere di Sommerfield, indicato da Motoko come l'assassino di Farrell nonche' come suo aggressore. A questo punto non credo ci siano piu' dubbi sulla vera identita' dell'omicida.» «Un mutaforma.» concluse l'ufficiale scientifico. Tutti quanti tacquero, ad eccezione di Sasuk che prese parola con la sua solita calma ed impassibilita': «Trovo la conclusione alquanto affrettata, signore. La vostra supposizione si basa su prove indiziarie, e non su fatti certi.» «Lei cosa pensa, Sasuk?» «Potremmo trovarci di fronte ad una forma di vita di pura energia che si impossessa dei corpi di membri dell'equipaggio e, una volta fuoriuscitane, ne causa la morte.» «Questo, pero', non giustificherebbe la presenza del tenente Kwann in plancia mentre il suo corpo giaceva senza vita nel ponte 13.» interruppe il capitano. «Non possiamo sapere- riprese impassibile Sasuk -come funzioni il processo di appropriazione del corpo da parte delle forma di energia. Potrebbe consumare rapidamente l'involucro umano e, una volta uscitone, il processo deteriorativo ne risulterebbe alterato, ipoteticamente accelerato, il che corrisponderebbe con le vostre osservazioni.» «Non ho mai visto una cosa del genere- prese il dottore -ma effettivamente non lo riterrei da escludersi a priori. Suggeriro' al dottor Tofu di ripetere l'autopsia al corpo di Kwann alla ricerca di possibili conferme. Una accelerazione del processo deteriorativo dovrebbe trovare riscontro in un aumento nella percentuale di psicofitofosfina nei percorsi sinaptici e nelle ghiandole come ipofisi e ipotalamo.» «Altrimenti, potrebbe trattarsi di una forma di una forma di energia che imita i corpi dei nostri ufficiali. Tecnicamente potrebbe essere definito anche esso ‘mutaforma’, tuttavia di una tipologia completamente diversa. Quella del mutaforma dovrebbe quindi essere considerata solamente una delle possibili ipotesi, fino al conseguimento di prove certe.» Logica schiacciante, tuttavia Harlock non appariva del tutto convinto. «Con tutto il rispetto, signore- inizio' McRey -la guerra col Dominio e' finita da anni e siamo stati lontani dal tunnel per il quadrante Gamma fin dal varo della nave. Questo significa che il mutaforma dovrebbe essere salito a bordo assieme all'equipaggio. Ma allora...» «... perche' iniziare ad uccidere unicamente ora? Illogico.- nonostante l'ipotesi del mutaforma del Dominio non fosse secondo Sasuk la piu' probabile, la sua logica era pronta ad analizzarla al pari delle altre -Le interferenze nelle comunicazioni prodotte dalla nebulosa ci rendono un facile bersaglio per un attacco dall'interno, tuttavia esse non erano preventivate o attese con questa intensita'.» «Va poi aggiunto- continuo' l'analisi del vulcaniano -che ci troviamo apprezzabilmente lontani dal tunnel, il che renderebbe rischioso il recupero della nostra nave una volta conclusa l'opera del mutaforma. Troppo rischioso per una nave come la nostra Arcadia, nave valida e giovane secondo gli standard, ma pur sempre vecchia rispetto alle ultime classi prodotte, come la Sovereign, e soprattutto militarmente inferiore a classi come la Prometheus, la Defiant o la Akira.» «Insomma Sasuk- prese McRey -che senso avrebbe rubarsi una vecchia carretta come la nostra se con rischi minori possono impadronirsi di una fiammante fuoriserie?» «Percepisco del sarcasmo nella sua risposta, comandante, tuttavia reputo la mia analisi corretta e profondamente logica.» «Perche' lei non e' mai sceso in sala macchine, Sasuk...» "Hai ragione vulcaniano- penso' il capitano -ma forse questa ‘carretta’, come la ha chiamata McRey, nasconde qualche segreto che potrebbe interessare il Dominio. D'altronde io le sono stato assegnato proprio per scoprirne il mistero ed i segreti." Conclusi i suoi pensieri, Harlock prese parola contemporaneamente al primo ufficiale scientifico Bato Ronek, cui evidentemente interessava di piu' scoprire da dove provenisse l'eventuale mutaforma, piuttosto che discutere sulle potenzialita' e sull'invecchiamento precoce della classe Galaxy. Bato tacque istantaneamente, ma lo sguardo, ed il cenno di assenso del capitano, lo fecero riprendere a parlare. «Se non e' salito a bordo durante l'imbarco di tutto il personale, se la guerra e' finita da anni, se siamo lontani dal tunnel... da dove e' venuto e che ci sta a fare questo ‘mutaforma’ a bordo?» Prima che Sasuk potesse rispondere alla domanda che era, evidentemente, rivolta alla sua analisi, Harlock prese parola: «Questo e' quanto dovremo scoprire al piu' presto. Conoscere la provenienza e lo scopo del mutaforma- guardo' Sasuk- se di un mutaforma si tratta -puo' aiutarci a liberarcene. Come se non bastasse, a parte il fatto che si sono dimostrati non ostili, non conosciamo nulla degli esseri meccanici che hanno occupato la sala macchine.» McRey accompagno' la rievocazione dell'occupazione con un sommesso borbottio di disappunto. Se l'Arcadia poteva essere considerata la casa di ogni membro dell'equipaggio, McRey si sentiva piu' a suo agio davanti al nucleo di curvatura che non nel suo stesso alloggio. «Signore- prese il primo ufficiale -mentre lei e Bato cercavate di trovare il tenente Kwann, come da lei ordinato ho approntato il secondo apparato sensorio mobile e l'ho lanciata. Al momento si trova nella gia' nella sala e sta registrando quel che vede.» «Ottimo. Sullo schermo.» Il monitor del ponte d'osservazione si accese non appena Sasuk, alzatosi dalla sua poltrona, vi inseri' alcuni dati. Si vedevano gli esseri meccanici e, come prima, erano tutti fermi, come sull'attenti. «Quando mi hanno attaccato si muovevano molto di piu', che e' successo, hanno finito le batterie?» esclamo' McRey tra il serio ed il faceto. E con una sempre evidente punta di stizza e rancore. A queste parole Bato si volto' verso McRey, quindi si diresse accanto a Sasuk. «Computer, aprire una finestra contenente i dati della mia analisi della nebulosa. Accedere alle scansioni di interferometria comparata della nebulosa, con riferimento alle oscillazioni periodiche del reattore materia-antimateria.» «Mentre lei era stordito, comandante, abbiamo fatto alcune analisi e abbiamo notato come il periodo di rotazione del nucleo della nebulosa e quello delle oscillazioni di flusso nel reattore siano entrambi multipli di una bassa armonica di base. Se eliminiamo le armoniche superiori dal periodo della nebulosa vediamo come i due spettri di ampiezza e fase coincidano perfettamente.» fece Sasuk. «Abbiamo individuato la fonte della distorsione come interna alla nave e localizzata in sala macchine. La nostra ipotesi era che qualcosa ci stesse sottraendo energia.- riprese Bato -Se poi consideriamo il fascio luminoso azzurro che connette il nucleo di curvatura con il robot di fronte ad esso...» «...stanno ricaricando le batterie...» concluse mormorando McRey. --- Aveva sempre sofferto di claustrofobia. Ma stranamente, in quel momento, il ricordo di questa sua paura era molto lontano, nonostante tutto. Era cosi' strettamente rannicchiata che le dolevano le nocche, mentre con le mani cingeva le ginocchia, la fronte china su di esse. Quando finalmente si decise ad alzare il capo, i suoi occhi scorsero l'inusuale prigione. Era come se fosse racchiusa in una bolla di sapone. Era stranamente sospesa al centro di quella sfera perfetta dalla superficie oleosa, che rifletteva l'immagine contorta del suo volto. Era buffa... buffa con il viso cosi' allargato, schiacciato, e gli occhi simili a due strette nere fessure. Preso un po' di coraggio, mosse lievemente il capo in avanti e si mise a far boccacce a quella strana figura che era la sua immagine a ridosso della sfera. Ma qualcosa accadde. Improvvisamente vide la sua immagine allontanarsi e farsi piu' piccola, dando spazio ad una scena inconsueta. Si trovava... non vedeva bene, era come dietro un bancone. Davanti a se... una scena confusa, parole che echeggiavano, come se si trovasse in una grande camera dalle pareti spoglie. Poi un improvviso lampo azzurro, un bagliore che le fece, d'istinto, parare gli occhi. La sfera ora le restituiva altre immagini. C'era lei, in piedi con abiti di strana foggia, uno stile che non conosceva. Aveva in mano una strana arma, anch'essa sconosciuta. Davanti a lei... ancora lei. Due persone dallo stesso aspetto... eppure... stranamente sapeva di poterle distinguere. Una impugnava un arma, l'altra sosteneva la situazione con lo sguardo fieramente alto, gli occhi che brillavano di uno strano luccichio... poi... uno sparo... e la figura dallo sguardo tanto fiero... non vedeva bene, ma sembrava stringersi le mani al petto... Ora la visuale sembrava meno annebbiata. Ma la seconda figura si stava piano piano dissolvendo... no, si stava sciogliendo in una melma ambrata che poco a poco vaporizzo'. Rimase attonita ad osservare la sua immagine con l'arma in mano... ma poi tutto nuovamente cambio'... di nuovo l'eco della stanza vuota, l'immagine sfuocata del bancone... e la consapevolezza di aver ucciso, chissa' come, se stessa. Il pensiero delle immagini viste le affollava la mente. Allungo' una mano verso la superficie della bolla... ma non fece in tempo. Questa improvvisamente scoppio' precipitandola in un urlo senza fine. --- «Ricapitoliamo- Harlock cambio' posizione e appoggio' entrambe le braccia sul tavolo, sporgendosi leggermente su di esso -lei, Bato, lancera' una sonda all'esterno della nave e fuori dalla portata delle interferenze della nebulosa in modo da poterla usare come ponte radio e trasmettere e ricevere informazioni dalla flotta. Ransie, lei ed il suo staff cercherete di usare questo ponte per scoprire ogni possibile informazione sui mutaforma... debolezze conosciute, particolarita'... tutto.» Mentre parlava, il capitano muoveva la mano destra indicando man mano le persone cui si rivolgeva. Adesso indicava McRey. «Lei si rechera' in sala macchine e terra' sotto controllo gli androidi, o robot, o quel che sono. Mi raccomando, non li ostacoli a meno che non percepisca pericoli per la nave.» «Non penso ve ne sia rischio.» fece Sasuk. «Vedro' comunque di tenerli sotto controllo» replico' McRey portandosi d'istinto la mano destra a toccare la schiena in prossimita' della colonna vertebrale come a verificarne la ritrovata funzionalita'. «Per quel che riguarda lei e me, signor Sasuk...» La voce di Harlock fu interrotta dall'interfono del computer centrale, e dalla voce del tenente Mc Connelly. «Signore, i sensori hanno rilevato un runabout federale in avvicinamento...» «Arriviamo tenente.» rispose il capitano guardando Sasuk negli occhi e, alzandosi dalla sedia, dismise i suoi ufficiali. --- Il tenente Mc Connelly aveva ripreso la sua postazione di timoniere non appena il capitano era entrato in plancia. Ora Harlock si trovava in piedi di fronte alla sua poltrona, gli occhi fissi sullo schermo visore, un'espressione leggermente infastidita sul volto. «Capitano, le da' forse fastidio vedermi arrivare?» esordi' K'Berh tal'noStagh, il klingon assegnato all'Arcadia dall'Alto Consiglio in un programma di scambio culturale. Sergente di vascello sulla Chal'Kamei, il tenente in visita K'Berh avrebbe dovuto essere gia' da tempo a bordo dell'Arcadia occupando la mansione di ufficiale tattico del tenente Anna Monteiro, ma impedimenti pertinenti il suo senso dell'onore avevano ritardato il suo imbarco a bordo. «Francamente avrei preferito riceverla in un momento migliore» Il capitano fece una breve pausa vedendo Sasuk avvicinarsi. «Signore, non possiamo sapere se ci troviamo di fronte il vero tenente K'Berh oppure una seconda forma di vita, mutaformica o meno, che ne abbia assunto le sembianze. Suggerisco di non fornirgli ulteriori informazioni finche' non saremo sicuri della sua identita'.» Annuendo, Harlock riprese il discorso con il klingon. «Capitano, chiedo il permesso di salire a bordo.» «Acconsentito, tenente, tuttavia- disse Harlock guardando Sasuk -abbiamo dei problemi con l'hangar navette. Bloccheremo il suo runabout con il raggio trattore e provvederemo a teletrasportarla a bordo. Harlock, chiudo.» Detto questo il capitano fece un cenno al suo primo ufficiale e si diresse verso il turbo ascensore. --- Avvolto dal silenzio dell'infermeria Yota ne stava aggiornando il diario, tuttavia era distratto. Continuava a ripensare alla strana natura delle ferite riscontrate sui cadaveri e sui feriti. Chi avrebbe potuto portare in giro per la nave un'arma da taglio di quelle dimensioni senza farsi notare? E come faceva ad avvicinarsi cosi' tanto alle vittime senza farsi riconoscere? Doveva essere un individuo molto veloce, silenzioso ed astuto... La luce dello schermo esaltava l'espressione meditabonda del giovane dottore. Distolse lo sguardo dal terminale, e si guardo' intorno. Lana era ormai fuori pericolo, il secondo intervento era riuscito perfettamente, ora aveva solo bisogno di tempo per riprendere energie, ma non era il suo corpo il problema, ma la sua mente. Si volto' a guardare il monitor alla testa del suo letto, la linea dell'encefalogramma continuava a danzare freneticamente come un pessimo ballerino privo del senso del ritmo. Il grande dono che la natura aveva donato alla sua razza spesso le si ritorceva contro. Angosciato da una insopportabile sensazione di impotenza il dottore torno' a voltarsi verso il monitor di fronte a lui passando lo sguardo sul lettino accanto, quello del tenente Kusanagi. Fortunatamente almeno per lei era tutto risolto. Il simbionte non era rimasto danneggiato ed era stato messo in stasi per rallentarne il metabolismo e permettere al corpo ospite di riprendersi piu' in fretta. Ancora una settimana o due e tutti avrebbero potuto rivedere la bella e fiera Motoko camminare con passo spedito e sicuro per i corridoi della nave. Preso da questi pensieri Yota si accorse che la dottoressa era tornata solo quando senti' la sua mano sulla spalla. La guardo' in volto e capi' che la riunione in sala tattica non aveva dato buone notizie. «Allora, siamo riusciti a sapere qualcosa di piu' su gli omicidi?» «Si, sono tutti convinti che si tratti di un mutaforma.» «Un mutaforma! ... Avevo pensato a qualcosa del genere, ma come avrebbe fatto a salire sulla nave senza farsi scoprire?» «A questo penseremo dopo, ora la cosa piu' importante e' riuscire a fermarlo. Il capitano ci ha incaricato di trovare qualsiasi informazione utile a questo scopo.» «Ma nell'archivio della nave non c'e' nulla! Dovremmo chiedere accesso all'archivio medico della flotta, ma con le comunicazioni interrotte...» «Verra' lanciata una sonda all'esterno della nave per tentare di stabilire un ponte radio. Non possiamo far altro che aspettare e mantenere la calma...- la dottoressa mise nuovamente la mano sulla spalla del tenente e gli sorrise -... Stai tranquillo, vedrai che riusciremo a fermarlo». Controllo' i monitor dei due lettini e si ritiro' nel suo studio lasciando il tenente solo in infermeria. Rasserenato dal comportamento della dottoressa Yota si rimise a sedere. --- "Diario Personale del comandante Ransie Lupescu: la situazione che si e' venuta a creare sulla nave e' estremamente critica, le tremende morti di alcuni membri dell'equipaggio e la presenza sulla nave di un mutaforma sanguinario e incontrollabile... aggiunte alla presenza di una razza aliena sconosciuta che ci impedisce qualsiasi movimento hanno messo in agitazione tutti, ed i piu' deboli rischiano di precipitare nel panico. La mancanza del consigliere in questo momento rischia di avere una rilevanza molto pesante. Le mie preoccupazioni sono riposte soprattutto verso il capitano, il suo comportamento fiero ed imperturbabile sembra uno scudo alzato a nascondere ferite passate che lo rendono fragile. Per quanto ancora potra' trattenere dentro di se le sue angosce senza rimanerne schiacciato? Inoltre anche se sono sotto il suo comando da poco tempo, i membri dell'equipaggio hanno gia' molta stima di lui, se dovesse crollare, tutto il resto dell'equipaggio andrebbe in crisi." --- Le pareti del corridoio sfilavano rapidamente ai lati del primo ufficiale scientifico. Bato avrebbe trovato interessante formalizzare per divertimento quanto la percezione del tempo acceleri in proporzione al bisogno che si ha dello stesso, ma la sua mente era impegnata in questioni piu' urgenti e importanti. Con una mano a reggere il mento della testa lievemente inclinata, avanzava pensieroso, cercando di realizzare la migliore calibratura degli strumenti per la sonda che avrebbe lanciato da li' a poco. Una piccola figura invase il suo campo visivo. Passivamente recepi' il suo avvicinamento, la sua divisa, rossa, i suoi gradi e la sua faccia. Una piccola porzione del suo cervello, quella non impegnata in complessi ragionamenti sulle comunicazioni in un ambiente soggetto a distorsioni di fase, riconobbe nell'uomo un sottotenente con cui aveva avuto il piacere di scambiare qualche parola proprio il giorno prima al bar di prora. Corwyn, se non ricordava male. Il discorso era stato tutto incentrato sui giorni dell'accademia, di cui il sottotenente Corwyn era sicuramente piu' aggiornato, e di come i terminali del laboratorio di fisica continuassero a bloccarsi sulle simulazioni degli esperimenti riguardanti i balzi spazio-temporali. Qualche istante prima dell'incontro laterale dei due corpi, Bato noto' il rapido movimento verso l'alto del braccio di Corwyn. Stupido che era! Non aveva ancora provveduto a salutarlo, come invece il sottotenente diligentemente stava facendo. Alzo' di scatto il suo braccio per un breve cenno di saluto. Ne ebbe in risposta una piccola fitta, seguita da un dolore lieve ma bruciante. Istintivamente si ritrasse di un buon metro e fisso' il giovane sottufficiale. Dalla sua mano destra si protendeva una strana appendice dal colore grigiastro di circa trenta centimetri. Una condensa vorticosa, tale da sembrare liquida, dalle dubbie caratteristiche cromatiche la rendeva tutt'uno con il polso rosa. Aveva tutta l'aria di essere solido e soprattutto molto tagliente. Poche frazioni di secondo per razionalizzare: "Ok, Ronek. Tutti a cercare l'assassino ed eccolo qua, davanti a te. Se adesso eviti con una finta il suo prossimo affondo, puoi prenderlo da dietro e... scordatelo! La tua tuta e' blu, non gialla!». Pensato questo si getto' in avanti con le braccia ad allontanare ciecamente il colpo che aspettava e l'adrenalina che saliva progressivamente a curvatura 9.6. Per sua fortuna l'assassino fu preso alla sprovvista da questa sua mossa inaspettata. Per quanto alieno anche lui non poteva prevedere una vittima che invece di rimanere paralizzata dal terrore o fuggire gli si gettasse contro. Cosi' esito' quel tanto che bastava per permettere a Bato di passargli innanzi e al suo prossimo fendente di disperdersi nell'aria. I corridoi sembravano infiniti al bajoriano braccato dall'ignoto. Un labirinto di porte e angoli, nelle quali cercava la salvezza di un turbo-ascensore. Si fermo' un attimo per riprendersi, ansimante, spalle alla parete. Sapeva che l'assassino non aveva mollato. Lo stava seguendo, o nella migliore delle ipotesi lo stava cercando. Lo sentiva. Quei pochi istanti gli divennero subito utili per ricostruire gli eventi. Si guardo' la manica, lacerata sull'avambraccio dalla parte del corpo. Lasciava intravedere un piccolo squarcio oblungo arrossato. Alzando il braccio per salutare cio' che pensava fosse il sottotenente Corwyn aveva fortuitamente evitato il colpo diretto verso il lato del suo addome. "Credo che Sasuk dovra' ricredersi sulla teoria del mutaforma". Ebbe modo di pensare nel turbinio di pensieri misti a sensazioni. Freneticamente Bato comincio' a premere sul suo comunicatore, scoprendo sconsolatamente che era isolato. Apparve all'improvviso. Forse una svista. Tant'e' che dalla sua assenza alla sua presenza non ci fu nessuna transizione. L'assassino l'aveva trovato. Lo vedeva avanzare di corsa per il corridoio. Bato fece appena in tempo a notare cosa avesse davanti: una grossa porta blindata, piu' piccola solo di quelle che danno all'esterno della nave. Forse aveva trovato una maniera per scamparla. --- «Sala macchine» esclamo' McRey appena entrato nell'ascensore. Piu' che altro era stato un balzo, quello compiuto dall'irlandese, non appena il capitano aveva assegnato loro i compiti. Nessuno poteva rubare energia dal suo motore, nessuno. A costo di beccarsi di nuovo una scarica addosso. Il capitano era stato molto chiaro a riguardo, niente eroismi, in nessun modo doveva mettere a repentaglio la vita di un membro dell'equipaggio. Il compito di McRey era quello di osservare e riportare, niente interventi. Ma come si poteva quando quel groviglio di metallo stava facendo questo al suo motore a curvatura? Adesso era un ufficiale della flotta, non piu' il giovane spaccone di qualche tempo fa... avrebbe eseguito gli ordini. Le porte del turboascensore si aprirono e McRey si trovo' davanti alle porte, ancora chiuse, della sua sala macchine, oltre le quali si estendeva l'impenetrabile campo di forze. A fare la guardia ai lati delle porte c'erano due addetti alla sorveglianza. «Non puo' passare di qui, signore, il campo e' ancora attivo ed impenetrabile.» fece il ragazzo alla destra della porta. «Devo trovarmi in sala macchine, non nei corridoi antecedenti!- fece McRey -non c'e' modo di entrare?» «Sissignore, esiste un punto di accesso alla sala macchine, e corrisponde al condotto di Jeffries secondario.» «Il condotto tramite il quale abbiamo evacuato la sala macchine, signore.» aggiunse l'altro ufficiale. «Si, ho capito. Vorra' dire che ci aspetta una bella passeggiata- disse tra se e se McRey toccandosi il comunicatore -Peter a Chang, la voglio nella terza intersezione di poppa del condotto di Jeffries 15f. Porti un amico...» --- Avesse avuto un maggiore senso dell'umorismo, al suo riapparire a bordo dell'Arcadia K'Berh avrebbe commentato che la guerra col Dominio aveva modificato le usanze della Flotta Stellare in modo davvero peculiare. Da buon Klingon, tuttavia, il senso dell'umorismo venne decisamente a mancare quando si vide puntati tre phaser di tipo III contro il petto. «Che significa questo?!?» tuono' il klingon. Il capitano scambio' una rapida occhiata con Sasuk che, dopo aver diretto un tricorder in direzione di K'Berh ed averne controllato i risultati, gli fece un cenno di assenso con il capo. «Mi scusi, sergente K'Berh, ma era una precauzione necessaria: nelle ultime ore una forma di vita capace di assumere le sembianze dei membri dell'equipaggio si e' data all'omicidio e non potevamo rischiare che lei non fosse chi si dichiarava essere.» «E' per questo che mi avete puntato addosso quei fucili?» continuo' risentito K'Berh guardando tutti con aria arcigna. Gli ufficiali della sicurezza avevano repentinamente abbassato i phaser non appena Harlock aveva ricevuto la conferma di Sasuk, ma questo, assieme alla spiegazione del capitano, non bastava a placare l'ira del Klingon. «Al momento del suo rimaterializzarsi a bordo, Sasuk ha provveduto a farle un check up alla ricerca di nano-barioni, particelle che investono la nave dal momento del suo avvicinamento alla nebulosa. Sono innocui per gli esseri umani ma sembrano la causa delle interferenze nelle comunicazioni subspaziali, e ci consentono di stabilire chi sia stato nei pressi della nebulosa nelle ultime ore... e lei ne e' sprovvisto.» «Non toglie che potrei essere un rinforzo della vostra creatura, proveniente da un punto esterno alla fascia di influenza della nebulosa.» «Alquanto improbabile- prese il primo ufficiale -date le circostanze attuali ci sentiamo di escludere la possibilita' di una origine che non riguardi la nebulosa. Le modalita' della sua apparizione sono fin troppo legate ad essa perche' si tratti di una coincidenza. Malgrado ancora non abbiamo sufficienti informazioni per stabilirne la natura, questa entita' omicida deve avere a che fare con la nebulosa.» Il klingon rimase per un momento in silenzio, le sue sopracciglia ancora incurvate, quindi torno' calmo e, scendendo dalla pedana del teletrasporto, disse al capitano: «E' fortunato che gia' ho avuto modo di incontrarla e conoscerla, altrimenti non avrei tollerato un simile affronto rimanendo con le mani in mano.» «Ne sono certo- rispose impassibile Harlock -come sono certo che abbia capito la necessarieta' delle nostre precauzioni.- il capitano si fermo' un attimo, poi riprese guardando il sergente K'Berh negli occhi- Malgrado la situazione, sono contento di rivederla ed averla a bordo come ufficiale tattico.» «Il sottotenente Makaulahy la accompagnera' al suo alloggio e le fara'...» inizio' Sasuk guardando l'addetto alla sicurezza, ma non fece in tempo a terminare il discorso che K'Berh si volto' di scatto con un aspetto tra l'offeso ed il minaccioso, spingendo Harlock a concludere rapidamente: «... da prova che e' lei e non la forma di vita omicida.» --- La pesante porta si mosse scorrevolmente sulle sue guide permettendo l'accesso del mutaforma alla stanza. "Come previsto- penso' Bato -E' in grado di utilizzare i sistemi di comando delle porte". Adesso erano di fronte, agli opposti della stanza. Una decina di metri in tutto. Bato, tenendosi la ferita con una mano, poteva sentire i suoi occhi privi di emozioni guardarlo come se volesse trafiggerlo. Si dilettava a ritrarre ed estendere la lama dal braccio, come se stesse gia' pregustando il momento in cui avrebbe fatto il medesimo lavoro con un corpo di mezzo. Il suo corpo. Aprendo la bocca in una postura che nulla aveva di umano, l'assassino scatto' verso il bajoriano. Bato aveva un'unica speranza, ed era del tutto intenzionato a non farsela sfuggire. Disse ad alta voce: «Attivare programma Bato RMLZ33». Come una moderna formula magica, le parole causarono la scomparsa delle pareti nere grigliate di giallo per un ambiente fisicamente impossibile da far entrare in quel luogo. L'assassino sembro' disorientato, intorno a lui si stendeva un prato perfettamente rettangolare percorso in lungo e largo da uomini con magliette variopinte. Oltre prato si vedevano delle larghe strutture che ospitavano molte altre persone, ferme anche se si agitavano parecchio. L'assassino divento' un volto di stizza. Decise di sfogarsi contro l'uomo piu' vicino. Con avventata e incontrollata rabbia affondo' la sua lama nel corpo del malcapitato che prontamente ruzzolo' a terra contorcendosi. Ci fu un fischio breve e acuto, un uomo vestito di nero si avvicino' di qualche passo e con un gesto solenne alzo' in sua direzione un cartoncino colorato di rosso. L'assassino ancora piu' frustrato per l'estraneita' di tutto cio', calo' sull'uomo in nero, con la furia di chi avesse qualcosa da dimostrare. Con sua sorpresa si rese conto che i suoi colpi non stavano uccidendo. Non c'era sangue e le ferite che provocava erano troppo blande in confronto al normale. Gli uomini dalle strane divise gli furono subito addosso. Ben presto si genero' una rissa con l'assassino che menava fendenti contro tutte le persone presenti, che invano tentavano di bloccarlo. Bato non ebbe modo di "gustarsi" lo spettacolo. Appena aveva potuto si era dileguato nei sotterranei delle strutture. Gli ci volle poco per raggiungere un portellone rosso, aperto il quale si trovo in un locale le cui tinte grigie delle pareti sfumavano fino alla porta blindata che gli aveva dato accesso alla camera. Usci' dalla stanza e blocco rapidamente la porta con il codice appropriato. Ce l'aveva fatta. Non solo era riuscito a sfuggire all'assassino, l'aveva anche bloccato. Si diresse correndo verso la sua destinazione originaria, per il lancio della sonda. Da li' doveva essere possibile comunicare con la plancia. --- Strisciando negli stretti tunnel che attraversavano la nave come vene in un organismo vivente, McRey ed i suoi due sottoposti arrivarono alla grata che conduceva alla sala macchine e che era stata divelta dalla sonda. Fermandosi un attimo per comunicare a gesti ai suoi di usare la massima attenzione e circospezione, McRey oltrepasso' la grata per entrare nella sala macchine. Lo scenario di fronte ai suoi occhi non era molto diverso da quello che era stato proiettato poco prima nel ponte d'osservazione: quelle forme di vita meccaniche, se erano forme di vita, erano ancora intente ad incanalare energia dal reattore materia/antimateria. McRey imbraccio' il tricorder con la sinistra, ed il phaser con la destra, ed inizio' ad analizzare l'ambiente circostante a lui, seguito dai suoi ufficiali, Chang e Lee. «Nulla...» bisbiglio' il piu' giovane dei tre, allertando McRey, che si porto' rapidamente un dito alla bocca per invocare silenzio, in attesa di una reazione degli occupatori abusivi della sala macchine. Nessuna reazione. Sempre con gli occhi fissi sul tricorder e sui robottoni, McRey si rivolse a Chang: «Sembra che non abbiano piu' alcun interesse in noi...- pauso' il discorso per qualche secondo, come in una attesa scaramantica, poi riprese, abbassando il phaser e tranquillizzando i suoi -Evidentemente gli siamo diventati simpatici...» «Signore, secondo il mio tricorder questi esseri sono interamente costituiti da metalli piu' o meno nobili tranne per l'area corrispondente al nostro stomaco, che non riesco ad analizzare.» «Qualche ipotesi?» disse l'irlandese rivolgendo pero' la sua attenzione al robot che ora stava ricaricandosi. L'analisi del tricorder diceva che il raggio azzurrino non era altri che una forma compatta di plasma elettrico, canalizzata dal reattore materia/antimateria in un modo che McRey non riusciva ad immaginare. Ai robot piaceva il reattore, ma non la reazione che in esso si svolgeva, l'energia che traevano era di forma diversa. "Chissa', magari potrebbero fare indigestione..." penso' cercando di capire il meccanismo di trasferimento dell'energia, ma poi si ricordo' dell'attacco subito e degli ordini del capitano. Si ritrasse dal robot, appoggio' il tricorder sul corrimano del reattore e si rivolse in tono autoritario ai suoi due aiutanti. «Chang, Lee, analisi di tutti i sistemi. Vediamo cosa funziona e cosa no.» --- «E' il mio alloggio, se non le dispiace...» «S...sissignore...» rispose spiazzato Makaulahy al klingon, mettendosi sull'attenti all'esterno della porta che dava nell'alloggio. K'Berh vi entro' gettando la piccola borsa che portava con se sulla poltrona vicina all'ingresso, poi si guardo' attorno. Gli era stata assegnata una delle camere riservate agli ospiti, pertanto era piu' grande e spaziosa di quelle del personale normale. Poteva competere con quelle degli altri ufficiali, forse era piu' grande di quella del vero ufficiale tattico, ma non di quella riservata al capitano. I suoi bagagli erano arrivati sulla nave prima di lui, e le pesanti valigie si trovavano ora sul suo letto. Il klingon vi si avvicino' per prendere quel che riteneva piu' adatto ad una caccia, ed inizio' ad aprirle, distraendosi quel tanto che bastava per non sentire lo strano e poco percettibile rumore proveniente da dietro di lui. --- «Signore...» K'Berh si volto' di scatto alzando il braccio destro, colpendo vigorosamente col suo gomito il petto del sottotenente Makaulahy, quindi concluse il movimento rotatorio afferrando l'uomo con entrambe le mani e proiettandolo al suolo, facendolo ruzzolare contro due sedie. Nel riguadagnare l'equilibrio perduto, il klingon afferro' con la mano sinistra il pugnale corto che portava sulla cintura, quindi, riconoscendo l'umano semi svenuto a terra, si rilasso' e lo rimise a posto. «Deve essere impazzito- tuono' -a sbucarmi dietro cosi' all'improvviso!» L'attacco, stavolta verbale, di K'Berh verso il sottotenente veniva ogni tanto interrotto dai gemiti di dolore dell'umano, ancora a terra che cercava di ricordare la targa dell'auto che lo aveva or ora investito. «E come l'e' saltato in mente di avvicinarmisi cosi' silenziosamente in una situazione come questa!» K'Berh si volto' verso il tavolino e raccolse il comunicatore che gli era stato consegnato al suo arrivo a bordo della nave, quindi lo appunto' sul suo petto e guardo' l'umano ancora a terra. «Sergente K'Berh ad infermeria. Sto arrivando con il sottotenente Makaulahy» disse, quindi sollevo' il ragazzo e si diresse fuori dal suo alloggio. --- K'Berh deposito' l'addetto alla sicurezza su uno dei lettini dell'infermeria, mentre Ransie, tricorder medico alla mano, ne controllava lo stato di salute. «Santo cielo! Ha una costola spezzata e altre due incrinate... ha bisogno immediato di venire stabilizzato!» Ransie afferro' uno degli infermieri di bordo che passava affianco a lei e gli sbatte' il tricorder in mano. «Presto, vai ad inizializzare il supporto chirurgico del lettino diagnostico. Dobbiamo riparare immediatamente la lesione al polmone. Prepara anche una dose standard di metasilconile. Piu' tardi ci occuperemo di rigenerare la struttura minerale delle ossa rotte. Lei, Tenente mi aiuti a metterlo sul lettino- ricordandosi di avere davanti un klingon, aggiunse -con delicatezza, mi raccomando...» Steso il ragazzo sul lettino, comincio' un'accurata analisi dei danni. «Si puo' sapere che diamine gli e' successo?» fece, quindi, diretta al klingon. «...» K'Berh sembrava leggermente imbarazzato: da una parte si sentiva in colpa per avere colpito incidentalmente e cosi' pesantemente il ragazzo, dall'altra il suo orgoglio klingon lo metteva nella posizione del "giusto". "E' colpa sua, non mi sarebbe dovuto sbucare alle spalle in quel modo, e non in stato di allerta!" aveva continuato a pensare K'Berh per tutto il tragitto fino all'infermeria. «Allora, si puo' sapere che gli e' successo?» La Lupescu voleva una risposta, ed alla fine K'Berh apri' bocca, sempre imbarazzato. «L'ho colpito incidentalmente- disse, e, dopo una brevissima pausa, aggiunse acquistando coraggio -ma e' stata tutta colpa sua, anzi gli e' andata fin troppo bene! Glielo dica quando si svegliera'!» «Se si svegliera'!» ribatte' la dottoressa. Era ben conscia che l'operazione su Makaulahy avrebbe avuto esito favorevole: le costole avevano lacerato i polmoni, ma il danno non era fatale ed il Klingon aveva portato il ragazzo in infermeria in tempo da record, tuttavia non accettava una risposta che le sembrava cosi' tronfia di autoesaltazione. «Ma si svegliera', non e' vero?» chiese K'Berh spiazzato e preoccupato, dopo un primo momento di shock. «Si', si svegliera'...- rispose Ransie con un tono rassicurante, dopo avere percepito la sincera preoccupazione negli occhi e nel tono del klingon -si svegliera'...» --- Per Bato il fruscio della porta della sezione lancio sonde suono' come un metaforico sospiro di sollievo. Nell'angusto ambiente c'erano solo due dei suoi sottoposti: Lindsay e Zunico. Ed entrambi puntavano i loro phaser su di lui. «Zunico, Lindsay, giu' quelle armi. Sono io.» Rispose Lindsay, con il suo solito tono composto: «Come facciamo ad esserne sicuri?» «Abelard, come sta Vera? E' al sicuro?» La smorfia di tensione sul viso del giovane tenente si allento' in un mezzo sorriso. «E' barricata nel suo appartamento. Ci scusi comandante, ma con quel mostro in giro non si puo' essere mai sicuri.» «Lo so. L'ho appena incontrato.» «Ha incontrato l'assassino?!» chiese Zunico allargando gli occhi e rinnovando la stretta sul phaser. «Si, mi ha fatto lui questa carezza e credo di poter affermare che si tratti di un mutaforma...» «Un ‘mutaforma’!?» si stupi' Zunico, mettendo nella sua voce un'intonazione che risaltava l'alienita' dell'essere in questione. «Si, ma vi diro meglio dopo, adesso abbiamo da lanciare questo ripetitore. Lindsay?» «Signore?» «Avverta la plancia che il mutaforma e' bloccato nella sala ologrammi quattro e che sono arrivato sano e salvo. Il mio comunicatore ha cessato di funzionare per qualche motivo.» «Si, signore.» «E sigilli i condotti di Jeffries a questa stanza con dei campi di forza. Come ha detto, non si puo' mai essere sicuri.» «Una comunicazione dalla sezione lancio sonde, capitano.» «Sullo schermo, Sasuk. Sembra che Bato abbia completato la sonda in tempi da record...» A comando del vulcaniano apparve sullo schermo il volto di Lindsay, uno degli assistenti di Bato Ronek, con una espressione agitata nel volto. «Capitano, ho un messaggio da parte del tenente comandante Bato...» «E' forse successo qualcosa?» chiese Harlock fermando per un momento le sue mani sulla consolle e guardando Lindsay negli occhi, attraverso lo schermo, senza tuttavia manifestare una qualche sorpresa. «Sissignore, e' stato aggredito dall'assassino mutaforma, ma e' sano e salvo...» Harlock, senza mutare espressione, riprese a digitare sulla consolle. «E?» «Ed e' riuscito ad intrappolare il mutaforma nella sala ologrammi quattro.» Harlock si volto' verso Sasuk che, impassibile, aveva smesso di analizzare i dati della sua consolle e si era rivolto verso lo schermo visore principale. «Bato?» disse riprendendo a guardare Lindsay. «Sta preparando la sonda, signore.» «Ho capito, la ringrazio tenente; torni pure ad aiutare il tenente comandante Bato. Sasuk- disse poi voltandosi verso il suo ufficiale esecutivo -isoli immediatamente la sala ologrammi quattro con dei campi di forza e controlli che tutto il ponte venga evaquato e quindi isoli anch'esso. Se il mutaforma e' ancora li' dentro, voglio che ci rimanga!» --- «Allora siamo pronti?» chiese apprensivamente il bajoriano. «Un'attimo signore vorrei controllare i livelli di alimentazione del propulsore, ho riscontrato un'oscillazione sospetta... fatto!» Il giovane sottufficiale italiano si libero' dalla posizione china nella quale aveva effettuato gli ultimi controlli. «Bene- disse Bato -Guardiamarina, mandi il ripetitore nel tubo di lancio, io avverto la plancia.» «Comandante, ha riparato il suo comunicatore?» «Piu' o meno: adesso funziona- sfioro' il piccolo distintivo al suo petto ed ebbe in risposta il classico trillo di risposta. -comandante Bato a plancia. Il ripetitore e' pronto per essere lanciato ad un vostro segnale- poi, fuori comunicazione -Lindsay, sullo schermo.» Il trillo della comunicazione si fece risentire subito, lo seguiva la voce netta e determinata del capitano. «Comandante, esegua il lancio.» Bato sfioro' il terminale LCARS che aveva di fronte e neanche un decimo di secondo dopo, ecco una piccola stella pulsante arancione allontanarsi a gran velocita' da nave e nebulosa. «Comandante- interruppe Harlock -Quanto pensa dovremmo aspettare prima di poter comunicare con il comando?» «Approssimativamente 15 minuti, signore.» «Ottimo. Harlock, chiudo.» Bato rivolse lo sguardo allo schermo. Sotto lo schermo stellato, ormai senza la sua stella sfuggita, luccicavano i dati di velocita', posizione, distanza, potenza e funzionamento del ripetitore. Una rappresentazione numerica delle speranze della nave. --- Vita. Quella parola echeggiava nella sua mente, stretta nella buia prigione in cui si trovava. Ma era veramente una prigione? Improvvisamente nulla le parve cosi' ovvio. La verita' era che non lo sapeva dove si trovava. Ricordava chiaramente il suo ferimento, sentiva il dolore al petto, ma questo era straordinariamente integro. Di tanto in tanto, come quasi per accertarsene, si apriva la veste per guardarsi. Ma non c'era niente. Eppure... il turboascensore si era aperto e lei era stata assalita. Ricordava il mutarsi dell'essere che si era trovata avanti, ricordava gli strani sogni che ne erano seguiti. Nella sua mente si affollavano immagini, confuse, fuse l'una nell'altra. Il terribile essere, toccandola, le aveva trasmesso parte di se. «La parte peggiore» le venne da dire. Ma c'era una parte migliore a cui fare riferimento? Era convinta di no. No, sicuramente non c'era. Un essere il cui peggio era tutto cio' che possedeva. Si chiedeva se i suoi sogni avessero un significato. Chiuse gli occhi e fu come se una serie di misteriosi simboli le apparvero davanti. Rabbia... aveva sentito tanta rabbia. Ed il senso di liberta' provato da quell'essere. Quando riapri' gli occhi tutto le parve un po' piu' chiaro. Non era lei ad essere in prigione. Era lui ad esserci stato. E chissa' come era stato liberato. Ma allora lei dove si trovava? Il sonno non le era mai parso tanto piacevole. Sentiva di doversi abbandonare. Era stanca, tanto stanca... i suoi occhi si chiudevano. Una sensazione di panico la invase. Era come se la sua mente si svuotasse. Sentiva le parole del padre, quel padre che le voleva bene, nonostante la sua assenza di manifestazioni di affetto. Sentiva il suo calore, quello che non le poteva celare sotto la fredda maschera vulcaniana. E ricordava i suoi insegnamenti, ricordava cio' che per lui era stato importante, cio' che era divenuto importante anche per lei. Tutto, pero', cominciava a sfuocarsi. Anche l'immagine di sua madre, cosi' bella, cosi' vitale, sembrava appartenere a qualcun altro. Doveva ad ogni costo salvare la sua integrita'. Era in grado di farlo. Era forse l'ultima cosa che avrebbe fatto, prima di... Morte. Ormai sapeva che era verso quel destino che si stava inesorabilmente incamminando. C'era forse una qualche speranza di deviare da quel percorso? Non lo sapeva, ma era cosciente del fatto che quell'eventualita' era palese, in quel momento piu' che mai. Lo sapeva: la sua vita era appesa ad un filo. --- «Sasuk, regime di funzionalita' del collegamento?» tuono' Harlock allontanandosi dalla postazione dove K'Berh stava lavorando. «Il collegamento e' quasi operativo. La sonda raggiungera' le coordinate di massima trasmissivita' in approssimativamente due minuti.» rispose il vulcaniano osservando la consolle alla sua destra. Il capitano fece un cenno di assenso rivolto a se stesso, poi si diresse verso il suo studio lasciando il comando della plancia al suo ufficiale esecutivo e chiedendo di non venire disturbato nei prossimi minuti. Una volta dentro il suo studio, Harlock si guardo' intorno pensando sul da farsi, come insicuro delle proprie azioni, quindi tiro' un pesante respiro e si rivolse al computer. «Computer, riconoscimento vocale. Capitano Harlock, Derek Wildstar. Passare a modalita' protetta.» «Identificativo riconosciuto, modalita' protetta attivata.» rispose la voce femminile del computer. «Insonorizzare la stanza, restringere gli accessi al solo comando vocale. Autorizzazione richiesta: Capitano Harlock. Memorizzare i successivi ordini nella memoria tampone e non nella memoria centrale. Codice Harlock D-W-sei-zita-sette.» «Eseguito.» rispose nuovamente il computer, dopo un momento di elaborazione. Harlock si diresse quindi verso la scrivania e si sedette, ruotando il monitor verso di lui ed attivandolo. «Accesso agli archivi della Divisione Speciale di Sicurezza. Codice identificativo: DWHarlock eta cinque jota nove.» «Identificativo riconosciuto, accesso agli archivi D.S.S.» Harlock appoggio' il gomito sinistro sulla scrivania, portando la mano ad accarezzare dolcemente il mento. «Ricerca comparata; parole chiave: ‘Harlock’, ‘mutaforma’, ‘cardassiani’, ‘Sidoc V’.» Il computer diede conferma dell'istruzione e comincio' ad elaborare i dati, scandendo gli archivi dei servizi segreti della flotta stellare. Dopo pochi secondi, pero', diede risposta negativa alla domanda del capitano. «Com'e' possibile? L'ho scritto io quel rapporto, deve esserci!» disse Harlock increspando la fronte ed avvicinandosi maggiormente al monitor, quasi in una posizione da battaglia. «Computer, nuova ricerca comparata. ‘Harlock’, ‘Sidoc’, ‘Bernabei’. Attivare.» Dopo qualche secondo di analisi, il computer diede la stessa risposta di prima: «Corrispondenza non trovata.» «Dannazione- impreco' il capitano perdendo la pazienza -Visualizza tutti i documenti contenenti la parola ‘Harlock’.» Sul monitor apparve una lista di documenti disponibili. «Eliminare i file che non contengono la parola ‘mutaforma’ o suoi derivati.» Tutti i documenti sparirono, lasciando l'indice vuoto. «Chiamare l'ammiraglio Elizabeth Shaffer, della Divisione Speciale di Sicurezza, codice DWHarlock eta cinque jota nove.» Un volto non familiare di una donna apparve sul monitor nello studio del capitano. «Divisione Speciale di Sicurezza, cosa posso fare per lei?» «Ho richiesto di parlare con l'ammiraglio Elizabeth Shaffer.» rispose Harlock cercando di capire chi avesse davanti. «L'ammiraglio Shaffer non e' attualmente raggiungibile, mi dispiace. Posso esserle utile?» disse la donna con l'ironia di una centralinista cui viene chiesto di passare il presidente della compagnia per la quale lavora. «Si, ho bisogno di parlare con l'ammiraglio. Mi sa dire come raggiungerla?» «Mi dispiace, non sono informazioni che sono autorizzata a fornire.- la donna attese una risposta da parte del capitano umano, che pero' rimaneva in silenzio pensando a che fare -Se non ha bisogno di altro...» «L'ammiraglio Shaffer mi conosce ed ho bisogno di parlarle. Se lei non e' in grado di mettermici in contatto, mi metta in contatto con un suo superiore che sia capace di farlo.» «Mi dispiace, non mi e' possibile farlo- replico' la donna mostrando di essere stata offesa -se ha un messaggio per l'ammiraglio Shaffer saro' lieta di trascriverlo e presentarlo quando l'ammiraglio sara' disponibile, altrimenti non posso fare nulla per lei. Divisione Speciale di Sicurezza, chiudo.» disse quindi senza attendere troppo. Harlock prese a tamburellare con le dita della mano destra sulla scrivania riordinando le idee. «Computer, chiamata criptata codice A050 per il commodoro Vabuki, Divisione Speciale di Sicurezza. Codice DWHarlock eta cinque jota nove.» Dopo una trentina di secondi di attesa, il volto violaceo di un iskeliano apparve sul monitor, accompagnato da una voce lievemente roca. «Capitano Harlock, ah? Qual buon vento la porta a contattarmi dopo tutto questo tanto tempo, ah?» «Ho cercato di contattare l'ammiraglio Shaffer, ma non sono riuscito a parlarci.» replico' l'umano. «Oh, si, l'ammiraglio Shaffer, ah? Attualmente l'ammiraglio si trova fuori sede e non puo' essere rintracciato, ah! Di cosa ha bisogno, Harlock, ah?» «Sembra che dagli archivi della D.S.S. sia sparito il mio rapporto sulla missione su Sidoc V.» «Sidoc V, ah! Mi ricordo, mi ricordo, ah! Che problema ha, capitano, ah?» «Mi trovo in una situazione di emergenza: siamo di fronte ad un primo contatto con una forma di vita senziente sconosciuta, ed un mutaforma sta sistematicamente assassinando civili ed ufficiali a bordo della nave- spiego' Harlock rapidamente -Ho bisogno dei piani di costruzione dello stabilizzatore quantico per poterne replicare uno e porre in stasi il mutaforma impedendogli di fare altre vittime e porre a rischio la situazione di primo contatto.» Durante l'esposizione dell'umano l'iskeliano aveva ascoltato muovendo leggermente la testa avanti ed indietro in maniera ritmata. Al termine dell'esposizione della situazione continuo' brevemente a muoversi, poi prese a parlare. «Capisco capitano Harlock, ah! Hmmm...» «Ho provato ad accedere al database della D.S.S. ma non sono riuscito a rintracciare il mio rapporto sul recupero di tale congegno dai campi cardassiani di Sidoc V. E' per questo che cercavo lei o la Shaffer.» «Ho capito, ah!» l'iskeliano tiro' un possente respiro, ed Harlock capi' cosa avrebbe detto, quindi lo anticipo'. «Quando recuperammo insieme quei piani sfruttando la mia amicizia con Dokar, fu affidato a me il comando operativo della missione, e fui io a scrivere il rapporto, ritengo di essere abilitato alla conoscenza degli stessi quindi.» «Ehh... capitano... purtroppo non e' come dice lei ed io non posso aiutarla, ah! Qualche tempo fa abbiamo subito una perdita di dati, e probabilmente il suo rapporto era in mezzo a quelli, ah!» Harlock rimase in silenzio, sorprendendosi non tanto che Vabuki gli stesse mentendo, ma che avesse inventato una scusa cosi' stupida. Era impossibile che un organo della Flotta Sellare come la Divisione Speciale di Sicurezza potesse avere esperienze di perdite di dati. Esistevano per recuperare i dati, non per perderli, e dire che di ogni informazione esistessero almeno dieci copie era andarci cauto. «Cosa mi diceva di quel primo contatto, ah? Dove...» Harlock interruppe Vabuki tagliando corto. «Mi sta dicendo che i piani per lo stabilizzatore quantico non sono piu' rintracciabili, quindi?» «Si, capitano, ah! Mi dis...» «In tal caso mi perdoni, ma devo tornare al mio equipaggio per ideare soluzioni alternative in modo da salvare nave e primo contatto. Arrivederci. Harlock, chiudo.» disse, per poi avviarsi sbuffando verso la plancia. --- Yota camminava di fretta e nervosamente verso la plancia, doveva incontrare il capitano e presentare il suo rapporto. Dopo essere stato avvisato dell'attivazione del ponte radio, aveva ricevuto dal comandante Lupescu l'ordine di effettuare una ricerca nel database medico della flotta. Le informazioni disponibili non erano molte, e molte sezioni erano protette da codice seclar a cui non poteva accedere. Entrato nel turbo ascensore, con una sensazione di disagio, disse: «Plancia.» Non gli era capitato spesso di incontrare personalmente il capitano, normalmente era la Lupescu a consegnare i rapporti diretti cosi' in alto. Il disagio nei confronti del capitano non era pero' dovuto solamente a questo: "la sua figura, il suo portamento, il suo volto; si, soprattutto il suo volto,- pensava Yota -ed il suo sguardo fermo e sicuro, che sembra capace di guardare oltre." Non riusciva a immaginare il capitano piu' giovane di se; era triste pensarlo. Il suo passato, poi, avvolto dal mistero, fantasticato e romanzato nelle chiacchiere del bar di prora. Un passato tanto importante da ritenere di doverlo conservare nell'offesa ricevuta all'occhio destro. Nel turbine dei pensieri, il turbo ascensore era arrivato alla plancia, ed era il momento di metter via il disagio e la timidezza. «Tenente Tofu a rapporto, signore.» «Bene tenente, mi segua nel mio ufficio.» Il capitano si alzo' dalla poltrona di comando e si diresse verso la porta alla sinistra della plancia. Arrivato alla porta dell'ufficio si volto' un attimo indietro. «A lei il comando Sasuk.- poi, accomodatosi nella sua poltrona nella sala tattica -Bene tenente, si sieda pure, e mi dica.» «Grazie signore.» Yota si sedette sulla sedia alla sinistra e, scacciato ogni altro pensiero, comincio' a presentare il suo rapporto. «La ricerca non e' stata particolarmente difficile, il materiale a disposizione era abbastanza ridotto. Le conoscenze mediche riguardanti i mutaforma sono molto scarse, a causa dei pochi contatti avuti con questa razza. Vi sono per lo piu' modelli teorici che pero' non hanno mai avuto possibilita' di riscontri pratici.» «Per questo motivo, le uniche soluzioni per un problema come il nostro sono portate in modelli teorici e simulazioni. Nessuna procedura presente sui documenti disponibili e' stata confermata da sperimentazioni. Bisogna comunque sottolineare che vi erano un paio di sezioni, relativamente abbondanti, protette da codice seclar 8, al quale ne' io ne' la dottoressa Lupescu abbiamo potuto accedere, non e' da escludere la possibilita' che vi si trovino importanti documenti su risultati di sperimentazioni effettuate.» «Questa e' la padd con tutti i dettagli importanti.» Il capitano si sporse in avanti a prendere il padd. Tenendolo tra le mani diede uno sguardo veloce ai dati ed alle simulazioni animate dei modelli strutturali. «Quale modello ritiene piu' valido?» Il tenente si senti' fiero del fatto che il capitano ritenesse importante la sua opinione su un fatto di tale importanza. «Beh, il modello piu' ‘credibile’ e meglio costruito e' sicuramente quello dei ricercatori Sternbach e Okuda. Hanno ideato e realizzato un composto particolare che dovrebbe legarsi in maniera irreversibile alle particelle variabili che costituiscono il corpo del mutaforma, rendendolo sensibile ad una particolare frequenza armonica di ultrasuono. Questa avrebbe un effetto simile a quello che il dolore ha sul nostro corpo, impedendo al mutaforma la concentrazione necessaria ad assumere qualsiasi forma. In pratica sarebbe costretto a tornare allo stato di fluido, rimanendo quindi inoffensivo. Certo, non risolve del tutto il problema, ma ci permette di tenerlo buono mentre troviamo una soluzione migliore.» «Purtroppo, pero', il composto risulta nocivo alla maggior parte di forme di vita umanoide, rimane quindi il problema di individuare con certezza il mutaforma, per poterlo contaminare.» Il capitano torno' a far scorrere i dati del padd con aria pensierosa, mentre rifletteva i lineamenti del viso venivano accentuati dalla tensione. «Qual'e' il tempo di realizzazione previsto?» «Non molto, basta programmare adeguatamente il replicatore per produrne grandi quantita'. Direi circa un'ora, forse anche di meno. Ma come puo' immaginare non c'e' garanzia di funzionamento.» «Capisco, tuttavia lei proceda ugualmente, anche se non siamo in grado di rilevare la presenza del mutaforma e' meglio metter da parte qualche arma per combatterlo quando ne saremo in grado. Nel frattempo mi occupero' di far studiare la documentazione protetta da codice seclar, e vedremo se verranno rivelate soluzioni piu' certe. Ottimo lavoro dottor Tofu, torni pure al suo lavoro in infermeria.» Il viso del tenente si illumino' e vi si disegno' un accenno di sorriso. Non era mai stato capace di mascherare la sua emotivita', il viso lo tradiva sempre. Alzandosi disse: «Grazie capitano, appena la sostanza sara' pronta la informero'.» «Bene.» Uscirono insieme dall'ufficio e nel tempo impiegato dal computer per annunciare il rientro del capitano in plancia, il dottore era giunto all'ascensore. «Ponte dodici.» disse sorridendo. --- «I sistemi di trasmissione dati funzionano perfettamente fintanto che non raggiungono il confine del campo creato dai robottoni...» McRey si muoveva di nuovo con tranquillita' all'interno del suo sancta sanctorum, ignorando, ricambiato, gli esseri meccanici che stavano assorbendo l'energia del nucleo di reazione materia-antimateria. Assieme alla squadra formata da Chang e Lee stava facendo una operazione di ‘cartografia stellare dell'ingegneria’, controllando quali sistemi funzionassero, pochi, e quali non funzionassero. La situazione, dapprima supposta critica, si era invece rivelata piu' rosea del previsto. All'interno del campo di forza, infatti, tutti i sistemi funzionavano perfettamente, ed era solamente quando si voleva trasportare i dati all'esterno del campo che cominciavano i problemi. "Problemi non da poco" pensava l'irlandese, dato che la nave non era composta dalla sola ingegneria, tuttavia poter contare sui propri sistemi all'interno del proprio reparto era gia' un risultato positivo, ed ora il pensiero della squadra era cercare di capire come il campo agisse sugli apparati informatici della nave per escogitare un modo di eludere tale effetto. «Lee- disse McRey senza voltarsi dalla sua consolle -provi a mandare un impulso nella catena diretta del controllo del reattore.» «Sissignore...» rispose il giovane coreano da sotto una consolle aperta. Raccolse da terra una scatola rettangolare di cinque centimetri per otto, la collego' al suo tricorder e la configuro' con il segnale richiesto da McRey. Quindi la inseri' dentro la consolle stessa. «Fatto, signore.» «Okay, vediamo che succede... hmmm... perso...- mugugno' l'irlandese, per poi alzare il tono di voce e rivolgersi nuovamente a Lee -Provi inserendo un controllore proporzionale a relay tra i circuiti H7 e H8, quindi riproviamo con un segnale convoluto a rampa...» «Sissignore!» «Chang, lei che mi dice?» Da un punto non ben precisato della sala macchine giunse la voce del secondo di McRey. «Zero assoluto, non rilevo il benche' minimo segnale...» «Va bene, dopo questo tentativo provi a spostarsi a monte nella catena di trasmissione. Lee, e' pronto?» «Sissignore.» disse il coreano alzandosi da terra, e, non appena si volto' spontaneamente verso il suo superiore, scoppio' in una esclamazione a lui diretta: «Comandante!... alle sue spalle!» --- Gli stivali picchiavano rumorosamente sui corridoi della nave mentre Harlock, Sasuk, K'Berh e due ufficiali della sicurezza correvano verso la sala macchine. «McRey a capitano...» aveva riportato l'interfono della plancia pochi minuti prima. «Qui Harlock... dove si trova?» aveva risposto il capitano mentre, pensieroso, si passava una mano tra i capelli. «Sono in sala macchine signore!» «Sala macchine?- ripete' Harlock incredulo -E' forse riuscito ad evadere le interferenze nelle comunicazioni?» «Beh, mi piacerebbe poterne assumere il merito, ma non sono stato io, anzi... c'e' qualcuno che vorrebbe parlare con lei, capitano... e non fa parte del mio staff o dell'equipaggio...» Arrivati dove prima un campo di forza impediva il passaggio, Harlock e gli altri ufficiali rallentarono il passo, preparando phaser e tricorder. I due uomini della sicurezza posti dalla Kusanagi si trovavano ancora al loro posto di guardia, e non appena videro avvicinarsi il gruppetto si portarono sull'attenti. Harlock e i suoi restituirono il saluto quasi meccanicamente, poi si diressero cautamente dentro la sala macchine. «Venga pure capitano, venga pure...» La riconoscibile voce di McRey giunse dai pressi del reattore materia-antimateria. Il suo tono non faceva trasparire allarme, ma solo una vaga sensazione di disagio, il che indusse inconsciamente il gruppetto a rilasciare la presa sul phaser e acuire quella sul tricorder mentre si avvicinavano al retro della sala macchine. Direttamente di fronte all'irlandese, poco piu' basso di lui, era immobile uno dei robot che avevano occupato l'ingegneria come un esploratore avrebbe occupato un suolo appena scoperto. Dietro di lui, in formazione trapezoidale, altri sette robot. Quando Harlock fu a portata di vista, il robot che si trovava di fronte a McRey si volto' per osservarlo e, apparentemente, studiarlo. «Che succede McRey, sta bene?» chiese il capitano, mentre Sasuk muoveva il tricorder in direzione dei robot e osservava con interesse i risultati delle analisi. «Insomma capitano, l'uomo di Latta qui davanti vorrebbe parlarle... Ah, non impazzisca troppo a capire cosa ci sia al loro interno- disse poi rivolto a Sasuk -e' da quando sono qui giu' che sto analizzando questi dannati pezzi di ferraglia, amichevolmente intendo- preciso' guardando il robot, temendo che potesse arrabbiarsi -e non sono riuscito a cavare un ragno dal buco.» Sasuk continuo' ad osservare il suo tricorder, quasi non avesse sentito nulla di quanto detto da McRey preso dalle sue analisi e dai dati che apparivano sullo schermo del suo analizzatore. Harlock libero' le sue mani, quindi si avvicino' all'irlandese. Si aggiusto' la divisa, poi prese a parlare, ma fu interrotto dal robot. «Unita' mccanica YTZ001 ad entita' biologica Capitano; dalla nostra analisi del vostro computer, l'entita' biologica Capitano risulta essere a capo della struttura NCC0999. L'unita' meccanica YTZ001 e' l'unita' meccanica a capo della squadra YTZ, la cui missione e' il recupero dell'entita' biologica HYK001.» Al sentire la voce metallica del robot scandire le parole come fossero una cantilena inespressiva, Sasuk alzo' stupito lo sguardo dal suo tricorder sollevando un sopracciglio e socchiudendo gli occhi. Negli anni dei suoi studi aveva avuto a che fare con automi e progetti di intelligenze artificiali, tutti modelli "sofisticati", dotati di un impianto vocale raffinato che simulasse una inflessione "umana" nel parlare che li rendesse quindi piu' simili agli esseri umani che non alle macchine quali erano. Trovarsi di fronte ad un automa inespressivo ed allo stesso tempo apparentemente dotato di una sua volonta' lo colpi' e lo fece allontanare dalle sue analisi. Harlock, che aveva incontrato poco tempo prima uno dei robot della squadra, lo ascoltava cercando di capire cosa volesse dire. «Ho gia' sentito pronunciare da uno dei... delle vostre entita' meccaniche la parola "HYK001". Di che si tratta? Cosa dovete recuperare?» «L'entita' biologica HYK001- rispose dopo qualche secondo il capo dei robot -e' sotto il controllo e la responsabilita' della squadra YTZ, non deve trovarsi a bordo della struttura NCC0999, siamo qui per trovarlo e riportarlo al suo posto. Abbiamo avuto bisogno della vostra energia, ora siamo pronti a procedere nella nostra missione.» «Come unita' biologica Capitano sono il responsabile di questa nave, e tutto quel che avviene su di essa ricade nelle mie responsabilita'- Harlock replico' con un tono crescente di stizza nella voce. Superata la prima fase di stupore per il trovarsi di fronte ad un robot pensante, i suoi impegni e le sue responsabilita' nei confronti della nave e dell'equipaggio erano tornate in primo piano nei suoi pensieri -Avete attinto alla nostra energia senza chiedercelo, avete reso inaccessibile la nostra sala macchine, ed avete attaccato il nostro personale. Esigo delle spiegazioni su quel che sta accadendo, su chi voi siate, quale sia la vostra missione e perche' siate qui!» «Nessuna entita' biologica della struttura NCC0999 e' stata terminata dalle unita' meccaniche della squadra YTZ. La presenza dell'entita' biologica HYK001 e' invece pericolosa per le entita' biologiche della struttura NCC0999, entita' biologica Capitano.» rispose impassibile il robot, sempre piu' simile ad un computer che non ad un androide pensante. «Che significa che l'entita' biologica HYK001 e' un pericolo per la mia nave?- replico' Harlock aggrottando le sopracciglia -Di che state parlando?» «L'entita' biologica HYK001 e' sotto il controllo e la responsabilita' della squadra YTZ, non deve trovarsi a bordo della struttura NCC0999, siamo qui per trovarlo e riportarlo al suo posto- ripete' il robot -L'unita' YTZ001 vuole sapere se l'entita' Capitano e le entita' a bordo della struttura NCC0999 collaboreranno con la squadra YTZ o la ostacoleranno.» Harlock irrigidi' i muscoli del volto serrando le mascelle, quindi sbuffo' e si passo' la mano davanti la bocca, ad accarezzare una barba e dei baffi invisibili. Piu' l'androide parlava, piu' la convinzione di Derek di trovarsi di fronte ad una creatura senziente andava scemando. Era come trovarsi di fronte ad un computer che richiedesse input e fosse disposto a fornire poco output. «Avete forse a che vedere con la presenza a bordo del mutaforma assassino?» chiese con un certo sapore retorico. «Dalla nostra analisi dei dati del vostro computer, l'entita' biologica HYK001 corrisponde all'entita' ‘mutaforma assassino’.» «Signore- fece Sasuk -sembra che questi robot abbiano avuto accesso completo e prolungato ai database della nave. Questo significa un rischio di sicurezza per la nave stessa...» «Ormai il danno sembra fatto, e poi come pensa di fermali, comandante- replico' McRey portandosi inconsciamente la mano alla base della nuca -fossi in lei starei loro il piu' lontano possibile e cercherei di contrariarli il meno possibile!» «La sicurezza della nave prescinde dalla sicurezza di un singolo membro dell'equipaggio, tenente comandante McRey.» replico' il vulcaniano avvicinandosi al suo capitano. «Buono Sasuk, non e' il momento. Terro' in considerazione entrambi i vostri consigli, ma dopo.» disse Harlock spostando un momento lo sguardo sui suoi due ufficiali per poi riportarlo subito sul robot. Derek si aspettava una correlazione tra di essi ed il mutaforma, ora ne aveva avuta la certezza dalla voce dei diretti interessati. «Collaboreremo- disse e subito alzo' la mano sinistra a fermare Sasuk prima che potesse prendere parola -ma voi... chi siete?» --- Yota aveva lavorato freneticamente negli ultimi venti minuti; era decisamente stanco, ma poteva dirsi soddisfatto: aveva dato la massima priorita' alla sintetizzazione della sostanza che avrebbe fermato il mutaforma, ed era riuscito a metterci meno della meta' del tempo che aveva previsto. I replicatori erano ora in grado di sintetizzare la sostanza e tutto pareva funzionare a meraviglia. Dietro la soddisfazione per il lavoro ben fatto il giovane nutriva in cuor suo altri timori: quella sostanza era stata ideata sulla base di modelli teorici, e non dava garanzie di efficacia. Il rischio era che qualcuno potesse sentirsi al sicuro e rischiare piu' del dovuto per poi trovarsi totalmente indifeso. Le preoccupazioni di Yota non avevano motivo di esistere, in fondo c'erano persone addette proprio a prendere questo tipo di decisioni sulla nave, ed altrettante il cui lavoro era di mettere a rischio la ropria vita per il bene comune, ma non poteva fare a meno di sentirsi responsabile in prima persona. Del resto non farsi avanti era una soluzione da non considerare nemmeno. Sollevo' la mano a sfiorare il comunicatore mentre cercava di conquistare un po' di calma con un profondo respiro. «Dottor Tofu a capitano.» la sua voce gli parve incredibilmente risoluta e si dimentico' dei timori precedenti. «La ascolto dottore, parli pure.» «Ho terminato il lavoro per la produzione della sostanza di cui le avevo parlato. Ora i replicatori sono in grado di produrne la quantita' desiderata.» Harlock riflette' un'attimo, adesso avevano una potenziale arma a disposizione, ma il suo utilizzo necessitava estrema cautela data la sua nocivita' e tossicita' rilevata per la maggior parte delle forme di vita umanoide. «Ha qualche suggerimento sul modo di sfruttare questa risorsa?» «Beh, si' capitano, un'idea l'avrei.» «Me la esponga, ma cerchi di essere sintetico.» «Avevo pensato alla possibilita' di costruire delle armi portatili signore. Delle pistole a dardi che rilascino la sostanza una volta a contatto col bersaglio. In questo modo verrebbe minimizzato il pericolo di contaminare altri soggetti. Inoltre si potrebbe dotare l'arma stessa di un emettitore in grado di produrre l'onda armonica di ultrasuoni che rende efficace la sostanza.- Yota fece una piccola pausa, non sapeva se il capitano volesse nell'esposizione sintetica del progetto anche riflessioni sui rischi, ma decise di esprimere la sua opinione a riguardo -Ovviamente questo richiede che chi spara sia assolutamente certo di avere di fronte il mutaforma. Inoltre questa soluzione e' piu' adatta ad una situazione di difesa, in quanto potrebbe risultare fatale andare contro un mutaforma con un'arma potenzialmente inefficace.» «E' tutto?» «Si' signore.» «Bene. Terro' conto del suo suggerimento. In caso dovessi decidere di procedere in questa direzione le mandero' qualcuno dalla sezione di ingegneria per aiutarla nella costruzione dell'arma. Lei rimanga disponibile in infermeria.» «Daccordo.» Yota passeggio' per un po' su e giu' per l'infermeria, non aveva molto da fare al momento, e il nervosismo gli impediva di sentire la stanchezza e sedersi. Passo' davanti al lettino del tenente Kusanagi. Se c'era qualcuno su quella nave che avrebbe acconsentito o addirittura desiderato di andare a caccia del mutaforma con quell'arma, quel qualcuno era sicuramente lei. Era sicuro che anche il capitano sentisse la mancanza di un elemento cosi' valido. Per tenersi occupato decise di aggiornare il diario dell'infermeria. Cammino' fino al terminale in fondo alla stanza e si sedette. --- «Capitano a tenente comandante Bato.» «Dica signore.» rispose il bajoriano toccandosi il comunicatore sul petto. «Ho bisogno che lei torni in plancia e organizzi le risorse energetiche rimaste affinche' le squadre della sicurezza possano replicare una sostanza sintetizzata dal dottor Tofu. Le mando su K'Berh in modo da organizzare ed armare le squadre della sicurezza. Mi raccomando, si faccia scortare da due ufficiali fidati. Capitano, chiudo.» «Sissignore...- rispose Bato a comunicazione ormai interrotta con un'aria triste e rassegnata -Accidenti, con la fortuna che mi ritrovo, il mutaforma sara' scappato dal ponte ologrammi e mi sara' venuto ad aspettare qui fuori per finire il suo lavoretto...» Usci' assieme a Lindsay e Zunico nel corridoio davanti alla sala sonde con fare circospetto e phaser in mano, cercando di fare il minor rumore possibile con gli stivali, controllando ogni cosa che potesse apparire sospetta: quel pannello si trovava li' quando era entrato nella sala scappando dal mutaforma? "Si', mi sembra di si'..." pensava guardandosi attorno. «Beh, forse e' rimasto intrappolato nel ponte ologrammi quattro, o forse ho gia' avuto la mia dose di sfortuna giornaliera. Acceleriamo il passo gente, le squadre della sicurezza hanno bisogno di quella strana sostanza!» --- «Dov'e' quel fannullone?» Cosi' ruppe la tensione il guardiamarina Millah. «Gli faccio vedere io, quando si fa vedere. Mi deve ancora un paio di giri al bar di prora.» Continuo' voltandosi verso i suoi colleghi, la squadra di cui faceva parte. Quattro uomini in tutto, rigorosamente nella divisa giallo senape della sicurezza. Cinque col guardiamarina De Vres, attualmente lontano da dove si presupponeva che dovesse essere, almeno per quel che riguardava Millah. «Ehi, Millah. Non e' che te la stai facendo addosso?» Scherzo', rivolto alla faccia d'ebano di Millah, Wray. «E poi il compito di dirgliene quattro spettera' al tenente. Vero, signore?». Indirizzo' il suo naso tagliente e lentigginoso in direzione del tenente Jorgeson, che non lo degno' di considerazione, apparentemente la sua attenzione rapita dalla totale vuotezza del corridoio dinnanzi a lui. Con una mano appoggiata alla parete e l'altra a mezz'aria, all'altezza del bacino, in una posa da film western, si ergeva tra la sua squadra e il nulla, lo sconosciuto, che sembrava volesse simbolizzare il corridoio. Si erano riuniti di fretta da parti diverse del ponte. La comunicazione della plancia, riguardo l'isolamento del ponte, aveva messo in moto i meccanismi mentali che gli addetti della sicurezza acquisiscono grazie ad un duro addestramento. Adesso erano li', tutta la squadra meno uno, ad un passo dal turbo-ascensore. De Vres aveva dato la sua posizione, l'ultima volta, due minuti prima. Non era tanto, ma almeno un minuto in piu' di quanto era normale metterci in situazioni simili. «Ma quanto bevi Millah?- chiese Montillado, capelli neri e un corpo minuto e sinuoso. L'unica donna della squadra. -Sai che ti dico? Questa storia del bar di prora mi puzza. Come fa a doverti una cosa che puoi avere quando vuoi?» «Quando si perde a poker si perde. L'offerta e' simbolica... insomma, e' una questione di principio... e poi...» «Non e' che c'entra qualcosa quella tipa nella sezione comando? Quella che ha fatto lo stesso corso all'accademia di De Vres?» «Una del comando? Ahi ahi Millah! Quella ti mette sotto.» Comincio' a canzonarlo Wray. Chiuso in gabbia il giovane guardiamarina di colore stava per vuotare il sacco, quando De Vres, uscendo in corsa dall'angolo estremo del corridoio, lo sollevo' dalla gravosa incombenza. «Muoviti, lumaca!» ringrazio' Millah. Piuttosto tranquilizzati dal rivedere il proprio compagno sano e salvo, i gurdiamarina si voltarono per prendere il loro posto nel turbo ascensore. De Vres di buona lena fece in tempo a raggiungerli. E in un attimo accadde. La lama grigiastra fece di nuovo la sua macabra apparizione. Wray fu il primo a girarsi e a rendersi conto: quello non era il tenente Jorgeson. Cerco' di urlare, ma gli manco' il fiato. De Vres era li' a neanche un metro dal mutaforma e questi, atteggiato a diabolica parodia dell'ufficiale, si accingeva ad abbattersi su di lui. Non porto' a termine il colpo. Il volto del mutaforma si squaglio' all'improvviso, cosi' come il resto della forma. Wray in seguito, raccontando l'accaduto, si trovo' a paragonarlo "ad un fuoco che si estingue per mancanza di ossigeno". Colse anche un velo di tristezza in quel ribollire grigiastro di liquidi biologici, ma questo non lo disse a nessuno. Racconto', pero', anche quello fece quando ritrovo il fiato e De Vres, pochi secondi dopo, ebbe finito di varcare la soglia del turbo-ascensore: grido' «Ponte 12!» --- Ransie sedeva nel suo studio con gli occhi fissi sullo schermo del piccolo terminale della sua scrivania. Controllava gli ultimi rapporti ed aggiornava il diario dell'infermeria come ogni giorno. Era abituata a fare questo lavoro con diligenza da molti anni ormai, e non le pesava piu'. In fondo, forse, non le era mai pesato: amava quello che faceva, in ogni suo piccolo dettaglio, ed era questo che la rendeva cosi' straordinaria agli occhi di tutti, primo fra tutti il giovane Yota. Pur amando ogni dettaglio rimaneva il paziente quello che beneficiava delle sue migliori attenzioni, e quando scatto' l'allarme al lettino numero quattro lei accorse immediatamente. Sul lettino Lana riposava fino ad un momento prima, ma ora era scossa da violente convulsioni che agitavano il suo corpo. Immediatamente gli occhi esperti della dottoressa andarono in cerca dei valori riportati dal monitor alla testa del letto mentre tentava di tener fermo il corpo senza controllo del consigliere. Chi avesse visto lo sguardo della dottoressa mentre analizzava i valori del monitor avrebbe potuto leggervi qualcosa che in poche altre occasioni avrebbe potuto scorgere: la disperazione. La situazione era critica: doveva intervenire subito, bisognava riportare i livelli di attivita' neurale alla normalita', o entro breve sarebbe morta. Neanche il tempo di razionalizzare la cosa che senti' sotto le sue mani il corpo di Lana rilassarsi. Tutto successe con estrema velocita', almeno per la mente sorpresa di Ransie. Gli occhi che si socchiusero, le mani che cercavano il suo viso, la stretta al collo, e poi il tutto, tutto insieme, immagini, voci, volti... La prima immagine che Lana vide fu il volto della dottoressa china su di lei, con i gli strumenti medici in mano, indaffarata attorno al suo corpo scosso da movimenti convulsi. Le sembrava tutto cosi' anomalo. Era cosciente, ma non era chiaro da dove stesse ammirando la scena. Era come se il suo sguardo potesse spaziare oltre i limiti fisici imposti dai suoi occhi. Non le interessava, tuttavia. Quel volto... la sua mano... doveva raggiungerlo, toccarlo, sentire quel contatto che avrebbe permesso ai suoi ricordi di vivere. Di vivere oltre la mortalita' del suo corpo. Le forze le vennero all'improvviso. Fu come convogliare tutta la sua energia vitale in quell'ultimo atto. Afferro' Ransie per il collo, costringendola all'immobilita'. Che gesto strano per lei, per lei che odiava ogni atto di costrizione, ma la sua parte vulcaniana la stava dominando. Senti' fluire il suo essere, senti' i suoi ricordi scemare, piano piano. Senti' la sua mente svuotarsi. Poi, il nulla. Quando il computer lo aveva avvertito dell'allarme in infermeria, Yota si era preparato al peggio ma la scena che si trovo' davanti agli occhi lo sorprese. Le braccia di Lana erano protese verso il volto della dottoressa Lupescu mentre il suo corpo era scosso da violente contrazioni. Ai suoi occhi la scena pareva indecifrabile, il volto di Ransie era contratto come se soffrisse, come se Lana piu' che cercare aiuto protendendo le mani verso di lei, la stesse strangolando. Una paura improvvisa pietrifico' il giovane e gli impedi' di avvicinarsi come di fuggire. Possibile che il mutaforma fosse tornato in infermeria per completare il lavoro su Lana e poi ne avesse approfittato per assalire anche Ransie? Non aveva ancora completamente focalizzato questo pensiero che vide il corpo di Lana rilassarsi, le sue braccia perdere forza e ricadere senza vita sul lettino. L'altra donna intanto si era portata le mani al volto, premendo le dita alle tempie ed arcuando la schiena come se avesse un dolorosissimo mal di testa. In quell'istante varco' la porta dell'infermeria anche il sottotenente Baker. L'entrata nel campo visivo di Yota di quest'altra persona lo risveglio' dalla momentanea incertezza, e ricomincio' a muoversi con la rapidita' ed efficienza di sempre. «Lei, sottotenente, si occupi della dottoressa, sembra aver avuto un contatto empatico violento con il consigliere Roden, ne monitorizzi i livelli di polarizzazione delle membrane delle cellule neurali, cerchi di riportarle a dei valori accettabili il piu' in fretta possibile.» «Si' signore.» rispose l'infermiere mentre, sostenendola, accompagnava Ransie al lettino libero piu' vicino. Era evidente che Lana toccando la dottoressa le aveva trasmesso qualcosa a livello empatico, ma non riusciva ad afferrare il perche' di questo gesto, in una condizione fisica cosi' precaria era rischioso fare un sforzo mentale cosi' intenso. Inizio' a esaminare i valori del monitor alla testa del lettino e del tricorder medico. L'esame indicava un forte stress cerebrale con valori neurocinetici molto sopra la norma. Lo sforzo mentale aveva pero' anche provato il fisico, e rischiava un collasso cardiaco. Programmo' il lettino per una animazione assistita che avrebbe mantenuto artificialmente le funzionalita' cardiache e respiratorie prevenendo il collasso, poi prese una fiala con un liquido trasparente e lo inietto' con un ipospray. Guardo' il monitor e dopo qualche secondo i valori neurocinetici cominciarono lentamente ad abbassarsi. Il viso di Yota finalmente si rilasso', digito' ancora pochi tasti sulla consolle del lettino per somministrare elementi nutrizionali al consigliere per ristabilirlo piu' in fretta possibile e si volto' verso il lettino dove Baker aveva fatto accomodare Ransie. «Bene, il consigliere Roden e' fuori pericolo, queste capacita' empatiche in alcune condizioni si rivelano piu' una maledizione che un dono. Non deve essere facile conviverci... Come sta la dottoressa?» «Beh, nulla di grave, era solo in stato confusionale per via del contatto empatico improvviso, i valori erano solo lievemente sopra la norma, forse aveva gia' esperienza di questo tipo di stress, oppure e' semplicemente un soggetto che non ne risente molto.» Il sottotenente Baker era evidentemente stupito di questo fatto. «Beh, e' inutile chiederci queste cose ora, lo potremo chiedere alla dottoressa quando si svegliera'. Piu' che altro, come mai non era in infermeria durante il suo turno? Ci sono due pazienti gravi da tenere sotto controllo...» disse Yota. «Sara' meglio parlare piu' tardi anche di questo, c'e' un paziente che non la vuole proprio sapere di star fermo.» Lo interruppe il sottotenente con tono non troppo rispettoso, non che a Yota importasse piu' di tanto, ma a volte trovava che esagerasse. Ransie, dal canto suo, aveva sempre detto di trovarlo molto simpatico. Infastidito Yota si giro' pigramente pensando che fosse solo un modo di cambiare argomento, ed invece vide il viso di Lana che aveva lievi contrazioni. «Accidenti, si sta gia' risvegliando!» Corsero vicino per controllare che tutto fosse a posto, appena arrivarono alla testa del lettino Lana apri' gli occhi. --- Iniziava ormai ad orientarsi bene all'interno di quella nave, tra corridoi ed altri cuniculi piu' stretti era davvero l'ideale per nascondersi. Del resto erano pochi i posti in cui trovasse difficile farlo. Dietro tutta questa liberta' incombevano sempre quei dannatamente ostinati pezzi di latta, non poteva ostacolarli poiche' troppo forti per lui, poteva solo nascondersi. Se avevano trovato un modo di ricaricare le batterie attraverso la nave non aveva scampo; l'unica soluzione era nascondersi appena ne vedeva uno e sperare che si mantenesse abbastanza lontano da rimanere al di fuori del raggio dei suoi scanner. Non se ne sarebbero mai andati, ma prima o poi sarebbero stati gli umani a stancarsi di loro. Ve n'erano in abbondanza, e vederli morire dissanguandosi era una distrazione che lo eccitava oltre ogni modo e lo spingeva a cercare sempre qualcunaltro da uccidere e di cui assumere l'aspetto. Poco prima il suo raptus di follia si era fermato davanti ad una squadra della sicurezza, ma era ripreso subito ed era nuovamente alla ricerca di sangue, ed ecco... sentiva dei passi lungo il corridoio: una nuova vittima! Si accosto' al muro ed un'attimo dopo non vi era che un anonimo pannello di accesso ai tubi di jeffries sulla parete del corridoio. «... tra poco inizia il mio turno di guardia, non posso restare con te. Tu cerca di stare tranquilla, e soprattutto non uscire dal tuo alloggio.» Il ragazzo vestiva una uniforme di colore giallo senape, e teneva la mano ad una ragazza senza uniforme che lo guardava preoccupata. --- Il mutaforma sorrise osservando il proprio riflesso nello specchio. Questa volta la trasformazione doveva essere perfetta. Doveva ingannare persone che conoscevano profondamente il ‘soggetto’ prescelto e l'inganno doveva funzionare abbastanza a lungo per permettergli l'esecuzione del suo piano. Aveva riacquistato la lucidita' perduta dopo anni di prigionia, e per questo doveva ringraziare una coppia di giovani umani. «Razza decisamente inferiore, ma tenace.» si rivolse ad alta voce alla propria immagine riflessa, controllando che il tono fosse identico all'originale. Aveva attaccato una ragazza in compagnia del suo giovane amico convinto come sempre di risolvere l'azione in modo semplice e pulito, e invece il giovane lo aveva ferito colpendolo con un'arma acuminata, una specie di pungolo, che gli aveva impedito di mantenere il controllo della mutazione. Credeva di terrorizzarli e invece si era ritrovato a fuggire nel piu' profondo della nave. Ciononostante gli era grato. Scosso dal terrore aveva potuto visualizzare con chiarezza la propria posizione, non invidiabile, di cacciatore divenuto preda. Aveva deciso di abbandonare la nave e di fuggire lontano per essere finalmente libero e aveva escogitato un piano, molto rischioso, che gli avrebbe permesso di fuggire eliminando in un colpo solo i suoi inseguitori. Il mutaforma sorrise compiaciuto, sistemandosi la giacca e osservando nello specchio il viso segnato dalle cicatrici del capitano della nave: Derek Wildstar Harlock. --- Harlock raggiunse due uomini della sicurezza armati con i nuovi fucili modificati per catturare il mutaforma. «Seguitemi in plancia.» ordino' con decisione e, senza aspettare alcuna replica, si diresse a lunghi passi verso il turbo ascensore incurante di verificare che i due lo seguissero. Si trattava di personale addestrato della Federazione e non avrebbero esitato. Attese con impazienza l'apertura automatica delle porte, poi entro' con passo deciso in plancia e, impettito nella sua uniforme, si avvicino' al suo posto di comando, mentre Bato gli cedeva la poltrona.. «Capitano...- fece mentre si alzava e salutava il suo superiore -Come e' andata con quegli alieni in sala macchine?» L'uomo, quasi non lo avesse sentito, si sedette sulla sua poltrona, cominciando a digitare qualcosa sulla consolle LCARS situata sul bracciolo destro. «Capitano...?» fece l'ufficiale operativo con fare dubbioso, attardandosi nel procedere verso la sua postazione, come se stesse attendendo ordini dal suo superiore. «Bato, ho un'idea: inizializzi la separazione del disco, e blocchi la procedura con un codice di sicurezza livello 12. Contatore silenzioso.» Il comandante, che stava per sedersi, si soffermo' per qualche istante, voltandosi con aria stupita verso il suo superiore. «Ma capitano... la logica di questa azione mi sfugge...» «Faccia come le ordino!» sentenzio' Harlock senza mezzi termini. Il comandante si avvicine' alla sua postazione, poi si fermo' un attimo e si volto' «Non posso, capitano...» L'umano si alzo' quasi di scatto avicinandosi al bajoriano. «Insomma, cosa significa che non puo'? Si e' dimenticato la procedura? Eh? Oppure vuole che venga li' e lo faccia io, eh?» Il pilota, il sottotenente London, si volto' di scatto e cosi' fecero anche il sergente K'Berh, dalla postazione tattica, ed i due membri della sicurezza. «Semplciemente la procedure e' bloccata, capitano... siamo in allarme rosso...» «Ed allora disattivatelo!» si soffermo' qualche istante, come per riprendersi dalla sfuriata che stava per fare. K'Berh intanto, fresco dello studio del regolamento della Flotta Stellare, si porto' lentamente la mano verso il comunicatore, cercando di nasconderla piegandosi verso il pannello tattico. «Ma perche' non la ordina lei, capitano, se e' cosi'...» London non fini' la frase, perche' lo sguardo del capitano lo fulmino' all'istante; si volto' di scatto verso la sua consolle, fingendo di controllare qualche dato, come a significare ‘io non ho detto nulla’. «Quell'alieno... quel mutaforma... e' piu' furbo di quello che crediamo... sembra aver bloccato parte dei miei codici... deve essere un esperto informatico...» disse accennando un sorriso. «A me e' sembrato una specie di mostro stupido che agisce senza una motivazione logica, capitano -replico' il bajoriano- gliel'hanno detto gli alieni nella sala macchine?» Il capitano si giro' verso la postazione tattica; K'Berh sussulto' per qualche frazione di secondo, poi premette un tasto sulla consolle. «Allarme disattivato.» Il comandante a questo punto si chino' verso la consolle e comincio' a digitare alcuni codici sulla tastiera. Il capitano, senza rimettersi seduto, si avvicino' al bajoriano, scrutandolo dall'alto, come per controllare che impostasse bene i codici; noto' la figura massiccia del klingon avvicinarsi alla sua destra e si volto', con fare interrogatorio. «Capitano? Potrei sapere il motivo di una procedura di sicurezza cosi' particolare?» Harlock aggrotto' la sopracciglia; il tenente in visita continuo': «Si e' dimenticato le procedure di emergenza 6675 comma 23?» «Dove vuole arrivare, sergente?» rispose il capitano con aria stupita. Ora K'Berh era all'altezza della postazione del timoniere, mentre il capitano si trovava piu' verso sinistra, quasi dietro alla postazione del bajoriano; intanto, dietro di lui, Bato continuava ad armeggiare sulla consolle e, dopo avere inserito un qualche codice, si accese una scritta rossa lampeggiante; riprovo' battendo altri tasti, e si accense la medesima scritta. «Conosco benissimo al procedura di separazione del disco, sergente, vuole forse insegnarmi il mio mestiere?» con aria stizzosa il capitano si giro' verso il klingon. «Sergente, e' sicuro di aver disinserito l'allarme rosso? Forse il mutaforma ha in qualche modo bloccato il sistema...» il bajoriano si volto' verso K'Berh; il capitano si giro' di scatto verso di lui, poi verso il klingon, vide con la coda dell'occhio aprirsi il turboascensore alla sinistra mentre due membri della sicurezza ne uscivano con passo lento. Di colpo alzo' il braccio, divenuto argenteo ed affilato, e mentre si voltava verso sinistra scaglio' un colpo contro il comandante Bato che rotolo' giu' dalla postazione, dopodiche' il rivelatosi mutaforma scatto' fulmineo verso il turboascensore. K'Berh si volto' rapido verso di lui cercando di afferrarlo, ma il ‘capitano’ era piu' veloce e lo scarto' sulla destra, afferando un ufficiale della sicurezza e gettandolo dietro di se', verso K'Berh, facendoli rotolare entrambi per terra vedendo il suo corpo divenire argenteo, mentre cercava di mutare forma in una vagamente felinide, atta ad una piu' veloce fuga. Raggiunto il turboascensore disse qualcosa con una voce del tutto identica a quella del capitano, mentre assottigliava il corpo via via che le porte si facevano piu' sottili, per permettergli di entrarvici. K'Berh si alzo' da terra, impetuosamente, facendo rotolare ulteriormente il guardiamarina Parrel e quasi investendolo correndo verso il turboascensore; il sottotenente Tyrell, l'altro della sicurezza, si era appena voltato verso l'uscita che il klingon era gia' la', afferrando le porte, oramai chiuse da qualche secondo, tentando inutilmente di riaprirle. London si alzo' dalla sua postazione, andando verso Bato, che con un gemito si mise seduto per terra tenendosi il petto dove si stava formando una macchia rossastra «Non e' niente, solo un graffio... mi ha preso di striscio... forse non voleva uccidermi... e' la mia giornata fortunata, l'ho detto...» Il klingon non si era nemmeno accorto che Bato fosse ancora vivo, e si diresse verso la consolle tattica bestemmiando qualcosa nella sua lingua. «Non si preoccupi, tenente, sto bene... -disse Bato con tono sarcastico mentre si rialzava aiutato da London -davvero, non si preoccupi...» «Non e' il caso di fare del sarcasmo, signore -ponenedo molto accento su quest'ultima parola, come fosse molto tirata- la situazione e' critica...» «Non mi sembra cosi' critica, tenente, segua l'ascensore...» «E' quello che ho fatto, signore- calco' nuovamente la parola- ma risulta vuoto...» «Come sarebbe a dire, vuoto?- Bato allontano' London, sempre tenendo la mano sulla ferita, e si avvicino' alla lunga consolle posta dietro alla sedia del capitano, dove K'Berh stava armeggiando frenenticamente -Intende dire che i sensori non lo rilevano?» «E' quello che ho detto, signore, forse si è confuso con la struttura del turboascensore, ed i sensori non lo rilevano.» Il turboascensore di babordo si spalanco' e due ufficiali della sicurezza entrarono in plancia, coi fucili modificati spianati; K'Berh fece un gesto ed abbassarono le armi. Bato continuava ad armeggiare alla consolle del tattico con entrambe la mani, lasciando scoperta la ferita, poco piu' lunga di un dito e gia' non piu' sanguinante, come un vistoso graffio. «Il turboascensore si e' fermato al ponte quattro...» si soffermo' per un momento a guardare il klingon, ed entrambi, all'unisono ripresero «La sala teletrasporto!» «Stara' cercando in qualche modo di teletrasportarsi- esclamo' il klingon -ma non ho idea di dove possa andare...» «Guardiamarina Hallor- esclamo' Bato verso l'uomo che si trovava alla sua postazione di ufficiale operativo- individui eventuali tracce di teletrasporto...» «Difficle, signore...- interruppe il guardiamarina -la presenza degli alieni... degli altri alieni... ha riempito al nave di scariche elettroioniche, difficile distinguerle da un teletrasporto...» «Potrebbe approffitarne, sincronizzando la scarica del teletrasporto con gli impulsi elettroionici per non essere apparibile- esclamo' stupito Bato; poi si volto' verso il tattico -tenente, dobbiamo prenderlo prima che si teletrasporti, invii una squadra sul ponte teletrasporto uno...» «Non lo stiamo sopravvalutando, signore?- il klingon osservava un'espressione incredula sul viso di Bato -In fondo, puo' imitare la voce del capitano, ma non puo' oltrepassare i codici di sicurezza del teletrasporto...» Il viso di Bato apparve tra lo stupito, il rallegrato ed il preoccupato. «Comandante,- interruppe Hallor -un turboascensore si e' rimesso in viaggio dal ponte quattro; sta facendo un lungo giro, si e' fermato al ponte dieci, al ponte quindici... al ponte di comando... al ponte trentasei, la sala macchine, e sta tornando su in plancia... una persona a bordo...» "Non mi frega due volte con lo stesso trucco!" penso' K'Behr mentre si avvicinava alle porte del turboascensore, i due della sicurezza a fianco a lui. «Sergente, stia attento...» disse Hallor. «Un momento, sergente- interruppe Bato -si fermi, non faccia impudenze... e' il...» Le porte non fecero in tempo ad aprirsi che K'Berh infilo' dentro le sue possenti braccia, afferro' l'individuo e lo scaravento' a terra, facendolo sbattere con la spalla contro il pavimento e facendolo finire a gambe all'aria, mentre i due membri della sicurezza puntavano i loro fucili, K'Berh estraeva la pistola e gliela puntava in faccia, a pochi centimetri dalla cicatrice. «... capitano!» --- Come risvegliatasi repentinamente da un incubo, Lana apri' gli occhi e si sveglio'. Ondeggiando si mise a sedere sul lettino dove si trovava sdraiata, cercando di schiarire la nebbia che aveva davanti agli occhi, non sapendo che, in realta', la nebbia era nella sua mente. Tenendo una mano sulla fronte a lenire un forte mal di testa, si trovo' a mugugnare con voce assonnata: «Dove sono? Cosa e' successo?» «Ben risvegliata, Lana.» le rispose sorridendo Yota, avvicinatosi a lei assieme al sottotenente Baker. «Sei stata aggredita dal mutaforma, ma adesso stai bene...» Mentre il dottor Tofu parlava, Lana alzo' lo sguardo verso di lui, con la nebbia che cominciava a diradarsi. Nella sua divisa blu del reparto medico, Yota, le cui parole arrivavano alla mente della donna offuscate ed inintelligibili, non sembro' a Lana l'assistente medico della Lupescu, quanto piu' l'eroe delle fiabe che le raccontava la madre prima di andare a dormire. «Tu sei il mio principe azzurro...» disse interrompendolo e saltandogli addosso con un bacio, dapprima dolce, poi sempre piu' passionale, un bacio che Yota, dapprima sorpreso, accetto' e ricambio' finche' non fini', all'improvviso come era iniziato, assieme ad un sibilo e al corpo di Lana che si abbandonava nelle sue braccia. «Forse non e' ancora il momento di dimetterla, dottor Don Giovanni...» sorrise Baker facendo ruotare un ipospray in mano a mo' di pistola, mentre Yota si convinceva sempre di piu' che no, non gli stava affatto simpatico questo giovane sottotenente... --- «Che diamine succede?» esclamo' Harlock cercando di riprendersi dal volo fatto. «Hai fatto l'errore piu' stupido, mutaforma! Tornare qui dopo esserti fatto riconoscere!» replico' K'Berh avvicinando ulteriormente la pistola al volto dell'umano. «Cosa?- Harlock comprese a grandi linee quel che fosse successo e replico' al klingon sopra di lui. -Sono io, K'Berh! Se fossi il mutaforma, le sembra che sarei cosi' stupido da ritornare qui per farmi prendere?» «Sei un mutaforma stupido!» «Se e' riuscito a farsi passare per me ed ingannarvi tutti, deve essere invece molto intelligente, ed ora mi lasci andare!» Bato si intromise nella discussione: «K'Berh, si tratta del capitano, lo hanno riconosciuto i sensori!- disse, aggiungendo quasi bisbigliando -Gliel'avevo anche detto prima che il turboascensore si aprisse...» La situazione in plancia torno' ad una quasi normalita' mentre Bato raccontava ad Harlock gli avvenimenti dei precedenti minuti, col tentativo del mutaforma di far separare la sezione da battaglia da quella a disco, fallito miseramente grazie alla conoscenza del regolamento della flotta da parte di Bato e K'Berh: durante la situazione di allarme rosso, solamente l'ufficiale in comando avrebbe potuto eseguire l'operazione, ed in quel momento l'ufficiale in comando era il falso capitano. «Crediamo sia sceso nel ponte quattro, intenzionato a teletrasportarsi da qualche parte, ma dove?» «All'esterno della nave c'e' ancora il runabout con cui sono arrivato io!» si ricordo' K'Berh. «Questa storia e' durata anche troppo.» disse il capitano umano con voce tesa e lasciando trasparire un velo di rabbia: due suoi alti ufficiali erano stati feriti gravemente ed avevano rischiato la vita, altri due erano stati attaccati dal mutaforma e dai suoi carcerieri robot che avevano occupato la sala macchine perche' avevano bisogno della sua energia e l'equipaggio invece poteva farne evidentemente a meno, almeno tre altri ufficiali erano stati barbaramente assassinati. Harlock non voleva nemmeno domandarsi quale fosse il bilancio dei civili assaliti dal mutaforma, dentro di lui era ormai scattata una molla, esattamente nel momento in cui la fredda voce vulcaniana di Sasuk lo aveva informato tramite il comunicatore della morte di Lana. "Basta" aveva pensato, mentre dentro la sua mente irrompeva nuovamente il ricordo della U.S.S. Argo, la nave dove aveva perso il suo ‘mentore’, il severo capitano James Avatar, la nave dove aveva perso il suo primo amore Nova, la nave dove aveva perso tutti i suoi altri amici. "Basta" aveva pensato Harlock ogni volta che era entrato in un turbo ascensore, "Basta" ogni volta che aveva incrociato lo sguardo di un membro del suo equipaggio, "Basta" ogni volta che un nuovo ostacolo era andato a peggiorare la situazione, o un nuovo morto alla lista. "Basta" pensava mentre raccontava a Bato e K'Berh dell'accordo con i robot e ordinava loro cosa fare. "Basta". --- Niente da fare, l'avevano scoperto. Dannati! Loro e la loro burocrazia, le loro regole. Non aveva mai potuto sopportare i regolamenti. Avrebbero meritato tutti di morire. Tutti. E certamente se ne sarebbe occupato di persona se non fosse per quelle dannate macchine. I suoi carcerieri. Aveva abbandonato appena possibile l'ascensore e si era inoltrato all'interno di uno di quei piani apparentemente tutti uguali della gigantesca nave aliena. Doveva trovare un altro modo per fuggire. Ma come? Un momento! La nave e' dotata di dispositivi di traslazione della materia. Forse non potranno aiutarlo a fuggire, ma di sicuro lo tireranno fuori da questo posto senza dover ricorrere ancora a quegli ascensori e correre il rischio di incontrare i suoi carcerieri. E chissa'? Questa nave potrebbe nascondere qualche altra meraviglia da sfuttare. In fin dei conti non e' poi cosi' difficile utilizzare i terminali di questi esseri. La porta si apri con un sibilo annunciato da un trillo. Vi entro' come un minuscolo filamento di materia ondeggiante a livello del suolo. Intorno a se tutto era distorto e ingrandito. Le sue percezioni variavano a seconda della superficie che destinava ai proprio organi visivi ed in questo caso essa veramente poca. Ma preferiva non correre rischi. Vuota. La stanza era completamente vuota. Perfetto. Velocemente si tramuto' in uno di loro, una forma che ricordava da prima. Penso' che sarebbe stato piu' facile operare nel loro ambiente con le loro stesse sembianze. Ando' al pannello dei comandi. Stupidi alieni! Non avevano bloccato i dispositivi di traslazione. Poteva andare dove voleva e lui aveva in mente un piano ben preciso. Infallibile questa volta. Programmo' il teletrasporto, si mise in posizione sulla piattaforma ed esplose in una fragorosa risata stridula e inumana, mentre il raggio scomponeva ogni singola cellula del suo essere per trasferirila sulla navetta shuttle esterna all'Arcadia. Gli si sarebbe mozzato il fiato se avesse avuto una gola per la quale cio' potesse avvenire. Non era sulla navetta, ma in una larga stanza con due grandi aperture. Una era serrata da un pesante portellone, l'altra dava sull'infinita' dello spazio. Perche' era qui? Cos'era successo? I tubi! Quei corridoi che gli avevano dato il benveuto su questa nave. Si avvento' contro il primo di essi ma un bagliore giallo lo respinse e lo mando' in terra. Stordito e sulla propria schiena si accorse solo parzialmente della piccola luce globulare che fluttuava nella stanza. Non pote' fare a meno di notarla, pero', quando questa si tramuto' in un cilindro luminoso e da questo cilindro si delineo' la sagoma di un robot androide. Si alzo' di scatto e ne vide ancora, altre lucette fluttuanti. Urlo'. «Non ancora! Non ancora! Non posso ritornare la'! Non voglio ritornare la'!» Vittima del panico si scaglio' contro' l'apertura che dava sull'esterno, battendo rovinosamente contro il campo di forza. «No! Nooooooo!!!» Dietro di lui quattro robot gli si avvicinarono. Quello in posizione piu' avanazata disse: «Unita' HYK001 individuata. Iniziare procedura di detenzione.». Tutti e quattro alzarono un braccio in sua direzione. Passo' un breve istante e raggi gialli lo colpirono, avvolgendolo del tutto. Comincio' a perdere coesione, dentro e fuori. L'ultima cosa che vide, fu la roccia che una volta era il proprio mondo fluttuare nel vuoto siderale. --- "Diario di bordo del capitano, data stellare 57384.24. Capito che le intenzioni omicide del mutaforma assassino avevano cambiato priorita' rispetto all'istinto di sopravvivenza, abbiamo ipotizzato che l'unica via di fuga rimasta dalla nave fosse lo shuttle del sergente K'Berh. E' bastato far configurare tutti i teletrasporti dal comandante Bato affinche', pur mostrando letture assolutamente standard, puntassero verso l'hangar navette due, e comunicare la trappola alla truppa meccanica YTZ per interrompere finalmente il clima di terrore che aveva avvolto la nave." "Presumibilmente le intenzioni del mutaforma erano di impossessarsi dello shuttle e recarsi dopo sul suo pianeta natale, tentando di nascondersi agli occhi dei suoi carcerieri in un ambiente pieno di suoi consimili." "Stando al racconto fattomi dalla truppa meccanica YTZ, questo non sarebbe stato possibile. Un tempo il pianeta al centro della nebulosa era abitato da una razza di mutaforma, probabilmente avente un ceppo comune con i Fondatori che conosciamo ma comunque differenti da loro, e questa razza visse in completa pace ed armonia fino al giorno in cui uno di loro uccise un suo simile per un motivo che non fu mai scoperto. L'assassino venne imprigionato in uno speciale contenitore messo in orbita attorno al pianeta in modo che non potesse nuocere e venne creata la truppa meccanica in modo da sorvegliare l'eterno riposo del mutaforma ribelle." "Di fronte a quel gesto inspiegato, tuttavia, l'intera razza dei mutaforma comincio' ad interrogarsi su loro stessi, cercando di capire le ragioni che avevano spinto il loro consanguineo ad uccidere un suo simile. Travolti dallo shock emotivo e non riuscendo a trovare una risposta, temendo un futuro proliferare di sensazioni negative o comportamenti simili, si lasciarono morire e si estinsero." Harlock interruppe la stesura del diario di bordo per qualche istante, riordinando le idee e ripensando a quanto verbalizzato fin'ora. Una intera razza aveva deciso di lasciarsi morire per evitare che qualcuno di loro potesse, o seguendo l'esempio del ribelle, o per i suoi stessi ed inspiegati motivi, divenire un pericolo per la comunita'. "Comunita' che a quel punto smise di esistere" penso'. "Stando al racconto dei robot, tutto questo accadde migliaia di anni fa e HYK001, come lo chiamavano loro, ovvero il primo, poi unico, detenuto nella loro storia, rimase in una specie di ‘vaso di pandora’ per tutto quel tempo, impossibilitato a fare altro che dormire. "La ricostruzione che abbiamo fatto ci porta a credere che la U.S.S. Arcadia, durante le sue operazioni di mappatura ed analisi della nebulosa, abbia urtato con il suo deflettore di navigazione la capsula contenente il mutaforma, svegliatosi ormai da un tempo sufficiente per permettergli di pensare all'atto commesso, alla sua condizione attuale ed... impazzire. Tentando di evadere dalla capsula prigione le cui energie si andavano ormai esaurendo, il mutaforma e' riuscito a sfruttare l'urto con gli scudi per creare un ponte energetico con la nave e trasportarsi a bordo della stessa. La fuga ha risvegliato la squadra YTZ, rimasta sul pianeta ormai deserto, che si e' diretta verso la nave e trasportata in sala macchine per ricaricare le loro riserve energetiche, ormai anch'esse quasi esaurite, sfruttando una somiglianza tra la reazione materia-antimateria del nostro reattore e la loro originaria fonte di energia dipendente dalla nebulosa." "Finalmente libero, il mutaforma ha dato sfogo alla sua pazzia uccidendo diversi membri dell'equipaggio, civili e militari, e ferendo gravemente il consigliere Roden e il tenente Kusanagi fino al momento in cui sembra avere riacquistato un barlume di lucidita' e abbia cercato un modo per fuggire dai suoi carcerieri. Quale sia stato l'evento che abbia fatto scattare il suo istinto di sopravvivenza non siamo riusciti a scoprirlo, ma ipotizziamo che l'accordo stipulato con i robot per la sua cattura o lo sviluppo di una tecnologia in grado di bloccare la sua mutazione possa in qualche modo averlo fatto sentire braccato e non piu' cacciatore." "Una volta chiuso in un nuovo vaso di pandora, abbiamo cercato di convincere la squadra YTZ a porre il contenitore non piu' in orbita attorno al pianeta, ma di porlo direttamente sul pianeta stesso, in prossimita' del loro luogo di stasi." "Ad ogni modo, abbiamo rilasciato una sonda di avvertimento per ogni nave che si avvicini alla nebulosa e al pianeta in esso contenuto, in modo che sia allertata del pericolo e cambi rotta, non rischiando di incappare nuovamente nel mutaforma assassino." "Ultimate le nostre analisi sulla nebulosa, siamo nuovamente in viaggio." Il capitano completo' il suo diario di bordo e rimase qualche momento in silenzio e pensieroso, scorrendo mentalmente gli avvenimenti delle ultime ore. Perso nei suoi pensieri, il computer gli segnalo' la presenza di qualcuno al di la' della porta. «Prego.» McRey entro' nel piccolo studio adiacente la plancia. «Anche il secondo ciclo diagnostico ha riportato gli stessi risultati del primo, signore. La sala macchine e' completamente a posto, funzionale ed operativa. Il reattore materia-antimateria fa le fusa quando gli passiamo vicini, e non credo sia un postumo dei robottoni, quanto un ringraziamento delle nostre amorevoli cure. Per essere brevi: l'Arcadia e' come nuova!» «Mi fa piacere, comandante. Meglio esserne sicuri e voltare finalmente pagina.» La risposta di Harlock era evidentemente sincera, ma non vi era traccia di felicita' o semplice emozione nelle sue parole. «Assolutamente signore e proprio a tal proposito...» «Si'?» «Ci sarebbe quella partitina... si ricorda? Lei ha optato per i pirati, ora e' il mio turno...» «Capisco- rispose Harlock piuttosto freddo e quasi inespressivo, come se la sua mente fosse altrove -ma temo dovro' rimandare ad un'altra volta.» «Mi lascia da solo?» «Si'.» Dopo qualche momento di silenzio, McRey riprese: «Beh, io sono nel ponte ologrammi uno... qualora cambiasse idea mi trova li'» concluse l'irlandese con la speranza di venire raggiunto, ma allo stesso tempo la sicurezza che sarebbe rimasto da solo. «Va bene, puo' andare.» Mentre l'ingegnere capo usciva dalla saletta e si dirigeva nuovamente in ingegneria, passatagli la voglia di andare nel ponte ologrammi, Harlock si alzo' in piedi e si diresse verso la finestra che dava sullo spazio in moto. Si era rilassato, aveva cercato di avvicinarsi all'equipaggio e di mettere da parte i ricordi della sua vecchia nave, e... non sapeva come commentare il tutto. Lana, il consigliere Roden, con la quale si stava aprendo in modo particolare, era stata uccisa dal mutaforma e riportata in vita dalle cure del suo staff medico. Motoko, la bella ed impulsiva trill, il klingon nato sul pianeta sbagliato, era rimasta in fin di vita ed il simbionte aveva rischiato di non farcela. Quanti ufficiali invece non erano stati cosi' fortunati? Ed i civili? Indifesi di fronte alla follia omicida del mutaforma. Avrebbe dovuto proteggerli, avrebbe dovuto evitare questa spiacevole avventura, questo battesimo del fuoco. Harlock si ricordo' dei mesi disperso in territorio ostile a bordo dell'Argo, al suo primo comando, alla responsabilita' che aveva nei confronti di tutte le vite a bordo della sua nave, ora l'Arcadia, e continuo' a guardare il cielo stellato scorrere a velocita' curvatura perso nei suoi tristi pensieri. -§ Le immagini di stelle che scappano via ed il riflesso del capitano lasciano il posto ad un cielo completamente nero... § Crocevia degli Universi § U.S.S. Arcadia - VitaMorte II § Scritto da: Luca "Harlock" Santarelli, Diego "Bato" Leonardi, Giovanni "Tofu" Caprilli, Barbara "Lana" Farinelli, Matteo "McRey" Marino, Marta "Anna" Lionello Fabio "Motoko" Cavallin, "mobilis in mobile" - Placca della U.S.S. Arcadia NCC-0999